IMMAGINI nei giornali e sul web: una faccia (anche finta) per ogni circostanza.
Non si tratta solo di scegliere, però, ma addirittura di “decidere”, dopo che è accaduto l’evento che lo riguarda, l’espressione “giusta” che “dovrebbe avere”, anzi “deve avere”, secondo gli stereotipi di “basic psicology for children” in possesso della Redazione, un personaggio della cronaca ritratto nella foto se gli accade qualcosa. Corrucciato o anche indispettito per l’accusa lanciata da un avversario; sdegnato o perfino irato per il tradimento della moglie annunciato in tv; amareggiato o financo avvilito per la denuncia d’un figlio per droga; tetro oppure solo depresso dopo una condanna penale o civile? Per di più, si sa, le cattive notizie essendo giornalisticamente molto “migliori” delle buone (il che vuol dire che anche i giornalisti mediocri riescono a cavarci un pezzo), si privilegiano le vicende negative. Che, appunto, secondo l’immaginario collettivo redazionale tutto, assicurano le facce più espressive, che rendono di più.
Peccato, però, che la foto sia stata scelta – e pure con molto cinismo – tra mille che giacciono in archivio, accumulate preventivamente per ogni bisogno.
Così devono “simulare”, cioè accontentarsi di foto di repertorio scattate casualmente dai bravissimi e pazienti fotografi delle Agenzie. Ecco come, con una apposita didascalia generica e solo allusiva, un industriale che si massaggia la fronte per il solito malditesta va benissimo se qualche mese o anno dopo la sua azienda fallisce. Un ministro un po’ stanco che sta solo compiendo il sano e salutare rito del “face massing”, il massaggio facciale che tutti noi dovremmo fare più volte al giorno, viene dipinto, anche sull’implacabile internet, come “disperato” (ormai anche certi blogger imitano tutti i viziacci dei giornalisti, ma senza i pochi pregi e senza saper scrivere). Così un amministratore del sud che con tutta tranquillità si era stropicciato gli occhi per sonno, stress e noia in un tranquillo Consiglio comunale, oggi che è scattata l’accusa di mafia si ritrova su tutti i giornali e telegiornali in quella evidente, lampante – diciamolo – ammissione fotografica di shock e colpevolezza.
Comunque, ogni volta che vedo queste “foto d’archivio e di circostanza”, attento come sono alla psicologia della comunicazione, mi arrabbio. Perché mostrano il prepotere che hanno nei giornali da oltre 30 anni grafici, art-director e fotografi, che condizionano ormai anche i contenuti e le misure. E anche il cinismo di chi gli ha dato pieni poteri per agganciare gli ultimi lettori marginali. E, guarda caso, è da 30 anni, cioè da quando sono “più belli” a vedersi” (da lontano) ma più insulti o più insopportabili a leggersi (da vicino), che i giornali italiani hanno imboccato una china sempre più ripida. E da critico n.1 del giornalismo italiano, non posso che notarlo.
La parola alla difesa? Bene, parla un testimone eccelso, a discarico: Ma guarda che una foto impressionistica, come la chiami tu, suggerisce, aiuta emotivamente, è meta-semantica, anzi è più semantica dell’articolo stesso (il grande Pannunzio, mio preferito, al cui nome mi inchino).
Già, caro Pannunzio, ma le “tue” geniali foto erano fuori testo, quindi veri e propri articoli, anzi erano spesso in voluta contrapposizione al pezzo in cui erano quasi casualmente annegate. Insomma, non imbrogliavano il lettore, ma davano flash, spunti, commenti paralleli o ironici.
Oggi invece si truffa, si imbroglia, perché il lettore-massa di oggi (e quello del Mondo era sicuramente di ultra-élite) tende a coincidere con quello Tv per semplicità, ingenuità, ignoranza e scarso spirito critico. Quindi crede che davvero quel politico appaia così affranto o gioioso per motivi attinenti all’articolo, all’evento. Non sa che i personaggi pubblici e soprattutto i vecchi politici, ammesso che siano così sensibili, stanno bene attenti a non mostrarsi deboli e affranti davanti a tutti. Del resto, se fossero delicati come mammolette e non avessero grinta e durezza di carattere, come avrebbero potuto sopravvivere e prevalere nella dura lotta politica o mediatica?
Ad ogni modo, che vi devo dire, questa "tecnica impressionistica" dei ritratti mi dà fastidio due volte: perché è antiestetica e volgare di per sé, e perché presuppone che i giornalisti dirigenti abbiano cinicamente programmato il giornale sull’intelligenza media (in realtà bassa) del famigerato lettore di strada, ingenuo, emotivo, credulone, poco esperto di tecnica della comunicazione. Insomma, se non vedi tutto come l’impiegato Rossi al bar, è umiliante oggi vedere i telegiornali o sfogliare un quotidiano.
IMMAGINE: 1. Berlusconi ripreso col malditesta (Corriere della Sera/La Presse). 2. Il ministro Alfano mentre si massaggia il viso per relaxin: su internet verrà definito “disperato”! 3. Ecco come l’art director o il grafico di Redazione vorrebbe che un personaggio sotto accusa rispondesse degnamente per dare una mano alle vendite del giornale all’evento che lo ha colpito (Courbet, Uomo disperato, autoritratto). 4. Il politico trenino Grisenti così era effigiato quando era in auge. 5. E così invece è stato presentato dall’Adige dopo una condanna.
JAZZ. Un album di Clifford Brown in Jam Session (1954) che probabilmente pochi avranno in discoteca. I brani: 1. What Is This Thing Called Love (Cole Porter), 2. Darn That Dream (DeLange - Van Husen), 3. Move (Denzil Decosta Best), 4. Medley : My Funny Valentine (Rodgers - Hart), Don’t Worry ‘Bout Me (Rube Bloom-Ted Koshier), Bess, You Is My Woman Now (Gershwin-Heyward), It Might As Well Be Spring (Hammerstein-Rodgers). I musicisti sono: Clifford Brown trumpet, Maynard Ferguson trumpet, Clark Terry trumpet, Harold Land tenor saxophone, Herb Geller alto saxophone, Richie Powell piano, Junior Mance piano, Keter Betts bass, George Morrow bass, Max Roach drums, Dinah Washington vocal. Hollywood, California. October 14 of 1954.
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