14 ottobre 2010

NUDITÀ finta e nudità vera: “Guida al Nudo” vista da una giornalista di moda.

 

C’ERA UNA VOLTA IL NUDO

 L'altro ieri era ancora uno scandalo, oggi è ridotto ad una semplice questione di galateo 

NATALIA ASPESI, La Repubblica, 1 luglio 1980

L'estate è balorda e adatta a indossare caldi maglion­cini, ma non importa: risuona la tradizionale parola dei mesi un tempo caldi: NUDO! Il nudo buono dei nudisti, i nemici di quella che viene chiamata, con disprezzo, «la società tessile», e quello cattivo dei parroci delle località infestate dai nudisti; il nudo possibile dei ma­gistrati permissivi e il nudo impos­sibile dei magistrati repressivi; il nudo utile delle copertine dei gior­nali di informazione politica, che col seno vendono anche terrorismo e Afghanistan, e il nudo dannoso dei settimanali di crudele pettego­lezzo che mostrano seni di celebrità ridotti a cesti, pezzuole, borsellini, cinture, tasche, foruncoli. E con il rimprovero redazionale, «Laura nasconditi!», oppure «Povera Claudia, come sono caduti in bas­so!» o anche «Dalida cede» e «Paola senza sostegno». O infine «Se Franco la vedesse così!».

Scompare, per usura, la discus­sione morale e giuridica sul nudo e si diffonde quella estetica e di ga­lateo. Scalpitano sociologi, analisti e sacerdoti, a cui non viene più chiesto di esibire la loro sapienza sulle natiche esposte; si reinterro­gano gli esperti di buone maniere, che si credevano ormai defunti per incompatibilità coi tempi e che in­vece rifioriscono: e in testa a loro c' è la bella signora Charlotte Ford, figlia di Henry Ford II dell'auto­mobile, allevata in conventi catto­lici e ex compagna, di molto più giovane, del pluri-vedovo Stavros Niarchos da cui ha avuto una fi­glia. Una insomma che di buone maniere se ne intende, e che ha ap­pena pubblicato un suo prezioso galateo in cui il nudo è cosa tal­mente insensata che non viene nominato neppure per dire che non è degno di una vera dama, tanto­meno di un vero gentiluomo. E sì che l'autrice non tralascia niente per suggerire alta classe quando si è ricevuti alla Casa Bianca o quan­do ci si ritrova incinta e senza marito, quando si perseguita un uomo o quando si cerca di danneggiare il più possibile con pettegolezzi l'ex marito. Il libro insegna come deve essere una buona parrucca per  uomo e quali gioielli si portano d' estate, come ci si veste su una bar­ca a vela e come invece attorno alla propria piscina: ma per come ci si sveste, non c'è alcun segnale. Chiaramente, il nudo quest'anno non è elegante.

Dai Caraibi, per esempio, arri­vano notizie allarmanti: le signore italiane che l'anno scorso, in spiag­ge totalmente deserte per chilome­tri, non una sola capanna in vista, non una barca all'orizzonte, si sono tolte il pezzo superiore del bikini, quest'anno non hanno più trovato posto in albergo: spiacenti, tutto esaurito. Sono posti, quelli, invasi dagli americani, che ritengono mol­to maleducato il nudo pubblico. Ma anche in Sardegna non si scherza: se una proprio vuole pren­dere il solo nuda, meglio trovi un anfratto a occhio di carabiniere piuttosto che farsi vedere dal pro­prio marinaio: il quale se sulla bar­ca qualcuno si sveste, immedia­tamente si licenzia, per suo decoro e perché sa che da qualche parte c'è la sua fidanzata con teleobiettivo, che poi la sera arriva sul molo e lì lo mena davanti a tutti.

Se spogliarsi del tutto o in parte è per l'estate '80 segno di cattiva educazione, anche il bikini è giu­dicato con poca simpatia, addirit­tura démodé, proprio adesso che i grandi magazzini ne vendono di perfetti a prezzi bassi. La vera si­gnora ha acquistato solo costumi interi, che sono quest'anno di grande bellezza: tanto, sotto, bianca non resterà, essendosi da mesi to­talmente abbronzata, dal suo par­rucchiere, con una specie di bara o di lettino del dottor Frankenstein, naturalmente tedesco, che si chiama «sunpit rheem».

Se il nudo ne ha fatte dire di o­gni colore, anche l'impudico co­stume intero non scherza: al set­timanale Annabella la coordina­trice commerciale di una fabbrica di costumi ha detto: «Il costume in­tero è una barriera, impone che la donna, per essere conosciuta e compresa, abbia bisogno di un ap­profondimento maggiore che un semplice sguardo».

Per fortuna! Per Gianni Versa­ce, stilista di moda di quelli adorati soprattutto da tedeschi e ameri­cani, «tornare a coprirsi denota una maggiore intelligenza». Op­pure è il contrario. Così se lo stesso settimanale femminile ha in coper­tina una ragazza un po' ondulata a torso nudo (e certamente è un caso se lo strillo accanto dice: «Un altro regalo per tu tavola d'estate, la pera di sughero»), è sulla copertina dell'Espresso che una signorina a seno nido serve a illustrare Le tradizionali Vacanze .Intelligenti.

In attesa che inizino tavole ro­tonde sull'intelligenza del nudo o del coperto, si può dire che però il nudo non è più né politico né culturale. Solo a Zurigo, infatti, si può ancora sfilare nudi, come è successo pochi giorni fa, per pro­testare contro le autorità locali che ancora non hanno concesso un so­spirato centro giovanile alternati­vo: tra l'indifferenza dei passanti e la protezione della polizia. Ma i tempi del Parco Lambro, 1976, sono lontani: i suoi organizzatori oggi sono vestitissimi, con mistiche tonache arancione; e se mai capi­tasse ora di vedere un gruppo di giovani gioiosamente spogli, essi sembrerebbero più la pubblicità di una bevanda gasata che un mo­mento di ribellione, una bandiera di libertà sessuale e sociale.

Quanto alla cultura, il nudo oggi è anatema e scadimento: nei teatri d'avanguardia si recita severamente coperti, anche perché si spo­gliano nelle arene le ragazze che fanno da coro ai cantanti maschi, che invece sono al massimo a torso nudo sotto le bretelle. Nel cinema poi, guai: se si esclude la Immaco­lata del celebrato Immacolata e Concetta del giovane Piscitelli, a cosce divaricate e petto nudo tra le braccia della contadina Concetta (curiosamente vestita con la severa eleganza verde-bosco delle grandi signore), le donne più passionali, le prostitute più professionali, sono sempre vestite o mostrano, al mas­simo, solide mutande di cotone bianco. II nudo è passato dal raf­finato cinema alla più popolare te­levisione anche di Stato, perdendo di colpo ogni interesse, arditezza e peccaminosità. Così si esprime il sempre attento Eva Express: «Dopo i primi timidi tentativi, ora la Tv nazionale ha sciolto i suoi sacrali tabù e ha dato il via a un ricco carnet di sceneggiati dal chiaro sapore sexy-exhibition. Ar­riverà la luce rossa anche sul tele­schermo? ».

Sono passati i tempi in cui la povera Rosalina Neri veniva cac­ciata dalla televisione perché il suo seno, del resto completamente oc­cultato sino alla gola, era troppo ampio! Adesso si vedono nudi (a letto!) di attori che si chiamano Giovanni Vettorazzo e Franca Stoppi nello sceneggiato Dei miei bollenti spiriti diretto da Sandro Bolchi, o Eleonora Vallone in Mamma li turchi per la ReteTre, o Antonella Munari e Elga Andersen nell'Eredità della priora. E c'è il brivido, finalmente, di un totale nudo maschile televisivo: a 52 an­ni, dicono bello, Sergio Fantoni scenderà di scatto da un letto nello sceneggiato storico Delitto di Sta­to, tratto da un racconto di Maria Bellonci. Predica l'attore: «Inserito nel contesto di una storia nobile, nel modo giusto, questo nudo non è né sporco né offensivo».

Il problema è tutto qui: se non offende più, se non emoziona più, a che serve spogliarsi? Le noiose prediche degli ultimi anni, per con­vincere che la nudità è pulita, na­turale, severa, asessuata, addirit­tura santa, si sono dimostrate vere. E in un periodo come questo, di totale insicurezza femminile, per­ché rischiare, al solo scopo di ab­bronzarsi il sedere, di perdere l'a­bominevole, consumista, maschi­lista, offensivo, ma tuttora utile, potere di seduzione? Perché assi­stere, con estremo imbarazzo, alla propria cancellazione, sotto lo sguardo amichevole e intellettual­mente interessato di chi sta tal­mente a suo agio in mezzo ai nudi che ha assimilato il seno come og­getto domestico inanimato e inser­vibile?

Tra la violenza di un uomo as­satanato e la violenza di un uomo inassatanabile, bisogna trovare una via di mezzo. Che potrebbe es­sere, per esempio, lasciare il nudo a nudisti e naturisti adoratori della corporeità familiare e delle gite in calzettone, scarpone e il resto on­deggiante su per scogli e rocce, per i quali è stata appena pubblicata una interessantissima Guida al nudo di Nico Valerio che e ii primo manuale completo sul «corpo libero, il nudo e la nudità» e dà anche 1' elenco di tutti i campi nudisti in I­talia e in Europa. Chi è più pec­caminoso, meno moralista e lega­litario, invece, ha imparato a rive­stirsi in pubblico e a spogliarsi solo per necessità di seduzione: l'hanno capito persino le riviste erotiche, che in copertina mettono ormai una signorina, non più nuda ma semisvestita.

C'è, a mettere il nudo estivo fuori moda, anche la sazietà deri­vata dall'imperversare di sederi e seni (detti purtroppo, da molti giornalisti, tette) su ogni tipo di stampa. La battaglia ingaggiata qualche anno fa dalle femministe si è spenta nella noia di non essere state ascoltate. La scusa è tuttora: quando sul nostro settimanale col­to, politico e aggiornato mettiamo uno o due sederi, vendiamo di più. Allora non si capisce perché anche all'interno non si mettono solo se­deri, così chissà quali tirature o­ceaniche si raggiungerebbero. E contemporaneamente stupisce che il giudizio sul proprio lettore sia così sicuro: magari quel bel sedere rosa serviva a illustrare una pon­derosa inchiesta annunciata in copertina sulla dura vita dell'inse­gnante: perché non pensare che il giornale è stato più comprato non da appassionati di sederi rosa (or­mai inflazionati anche sui déplian­ts per vendere aspirapolvere), ma da insegnanti interessati all'arti­colo?

NATALIA ASPESI