NUDITÀ finta e nudità vera: “Guida al Nudo” vista da una giornalista di moda.
C’ERA UNA VOLTA IL NUDO
Scompare, per usura, la discussione
morale e giuridica sul nudo e si diffonde quella estetica e di galateo.
Scalpitano sociologi, analisti e sacerdoti, a cui non viene più chiesto di
esibire la loro sapienza sulle natiche esposte; si reinterrogano gli esperti
di buone maniere, che si credevano ormai defunti per incompatibilità coi tempi
e che invece rifioriscono: e in testa a loro c' è la bella signora Charlotte
Ford, figlia di Henry Ford II dell'automobile, allevata in conventi cattolici
e ex compagna, di molto più giovane, del pluri-vedovo Stavros Niarchos da cui
ha avuto una figlia. Una insomma che di buone maniere se ne intende, e che ha
appena pubblicato un suo prezioso galateo in cui il nudo è cosa talmente
insensata che non viene nominato neppure per dire che non è degno di una vera
dama, tantomeno di un vero gentiluomo. E sì che l'autrice non tralascia niente
per suggerire alta classe quando si è ricevuti alla Casa Bianca o quando ci si
ritrova incinta e senza marito, quando si perseguita un uomo o quando si cerca
di danneggiare il più possibile con pettegolezzi l'ex marito. Il libro insegna
come deve essere una buona parrucca per
uomo e quali gioielli si portano d' estate, come ci si veste su una barca
a vela e come invece attorno alla propria piscina: ma per come ci si sveste,
non c'è alcun segnale. Chiaramente, il nudo quest'anno non è elegante.
Dai Caraibi, per esempio, arrivano
notizie allarmanti: le signore italiane che l'anno scorso, in spiagge
totalmente deserte per chilometri, non una sola capanna in vista, non una
barca all'orizzonte, si sono tolte il pezzo superiore del bikini, quest'anno
non hanno più trovato posto in albergo: spiacenti, tutto esaurito. Sono posti,
quelli, invasi dagli americani, che ritengono molto maleducato il nudo
pubblico. Ma anche in Sardegna non si scherza: se una proprio vuole prendere
il solo nuda, meglio trovi un anfratto a occhio di carabiniere piuttosto che
farsi vedere dal proprio marinaio: il quale se sulla barca qualcuno si
sveste, immediatamente si licenzia, per suo decoro e perché sa che da qualche
parte c'è la sua fidanzata con teleobiettivo, che poi la sera arriva sul molo e
lì lo mena davanti a tutti.
Se spogliarsi del tutto o in parte è per
l'estate '80 segno di cattiva educazione, anche il bikini è giudicato con poca
simpatia, addirittura démodé, proprio adesso che i grandi magazzini ne vendono
di perfetti a prezzi bassi. La vera signora ha acquistato solo costumi interi,
che sono quest'anno di grande bellezza: tanto, sotto, bianca non resterà,
essendosi da mesi totalmente abbronzata, dal suo parrucchiere, con una specie
di bara o di lettino del dottor Frankenstein, naturalmente tedesco, che si
chiama «sunpit rheem».
Se il nudo ne ha fatte dire di ogni colore,
anche l'impudico costume intero non scherza: al settimanale Annabella la coordinatrice commerciale
di una fabbrica di costumi ha detto: «Il costume intero è una barriera, impone
che la donna, per essere conosciuta e compresa, abbia bisogno di un approfondimento
maggiore che un semplice sguardo».
Per fortuna! Per Gianni Versace, stilista
di moda di quelli adorati soprattutto da tedeschi e americani, «tornare a
coprirsi denota una maggiore intelligenza». Oppure è il contrario. Così se lo
stesso settimanale femminile ha in copertina una ragazza un po' ondulata a
torso nudo (e certamente è un caso se lo strillo accanto dice: «Un altro regalo
per tu tavola d'estate, la pera di sughero»), è sulla copertina dell'Espresso
che una signorina a seno nido serve a illustrare Le tradizionali Vacanze
.Intelligenti.
In attesa che inizino tavole rotonde
sull'intelligenza del nudo o del coperto, si può dire che però il nudo non è
più né politico né culturale. Solo a Zurigo, infatti, si può ancora sfilare
nudi, come è successo pochi giorni fa, per protestare contro le autorità
locali che ancora non hanno concesso un sospirato centro giovanile alternativo:
tra l'indifferenza dei passanti e la protezione della polizia. Ma i tempi del
Parco Lambro, 1976, sono lontani: i suoi organizzatori oggi sono vestitissimi,
con mistiche tonache arancione; e se mai capitasse ora di vedere un gruppo di
giovani gioiosamente spogli, essi sembrerebbero più la pubblicità di una
bevanda gasata che un momento di ribellione, una bandiera di libertà sessuale
e sociale.
Quanto alla cultura, il nudo oggi è
anatema e scadimento: nei teatri d'avanguardia si recita severamente coperti,
anche perché si spogliano nelle arene le ragazze che fanno da coro ai cantanti
maschi, che invece sono al massimo a torso nudo sotto le bretelle. Nel cinema
poi, guai: se si esclude la Immacolata del celebrato Immacolata e Concetta del giovane Piscitelli, a cosce divaricate e
petto nudo tra le braccia della contadina Concetta (curiosamente vestita con la
severa eleganza verde-bosco delle grandi signore), le donne più passionali, le
prostitute più professionali, sono sempre vestite o mostrano, al massimo,
solide mutande di cotone bianco. II nudo è passato dal raffinato cinema alla
più popolare televisione anche di Stato, perdendo di colpo ogni interesse,
arditezza e peccaminosità. Così si esprime il sempre attento Eva Express: «Dopo i primi timidi
tentativi, ora la Tv nazionale ha sciolto i suoi sacrali tabù e ha dato il via
a un ricco carnet di sceneggiati dal chiaro sapore sexy-exhibition. Arriverà
la luce rossa anche sul teleschermo? ».
Sono passati i tempi in cui la povera
Rosalina Neri veniva cacciata dalla televisione perché il suo seno, del resto
completamente occultato sino alla gola, era troppo ampio! Adesso si vedono
nudi (a letto!) di attori che si chiamano Giovanni Vettorazzo e Franca Stoppi
nello sceneggiato Dei miei bollenti
spiriti diretto da Sandro Bolchi, o Eleonora Vallone in Mamma li turchi per la ReteTre, o
Antonella Munari e Elga Andersen nell'Eredità
della priora. E c'è il brivido, finalmente, di un totale nudo maschile
televisivo: a 52 anni, dicono bello, Sergio Fantoni scenderà di scatto da un
letto nello sceneggiato storico Delitto
di Stato, tratto da un racconto di Maria Bellonci. Predica l'attore:
«Inserito nel contesto di una storia nobile, nel modo giusto, questo nudo non è
né sporco né offensivo».
Il problema è tutto qui: se non offende
più, se non emoziona più, a che serve spogliarsi? Le noiose prediche degli
ultimi anni, per convincere che la nudità è pulita, naturale, severa,
asessuata, addirittura santa, si sono dimostrate vere. E in un periodo come
questo, di totale insicurezza femminile, perché rischiare, al solo scopo di abbronzarsi
il sedere, di perdere l'abominevole, consumista, maschilista, offensivo, ma
tuttora utile, potere di seduzione? Perché assistere, con estremo imbarazzo,
alla propria cancellazione, sotto lo sguardo amichevole e intellettualmente
interessato di chi sta talmente a suo agio in mezzo ai nudi che ha assimilato
il seno come oggetto domestico inanimato e inservibile?
Tra la violenza di un uomo assatanato e
la violenza di un uomo inassatanabile, bisogna trovare una via di mezzo. Che
potrebbe essere, per esempio, lasciare il nudo a nudisti e naturisti adoratori
della corporeità familiare e delle gite in calzettone, scarpone e il resto ondeggiante
su per scogli e rocce, per i quali è stata appena pubblicata una
interessantissima Guida al nudo di Nico Valerio che e ii primo manuale
completo sul «corpo libero, il nudo e la nudità» e dà anche 1' elenco di tutti
i campi nudisti in Italia e in Europa. Chi è più peccaminoso, meno moralista
e legalitario, invece, ha imparato a rivestirsi in pubblico e a spogliarsi
solo per necessità di seduzione: l'hanno capito persino le riviste erotiche,
che in copertina mettono ormai una signorina, non più nuda ma semisvestita.
C'è, a mettere il nudo estivo fuori moda,
anche la sazietà derivata dall'imperversare di sederi e seni (detti purtroppo,
da molti giornalisti, tette) su ogni tipo di stampa. La battaglia ingaggiata
qualche anno fa dalle femministe si è spenta nella noia di non essere state
ascoltate. La scusa è tuttora: quando sul nostro settimanale colto, politico e
aggiornato mettiamo uno o due sederi, vendiamo di più. Allora non si capisce
perché anche all'interno non si mettono solo sederi, così chissà quali
tirature oceaniche si raggiungerebbero. E contemporaneamente stupisce che il
giudizio sul proprio lettore sia così sicuro: magari quel bel sedere rosa
serviva a illustrare una ponderosa inchiesta annunciata in copertina sulla
dura vita dell'insegnante: perché non pensare che il giornale è stato più
comprato non da appassionati di sederi rosa (ormai inflazionati anche sui
dépliants per vendere aspirapolvere), ma da insegnanti interessati all'articolo?
NATALIA ASPESI
1 Comments:
Hai fatto bene a pubblicarlo, per far vedere quanto certe giornaliste di moda e alla moda erano o sono futili, superficiali e soprattutto snob. Anzi, mi meraviglio che una tipa così ti abbia recensito. Hai fatto pressione?
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