Siete degli esteti? Allora è meglio che non assistiate alle
gare delle Olimpiadi in modo troppo critico. Se davvero lo sport di oggi, è
ormai solo spettacolo, che spettacolo è quello di un’èlite super-selezionata,
che allo spettatore appare stranamente goffa e sgraziata, quasi deformata dall’eccesso
di esercizio fisico e dalla competizione agonistica più dura? Ma non si era
detto che lo sport, l’atletica, le Olimpiadi, sono l’inno al rigoglio fisico
della migliore gioventù e, in particolare, queste ultime, il mito realizzato
del dilettantismo più puro e disinteressato?
Macché. Certo, ci sono atleti giovanissimi che esplodono
all’improvviso nelle Università e fanno un’apparizione effimera, per poi
tornare nel magma indistinto della folla da cui provengono. Ma si sono visti anche
atleti pateticamente attempati, che perdono capelli, incanutiscono e invecchiano
anzitempo a forza di calcare le piste, come vecchi attori, esperti, sì, ma spompati, finendo per gareggiare anche per quattro
Olimpiadi di seguito, cioè per quasi 20 anni. Una continuità e un impegno che
ricordano tanto il professionismo. Ma questo è un altro discorso.

E allora,, quei segni evidenti di degrado fisico che
osserviamo con stupore in televisione vogliono dire che gli atleti olimpici
vengono scelti dal Caso tra il popolo, su cui hanno inciso abitudini e stili di
vita sbagliati, oppure sono già segni di “malattia professionale”, effetti
collaterali dello stress del professionista? Insomma, troppo poco o troppo
sport?
Sarò condizionato dalla cultura classica del corpo che –
colpa dei Greci, per lo più piccoli e bruttini – ha abbellito in modo esagerato
e innaturale fino a idealizzarlo il corpo degli Dei e degli Eroi, per dimostrare
vera l’identità filosofica tra il kalòs (bello, armonioso) e l’agathòs (buono,
valoroso); però, lasciatemelo dire, quanti corpi sproporzionati si sono visti alle
ultime Olimpiadi!

Lo so che è lessicalmente e filosoficamente scorretto
pensare e dire queste cose, in certi casi addirittura vietato, proprio in quell’Occidente
pseudo-liberale che si permette di insegnare la libertà al Mondo, mentre non mostra di apprezzare o addirittura tollerare né lo spirito critico, né la satira. Come sa bene Giuseppe Tassi, direttore del Quotidiano Sportivo, licenziato dal proprietario Riffeser per aver dato, e pure affettuosamente, delle “cicciottelle”
ad alcune arciere italiane.
Ma appunto per questo sottolineo con forza il diritto di dire la propria opinione anche in fatto di estetica, e comunque il diritto a usare le parole più chiare e dirette tramandateci dalla nostra grande letteratura - nel massimo rispetto delle persone, s'intende - senza essere costretti all'ipocrisia dei giri di parole o neologismi, o senza essere condannati alla censura.
Ma purtroppo oggi tutti si vergognano di tutto, e soprattutto non amano essere definiti. Una curiosa
pruderie piccolo-borghese per cui l'antico spazzino deve essere chiamato "operatore ecologico", l'antica serva dapprima è diventata "cameriera", poi "collaboratrice domestica", e lo zoppo o sciancato di Shakespeare, Ovidio e Boccaccio è stato trasformato prima in handicappato, poi in"disabile", ora ancor più ipocritamente in "diversamente abile".

Figuriamoci se a uno dai in pubblico e per iscritto del "ciccione", sia pure bonariamente: il suo avvocato lo spingerà a querelarti! Le parole, per chi è ignorante, non hanno o hanno perso la loro antica dignità letteraria. Oggi per i molti incolti della società di massa, su cui si fonda la finzione rituale
della Democrazia, le definizioni, non parliamo poi dei giudizi di valore, delle gerarchie estetiche, della stessa critica, sono diventate tabù. Del diritto di parola e della libertà di espressione (che mette tutti sullo stesso piano: tutti possono replicare con altrettali parole) non sanno che farsene. L'unica preoccupazione è l’esigenza populistica ed “elettoralistica” (i lettori sono anche elettori) di non urtare la suscettibilità di nessuno, anche se infondata perché non c'era nessuna volontà di offendere.

Perciò, non si può dire che molti atleti moderni sono "brutti", ma al massimo e solo eventualmente, a parere personale, comparati con i modelli estetici delle statue antiche, disarmonici, muscolarmente sbilanciati.
Eppure certe immagini parlano da sole, Signori Giudici, di vero e proprio sovrappeso, perfino di obesità: basta avere gli occhi per guardare! E la Storia dello sport parla: ci sono stati perfino portieri di calcio pesanti ben 130 chilogrammi.

Eppure, rendendo ancora più ipocrita l’idealizzazione scultorea
dei Greci, che almeno era soltanto etico-estetica, anche i moderni mistificatori
pretendono che gli Eroi, gli Dei di oggi (e che altro sono gli atleti
vincitori?) siano dipinti non come sono in realtà, come appaiono a tutti, visto
che le fotografie si diffondono dappertutto via web, ma come sono stati
idealizzati dalla pubblicità, dal mercato, dalle squadre e dagli allenatori. A
scopo di lucro, s’intende, cioè di obnubilamento collettivo, perché gli atleti,
specie quelli che vincono, devono apparire sovrumani in tutto, anche nella
bellezza, se vogliamo che il sistema consumistico che investe miliardi di euro
ogni anno su questi nuovi Miti religiosi che hanno preso il posto delle
Religioni rivelate (solo in Occidente, purtroppo...) continui a funzionare e a
produrre profitti inutili e parassitari, dietro cui non c’è nessun bene
concreto.

Ma noi, sarà per il nostro pericoloso estetismo
naturalistico, per la passione per i canoni di bellezza e armonia delle
proporzioni che tra Antichità greco-romana e Rinascimento sono stati valori
eccelsi della grande civiltà dell’Occidente; ma anche per l’ammirazione della naturalità
del corpo umano in sé, che se lasciato a se stesso, cioè alla Natura dell’Uomo,
è sempre bello (ideologia che ci fece scrivere da giovani una “Guida al Nudo”,
come un baedecker alla riscoperta della nostra corporeità nascosta e umiliata
dalle Chiese e dall’ottusità psicopatologica di alcuni Umani), continueremo a
far notare la stridente contraddizione che pochi notano, e nessuno denuncia.

Gli Eroi e Dei di oggi, cioè gli atleti vincitori, sono
fintamente, scandalosamente idealizzati nelle forme, proprio come nelle statue
dell’arte classica. Ma mentre gli scultori greci e romani, perfino l’ultimo
copista, riuscivano a dimostrare visivamente la bellezza e armonia della loro
ricostruzione idealizzata di popoli tozzi, brutti e contadini, rotti a tutte le
fatiche agricole, pastorali e militari, creando almeno delle opere d’arte
eccelse del tutto avulse dalla realtà antropologica, ma appunto per questo eterne,
i mistificatori degli eroi d’oggi (gli atleti) non creano nulla, ma si limitano
a vietare che qualcuno dica che in una folla di semi-dei prefabbricati, tutti
perfetti, tutti uguali, tutti artificialmente “belli”, sono numerosi i casi in
cui davvero “il Re è nudo”, cioè brutto, sgraziato, deforme, goffo, troppo
magro, perfino troppo grasso. Vizi imbarazzanti perfino per anonimi passanti in
una qualsiasi città moderna, figuriamoci per la “elite del genere umano”, come
viene considerata in modo enfatico dall’immaginario collettivo, specialmente
giornalistico-giovanile, il mondo dello sport.

La realtà, anche qui, è diversa: accanto a corpi eumorfici,
anche se spesso anonimi, perfino nel mondo degli atleti, da quando esiste
documentazione fotografica, una consistente percentuale è davvero disarmonica
in confronto alle testimonianze di bellezza e armonia lasciateci dagli artisti
del passato (v. foto di confronto). E lasciamo stare le facce, che pure
sarebbero un divertente capitolo a sé, ma proprio nello sviluppo e nella
proporzione di arti e muscoli su cui dovrebbe basarsi la stessa attività
sportiva. Colpa di fattori genetici d’una ancora troppo recente civiltà
contadina (e cioè paradossalmente poco sport e poca vita sana nelle ultime
generazioni), oppure troppo sport (p.es. allenamenti esagerati e inumani fin
dalla prima adolescenza, tali da deviare perfino lo sviluppo somatico)? Probabilmente
non sarà né per l’uno né per l’altro.

Allarma anche nello sport, specialmente in quello
dilettantistico, questa divaricazione tra l’essere e il sembrare che è comune
in tutte le attività, dalla politica alla cultura. Sembrava che almeno
nell’esercizio fisico il corpo umano dicesse di primo acchito la verità, tutta
la verità. Ma così non è. Cosicché alcuni sportivi, a guardarli o “non hanno il
fisico” o ce l’hanno fin troppo: deformato, ridicolo. Pochi in proporzione, è
vero, ma è una percentuale (5-10-20%?) che allarma. Neanche più dello sport ci
si può fidare se si guarda alla bellezza, all’armonioso sviluppo del corpo.
Fatto sta che certe gare non sono proprio un bel vedere.
Galli da combattimento, tori da corrida, comunque animali d’allevamento dalle
forme spesso sgraziate. O sembrano gobbi e curvi sotto il peso di abnormi
muscoli delle spalle come certi nuotatori, oppure magrissimi e tutti tendini
come fondisti e maratoneti (ecco perché gli Etiopici si trovano a loro agio), o
altrimenti grotteschi perché gonfi di pettorali, bicipiti o quadricipiti. Ma
altri, e non pochi, li prenderesti per gente qualunque, impiegati sedentari, pensionati-baby
tutti poltrona-e-tv, già calvi o stempiati, insomma gente dall’aria anzianotta,
per niente “sportiva”, a cui magari chi li incontra per caso senza sapere che
sono Olimpionici consiglierebbe di «fare almeno un po’ di moto, se proprio non
ce la fanno con lo sport», ma soprattutto di «stare a dieta per un paio
d’anni»!

Fatto sta che una semplice carrellata a caso tra le immagini
reperibili sui giornali e su internet ci mostra un grado meravigliosamente alto
di variabilità e diversità somatiche dei nuovi semi-dei che sono gli atleti, in
totale discontinuità con l’idealizzazione della statuaria greco-romana.
Atleti di ieri e di oggi scelti a caso, le cui immagini si
trovano su internet, ai quali, sia ben chiaro, deve andare tutto il nostro e l’altrui
rispetto, e perfino amore, sì, perché rappresentano quella piccola parte degli uomini
che potrebbe vivere senza fatica come tutti, e invece pur di raggiungere l’ideale
dell’eccellenza cerca nell’esercizio fisico, nell’intelligenza del corpo, nel
superamento del dolore, il riscatto di una triste umanità pigra e sedentaria,
indifferente a qualunque merito.
AGGIORNATO IL 17 AGOSTO 2016