29 settembre 2004

MA CHE BEL RAPIMENTO. Che classe se tocca, guarda caso, alle compagne.

Che fine hanno fatto le giovani Simona Parri e Simona Torretta, le "due Simone" cooperanti, non si sa se per neutrale umanità o simpatia per la loro causa, eppure rapite da quei fanatici estremisti islamici che si promettevano ingenuamente di ricondurre alla ragione? 
      Le nostre amiche, le nostre compagne, sono state sequestrate a Baghdad, insieme a due dei loro compagni iracheni. Ci siamo sentiti smarriti: pensavamo che azioni e parole di pace fossero una salvaguardia: non lo sono» Così si tradisce, evviva la faccia, la newsletter “Carta” n.33 sul rapimento delle operatrici ultra-pacifiste, eroiche, volontarie, politicamente corrette e di sinistra, Simona Pari e Simona Torretta, note come “le due Simone”, che lavoravano in Iraq per conto della “Ong” (organizzazione non governativa) “Un ponte per” (sì, ma perché non completare la frase?).
      Vuoi mettere? Altro che quei buttafuori, mercenari, qualunquisti o fascistoni che erano morti in precedenza! Uno di loro (errore madornale) aveva anche profferito in tono spavaldo: «Ora vi faccio vedere come muore un italiano». Peggio per lui: se l’era voluta. Non un corteo si mosse per quell’occasione, anzi critiche, sottili distinguo e pelose prese di distanza vennero da tutte la parti, compresi certi cattolici “bene” e con la erre moscia della Comunità di S. Eccidio.
      No, qui si respira per fortuna tutta un’altra aria. Sembra di stare a una “prima” o a un “vernissage”. Ma sì, insomma, c’è più classe. Non in senso sociologico, per carità. Quella non c’è mai stata davvero a sinistra. Lorsignori sono ormai inguaribilmente snob: trovano “volgare” tutto e tutti. Una mia amica importatrice di legnami esotici dalle foreste del Mato Grosso, trovava terribilmente “kitsch” Berlusconi, perché più ricco di lei, o forse perché fece i primi miliardi nell’edilizia, dove le impalcature sono in rozzo legno di abete, anziché di elegante palissandro o mogano tropicale.
      No, riconosciamolo, c’è più eleganza quando per sbaglio viene rapito un “progressista”, uno che si sa già che “è un compagno” e che infatti comprende le “ragioni” dei rapitori. E la famiglia, avrete notato, non piange e urla davanti alla tv come fanno invece le paesane e teatrali famiglie di destra, che sembrano appena uscite da un “basso” napoletano. Un po’ come succede ai bambini: se sono poveri, ignoranti e di destra piangono, se invece sono educati, ricchi e di sinistra tacciono, molto saggiamente, come ometti già fatti. Tenendosi dentro quelle nevrosi che poi faranno pagare agli altri da grandi.
      Ma sì, qualunque sia l’esito della triste vicenda, c’è stata più “dignità”, “decoro”, come rileva lo scrittore Valerio Magrelli sulle pagine romane del Corriere della Sera, sempre attente a questi particolari che distinguono dalla massa becera le poche persone perbene.
      E la scenografia? Quante candele, fiaccole, luminarie ai balconi, quante processioni. Sembra quasi una festa quando rapiscono uno di sinistra. Perfino quei pigri snob di Bertinotti e Violante si scomodano per andare a palazzo Chigi. Insomma, davvero un bel rapimento. Comm’il faut. Perfino i rapitori, vuoi mettere, erano rasati di fresco - riferiscono le cronache - parlavano un arabo della high class, e alcuni vestivano in abito blu. Particolari non indifferenti per certe nostre amiche snob dei cortei. E avevano armi gentilmente crudeli (o crudelmente gentili, non so), come il manganello elettrico che stordisce ma non uccide. Un’arma bertinottiana: neo-nonviolenta e post-pacifista. Stalin più il bandito Giuliano, ma con qualcosina di Gandhi. L’hanno usata con la terza “ragazza di 29 anni” del gruppo, l’irachena. Altro che puzzolenti banditi, che magari - ohibò - non si cambiano di camicia per tre giorni di fila, e che - giustamente, peggio per lui - rapirono e uccisero il rozzo vigilante “italiano vero” Quattrocchi.
      E poi l’ordine. Quando il solito tonto ha fatto cadere il mitra, come in certi film comici, si è subito scusato col capo, un intellettuale “di potere” in giacca e cravatta. «Una citazione», avrebbe bisbigliato il cinefilo Ghezzi alla tv, in uno dei suoi famosi primi piani odontotecnici. Davvero un bel rapimento, ne siamo rapiti anche noi.
      Però, ci permettiamo di obiettare, non solo i carabinieri morti a Nassiria e gli italiani body-guards uccisi dai terroristi erano lì per lavorare. Anche il Baldoni “giornalista umanitario” (perché gli altri, si sa, sono iene assetate di sangue), anche le povere “Simona & Simona” col chador erano in Iraq per lavoro. E facevano soldi, com’è giusto, oltreché il loro dovere. “Volontarie”? Tutti lavoriamo in modo volontario, dall’usciere all’amministratore delegato di Telecom. E le nostre “Ong”, organizzazioni non governative oggi di moda (sarà per quel “non governativo”?), sono associazioni ben finanziate da privati, Chiese, Stato italiano e Unione Europea. Da tutti fuorché dagli Stati Uniti, che loro odiano. E a loro volta retribuiscono, com’è giusto, il personale che va all’estero. Personale che si sacrifica, fa una vita da cani, né più né meno di carabinieri e guardie del corpo private, ma che è ben consapevole dei rischi mortali che corre. E, anzi, và lì proprio per questi rischi, come hanno fatto notare gli inglesi, che sono sinceri e bruschi, e non amano i piagnucolii femminei dei paesi del Mediterraneo. E grazie a questi alti rischi guadagnano, a seconda dei casi, in soldi, carriera, decorazioni, propaganda politica, auto-gratificazione ecc. E allora?
      Tutta questa retorica o ipocrisia dei “buoni sentimenti” non ci incanta. Siamo fuori dal coro. Per noi non cambia niente se rapiti e uccisi sono lì per lavoro o no, se sono pagati moltissimo (beati loro) o molto (poverini), se in Iraq ci stanno per tenere alto il nome dell’Italia o per sputtanarla, in odio a Bush o ad Al Quaeda, per inseguire successi o provare “sul campo” le proprie teorie sballate, se sono militari, militaristi o civili antimilitaristi, se sono di destra, di sinistra o qualunquisti, se hanno il velo nero come le due Simone o vestono all’occidentale come la governatrice Barbara Contini.
      Del resto, col loro terribile egualitarismo alla Hitler, ci hanno pensato già i terroristi islamici a cancellare ogni differenza di trattamento. Il nazismo dell’Islam, come la morte, è un grande livellatore. E non è sensato per noi distinguere con due pesi e due misure tra le vittime della più atroce e ingiusta guerra dell’umanità, quella dichiarata dall’Islam al liberalismo. Come fanno, invece, certi ambienti della sinistra chic per un antico riflesso condizionato. Non è importante chi, perché e per chi lotta sul ponte di turno, il ponte sul fiume Kway, come i lagunari del Col Moschin che sul ponte sull’Eufrate dettero l’anima e vinsero senza perdite la più dura battaglia italiana dopo la seconda Guerra Mondiale, o le due ragazze super-pacifiste e anti-americane che invece da “Un ponte per” sono andate verso l’ignoto.