ANIMALI STRANI. Più inquietanti gli incroci, le specie sconosciute o i parassiti?
ZOOLOGIA. Come vivono i più originali dei nostri «cugini» animali? Ecco le loro bizzarrie che ci affascinano e terrorizzano allo stesso tempo.
ANIMALI CURIOSI,
RARI E MISTERIOSI
Nel regno animale il bizzarro è spesso la regola. Talvolta, però, vi si accompagna l'orrido, il tenebroso, il ripugnante. Le leggi della natura non hanno pietà, e impongono comportamenti che sfidano ogni fantasia. Nasce da qui, forse, il lato ambiguo e «oscuro» del fascino che il mondo animale esercita sull'uomo.
NICO VALERIO, Scienza 2000, novembre 1984
Il «tigone» non è un bel nome per un animale appena creato, però ‑ dicono ‑ è un bell'esemplare, veloce e resistente: un ibrido mostruoso e infecondo tra la tigre e il leone, realizzato nei laboratori di quei nuovi Frankestein che sono gli zoologi genetisti. E la «ligre»? Come non scorgervi i segni inconfondibili della tigre e della lince? La «geep», almeno (da goat, capra, e sheep, pecora), servirà a dare più latte, sperano all'Istituto di fisiologia animale dell'Università di Cambridge, in Gran Bretagna, i realizzatori del fausto connubio in provetta. Per un siffatto capolavoro di biotecnologia (lana abbondante e un'indefinibile sguardo ovino) il materiale genetico è stato prodotto da ovuli fecondati di entrambe le specie. Ma sarà più «goat» o più «sheep»? Ah, saperlo! E' una questione, evidentemente, di lana caprina.
Più pratici, forse, sono gli intendimenti dell'alpinista Ardito Desio, che a Lanzada, in Val Malenco (Sondrio), ha prodotto un nuovo bovide incrociando un lanoso e resistente yak tibetano con una vacca di razza bruno-alpina. L'esperimento è stato già tentato con successo nelle valli basse hymalaiane ed ha dato vita al dzo, ruminante più adatto alle modeste altitudini.
Insomma, con gli animali si scherza e si sperimenta a cuor leggero, ma in realtà, dopo 900 mila anni di convivenza con vermi e rettili, mammiferi e uccelli, pesci e insetti, l'Homo sapiens sapiens – nonostante il naturismo e le leghe zoofile ‑ guarda purtroppo con immutata apprensione, se non con ribrezzo e talora con paura, ai suoi lontani parenti. E' strano, ma è così; almeno a voler dare importanza alla sorpresa, all'interesse morboso o al raccapriccio con cui l'opinione pubblica segue le imprese animali, anche le meno bizzarre. Anzi, più il comportamento degli animali ci appare «logico», «intelligente» e quasi umano, più rabbrividiamo di inquietudine. Il terrore; spesso mascherato da ribrezzo, è un residuo dell'antica concorrenza e del bisogno vitale di differenziarsi sempre più dai nostri «simili». La controprova? Il nostro rapporto emotivo con platelminti, nematelminti e rettili, per esempio, ovverossia con tutto ciò che striscia. E il fascino che emanano i delfini, le balene, le aquile e i grandi felini; e l' inquietudine con cui seguiamo l'identificazione delle misteriose, nuove specie appena scoperte.
Più di un milione di specie animali, per lo più insetti, ma anche animali superiori, ci sono del tutto sconosciute e vivono da «clandestine» nel folto delle foreste, nel buio degli oceani, nelle savane. Qualcosa ogni tanto trapela sugli strani animali appena scoperti: rane nere, bruchi che sembrano di zucchero filato, pipistrelli mostruosi, serpenti di lunghezza e colori inusitati. Un Eden arcaico, come quello conservatosi intatto sul monte Neblina, tra Venezuela, Colombia e Brasile, che è stato trovato di recente.
Ogni anno le scoperte sono migliaia, come registra lo Zoological Record, e spesso non occorre neanche andare troppo lontano. Il Longitarsus noricus, un coleottero, è stato scoperto dallo zoologo Carlo Leonardi «dietro casa», a Brugherio Novarese. Crostacei mai visti prima e meravigliosi uccelli policromi, ma anche strani topi, insetti e pesci mostruosi, escono fuori dalle reti o dalle trappole dei ricercatori allibiti.
Sùbito lo scienziato scopritore, dopo l'identificazione, si affanna per dare un nome scientifico alla nuova specie scoperta. E' per tradizione un suo diritto. Ed è questo il momento che lo ripaga di tante fatiche. Ebbro di potere, pur sapendo che il "suo" nome resterà per la fine dei secoli (o forse proprio per questo), lo zoologo brancola nel buio: che nome dare al nuovo insetto, al nuovo vermetto?
Ed è così, in una comprensibile fase euforica, che lo scienziato folleggia e si diverte goliardicamente con le denominazioni più strane e addirittura ridicole. Ecco la ragione di una Minckia peregrina, cioè in latino e dialetto meridionale, un fallo vagante(coleottero crisomelide diffuso tra Toscana e il Monte Pellegrino); di una Merethrix deflorata che altro non è se non una ovvietà, come dire "prostituta sverginata", di una Natica millepunctata, di un Cyprecassis testiculus o di un Pitar lupanarius, tutti molluschi marini.
Vicino a Vercelli è stato scoperto un nuovo imenottero del genere «Pamphilius», mentre in Sud‑America sono apparse falene di 8 cm con pelo rosa shocking, gigantesche tarantole, rane dal naso appuntito. Peccato che le relazioni degli scienziati siano pubblicate soltanto dopo anni dalla scoperta, per una vecchia abitudine.
Intanto, in Tasmania, una missione italiana condotta da Luigi Boitani, celebre esperto di lupi, ha fatto la posta al misteriosissimo tilacino, uno strano animale con la testa di lupo, il corpo di un dingo e il marsupio d'un canguro, mancandolo, è il caso di dirlo, «per un pelo». Un esemplare abbattuto da un cacciatore era stato del tutto ripulito dai predatori: erano rimasti solo dei ciuffi di pelliccia. Così ci si deve accontentare di scoprire gli strani usi del castorino o nutria, un pelosissimo e un po' ributtante grosso topo di nove chili di peso, 65 cm di lunghezza, più una coda di 30 cm, che ormai è sfuggito agli allevamenti commerciali e vive comodamente nei fiumi, nei canali di scarico e nei laghetti delle nostre città, accanto al bel fistione turco, un'anatra tuffatrice, e al pendolino, un piccolo uccello che si costruisce una sacca‑nido appesa agli alberi acquatici.
Ma da quando i bellissimi colubri d'Esculapio e la sgargiante Elaphe situla, serpenti innocui per l'uomo ma capaci di causare sempre un certo scompiglio, hanno messo il naso nella casetta in Sardegna o nella Biblioteca Marcelliana di Firenze, oppure al Colosseo, la gente si è abituata ai sapori forti e va in cerca di nuove emozioni. Del resto, ben altri sono gli animali il cui abbraccio può rivelarsi letale.
Nel Sud-Pacifico, davanti all'isola neozelandese di Kiribati, poche settimane fa delle mostruose piovre giganti di 20 m di lunghezza e del presumibile peso di 6 quintali, hanno ghermito e trascinato nel fondo, con i loro tentacoli, due pescatori. Né Jules Verne, né il Victor Hugo dei «Travailleurs de la mer» avrebbero potuto immaginare scene più terrificanti. In realtà si trattava di mastodontici molluschi decapodi (sottordine: teutoidei), simili ad enormi calamari. Ma non mancano i giganteschi polpi (octopus) che abitualmente si divertono con simili tiri mancini.
Ora ci si è messo anche il cinema. Dopo storie agghiaccianti di uccelli crudeli, serpenti e insetti giganti, è il momento («Wild Beasts») dei ratti impazziti per aver bevuto acqua inquinata da compostí organici clorurati. Inutile dire che la massa pullulante di roditori spolperà in pochi attimi gli umani che dormono ignari nei loro letti. E nella realtà?
Il terribile rattus norvegicus e il ratto nero non prendono lezioni di voracità da nessun animale cinematografico. Lunghi 20‑40 cm, più una coda di 25 cm, abili nuotatori nelle fogne cittadine, i grossi ratti hanno non di rado sorpreso di notte nella culla e aggredito teneri lattanti, che hanno scarnificato crudelmente nel volto. Luoghi elettivi? I «bassi» di Napoli, i «carrugi» di Genova, i magazzini di Venezia e le cantine abitate di Palermo. Se la vittima sopravvive per le ferite, soccombe per le gravi infezioni virali.
Eppure il topo può rivelarsi, per chi se ne intende, una vera prelibatezza gastronomica. Come il mostruoso ratto gigante (Cricetomys gambianus) che vive in Africa: i buongustai locali lo cacciano per gustarne le carni arrosto.
E i vampiri? L'aggressivo «vampiro della lancia» (Phyllostomus hastatus) è carnivoro e deliberatamente attacca l'uomo a morsi, anche se non è infastidito. Molti di questi fastidiosi succhiatori di sangue o ematofagi praticano la trofallassi, quella che il socio-biologo prof. Wilson ha definito lo «scambio di cibo liquido per rigurgito tra i membri di una colonia». I vampiri dei Sud-America (Desmodus rotundus) si nutrono di sangue bovino, equino, ma anche umano all'occorrenza. Si avvicinano silenziosi e con gli incisivi provocano la fuoriuscita del prezioso liquido che poi leccano. Le vittime, ferite ripetutamente si indeboliscono sempre più.
Costumi un po' agghiaccianti, è vero; però «altruisti». Se un vampiro non ce l'ha fatta a rimpinzarsi di sangue, può chiedere ad un compagno più abile un po' del suo bottino. Quello ‑ oh, bontà dei vampiri ‑ non si fa pregare e glielo rigurgita in bocca. Ora, poi, perfino gli uccellini più innocenti, i fringuelli, si son messi a succhiar sangue al prossimo. Nell'isola di Wenman, nell'arcipelago delle Galapagos, un fringuello locale (Geospiza difficilis) ha appreso da qualche anno a sottrarre alle grandi sule (Sula sula e S. dactylactra), due grossi uccelli marini simili a pellicani, non solo gli insetti ma anche un po' di sangue. Un esserino di 15 cm che anemizza un gigante alato di un metro. A quando la «rivolta vampiresca» del canarino di casa?
Nel luglio scorso, in Italia, due villaggi del Novares, Ronco e Pella, furono invasi all'improvviso da una ributtante coltre verminosa di milioni di bruchi pelosissimi e urticanti di color rosso mattone, lunghi 5 cm e voracissimi: in pochi giorni un intero bosco fu distrutto. Il rumore prodotto dalle mandibole delle larve (si trattava della terribile Lymantria dispar, combattuta anche in America) era simile al crepitio della pioggia battente. Chi si azzardava a toccare un bruco subiva irritazioni alla pelle. Anche da morti colpiscono: il pelo si distacca e provoca allergie asmatiche. La velocità dell'evoluzione in farfalle è tale che spesso non c'è tempo per intervenire con i ferormoni sessuali per catturare i maschi. Anche quello fu un classico caso di scompenso ecologico causato dall'inquinamento.
Così è meglio utilizzare le antipatie tra insetti, la cosiddetta «lotta biologica», per neutralizzare larve, farfalle e coleotteri defolianti, veri killer di piante e germogli, come la tingide del platano (Corythuca ciliata) o la Dacus oleae dell'olivo. Pochi sanno che cimici delle piante, afidi, bruchi, mosche bianche, lumache, ragnetti rossi, rodilegni, cocciniglie ecc., distruttori voraci di piante, sono messi a tacere da mantidi religiose, lucciole, crisopi, formicaleoni, coccinelle ecc.
La fastidiosa zanzara, o meglio la sua larva presente nelle vasche o nelle pozzanghere, è un cibo appetitoso per la libellula. Anche un pesciolino di 7 cm, la Cyno1ebias bellottii, che vive nelle paludi del Brasile e dell'Argentina, ce l'ha a morte con le zanzare. Ingoia più di 50 larve al giorno e per di più si riproduce rapidamente. La femmina, dopo un mese di vita, depone 300 uova alla settimana. Come sostiene Ernest Bay, dell'Università di California, con 70 mila cinolebie per ettaro, risaie, stagni e paludi verrebbero rese immuni da questi insetti ematofagi.
Ma la nuova "zanzara tigre" (Aedes albopictus) che di recente ha invaso l'Italia attacca l'uomo in modo diretto, incessante e addirittura di giorno. Per non essere avvistata, vola in basso, penetrando nelle case dai giardini nelle cui pozzanghere ha deposto le uova. La sua puntura provoca ponfi visibili per molti giorni e perfino cicatrici e conseguenze ancora più gravi (p.es. può trasmettere virus come la febbre del Nilo, la febbre gialla, l'encefalite di St. Louis, il dengue, la dirofilariasi e la chikungunya) [ha causato la prima e unica epidemia di chikungunya in Europa: in Italia, provincia di Ravenna, nell’estate del 2007]. Inoltre abbiamo la Culex pipiens, che punge in casa di notte, è comune in Italia la C. hortensis, che ci trafigge nei giardini, la Aedes caspius, che ci toglie il sangue sulle coste, la A. aegypti, anch'essa cittadina anche se inurbana, la Anopheles che un tempo trasmetteva i piasmodi della malaria (è ancora attiva in Oriente e in Sud-America), e la A. pullatus che ci perseguita perfino in montagna. Ma perché ci succhiano il sangue? Per poter far maturare le uova. Ecco perché sono solo le femmine che ci trafiggono. 1 rischi? C'è il pericolo di malattie indirette: encefaliti da arbovirus, trasmesso dalla culex (600 morti in Egitto nel 1980), febbre gialla e vermi parassiti canini (filarie) inoculati nell'uomo dalla A. caspius, coi rischio di cisti. Senza contare la recrudescenza della malaria in tutto il terzo mondo: neanche la clorochina è più sufficiente.
L'invenzione del giorno sono, però, i chironomidi, un vero scherzo di natura prodotto dall'inquinamento delle coste: senza bocca, questi insetti inquietanti vivono un giorno solo senza poter mangiare, cercano la luce e il color bianco. Si posano a milioni sui fari, sui vetri delle auto, sullo smoking bianco dei camerieri o sulla divisa dei marinai. Accecano motociclisti e passanti. A Venezia si sono trovate larve di chironomidi (Stylotanitarsus inquilinus) che si nutrivano di ferro‑batteri nei tubi dell'acquedotto. Le femmine si riproducono nel buio dei tubi, facendo a meno dei maschi, ed escono a migliaia dai rubinetti casalinghi, seminando ribrezzo. Insomma, un ottimo tema di fantascienza horror. Altrettanto prolifiche sono le due nuove conchiglie sbarcate in Italia: la scapharca e la Dreissena polimorpha. La prima proveniente dall'Oriente, ha invaso le spiagge adriatiche e il Delta, la seconda, portata dal centro-Europa attaccata alla barca d'un turista tedesco, ha colonizzato il Garda, il Mincio e il Po.
Quanto più discreto, allora, il mite e solitario Chirocephalus marchesonii, un rarissimo crostaceo rosa lungo pochi millimetri che vive miracolosamente soltanto, nel laghetto di Pilato, sul monte Vettore. Ha vita breve e precaria. D'inverno scompare, ma le sue uova restano sul fondo, nella melma, pronte a schiudersi nella primavera successiva. E gli asini bianchi nani? Ne restano alcune decine nell'isola dell'Asinara, e sono molto più rari e preziosi dei tanto strombazzati panda. Perfino il comune gatto domestico ha ancora dei segreti. E ora accertato che i piccoli amano ‑ guarda un po' ‑ essere allattati al seno umano. Già alcune padroncine con figli lattanti hanno esteso ai giovani felici le poppate quotidiane, con grande soddisfazione reciproca. Ci sono prove scientifiche e archeologiche che l'allattamento al seno di donna dei gatti giovani fosse, già 8000 anni fa, cosa normale.
E, a proposito di allattamento, il più arzigogolato è quello del piccolo dell'echidna‑istrice. Se ne sta nella tasca ventrale della madre e succhia il latte che scorre dalle ghiandole mammarie sul pelo fin dentro il marsupio. E, in quanto ad usi e costumi, ogni animale sembra un eccentrico lord inglese. L'ornitorinco per pescare sott'acqua chiude occhi e orecchie e sceglie il cibo al tatto, che è sviluppato specialmente sul becco. Deposita le prede nelle sacche mascellari, insieme a pietruzze con cui sminuzza il cibo. L'opussum virginiano è un mostro d'ipocrisia: quando corre pericolo si finge morto. La volpe grigia delle pampas recita meglio, e da «morta» non reagisce neanche se colpita con un bastone. Avidi sono lo Sminthopsis, un piccolo marsupiale, e il topo‑ragno americano: ogni notte mangiano una quantità di cibo più pesante del proprio corpo. Migliaia sono poi le specie che emettono odori repellenti, mediante speciali ghiandole, quando sono disturbate.
Strana è la riserva invernale di grasso dei Cercartetus nanus: è nella coda. Numerosi anche i mammiferi volanti, grazie al «patagio», una membrana che unisce le quattro zampe e fa da paracadute, come il pauroso roditore Anomalurus peli, che somiglia ad un «tappeto volante» ed è capace di planare anche per 50 metri, o l'impressionante scoiattolo volante (Glaucomys). L'opossum volante batte tutti e plana per 100 metri. Davvero mostruoso il muso della condilura, una talpa con 22 tentacoli tattili attorno alla testa, simili a lunghe dita e privi di pelo. Una Medusa fantastica, insomma. Mentre il koala come digestivo mangia un po' di terra, il vombato, che sembra un brutto e tozzo bassotto, nella terra scava grosse e lunghe gallerie, che difende poi a unghiate contro gli invasori. li più piccolo mammifero del mondo è il mustiolo etrusco, un insettivoro di 3‑5 cm che ha sempre un po' d'affanno: il suo battito cardiaco tocca la bellezza di 1200 pulsazioni al minuto. Lo segue il Sorex cinereus, con 800 battiti al minuto. Ha un metabolismo un po' alto e vive solo un anno.
Se andate negli Stati Uniti, attenti a non incontrare la blarina, un topo‑ragno aggressivo che morde iniettando una saliva neuro‑tossica che procura all'uomo forti dolori per alcuni giorni. E' capace di spolpare viva la sua preda. Evitate lo skunk maculato, che in segno di intimazione vi mostrerebbe il posteriore e, se voi non fuggite in tempo, vi lancerebbe negli occhi uno schizzo ben mirato dei secreto irritante e puzzolente delle ghiandole anali. No, meglio allora la pseudopecora cinese Baral o la capra crinita, che passano tutto il loro tempo nell'immobilità più assoluta; e molto più utili alcuni pesci teleostei, detti «anguille elettriche» (Gymnotus electricus), lunghi 2‑3 metri e viventi nelle acque dolci del centro e sud‑America, che hanno due poli elettrici così potenti da accendere a distanza 3‑4 lampadine e da fulminare molti animali. Insomma, dei veri accumulatori biologici di energia elettrica.
Tra i comportamenti più truffaldini, in nome della lotta per l'esistenza, c'è il parassitismo della nidiata. Che cos'è? Una coppia di uccelli (cuculi, ma anche altri), troppo pigra o indaffarata o di liberi costumi per fare il nido, sostituisce con l'inganno un uovo di un nido – scelto tra quelli che hanno uova di colore simile – con un proprio uovo fecondato. Il numero totale delle uova resta uguale e la coppia‑balia non si accorge di nulla. Il piccolo cuculo nasce prima degli altri, già robusto e affamato, e dopo 10 ore dalla nascita scaraventa fuori dal nido uova e neonati legittimi. Così resta l'unica bocca da sfamare. Ed è patetico vedere con quanta fatica le piccole capinere, gli scriccioli, i codirossi o i passeri, «genitori adottivi», fanno di tutto per sfamare quel grosso pargolo estraneo e vorace per ben 40 giorni. Uno «scandalo» zoologico, vero e proprio; tanto più che la femmina cuculo ripete il bel gesto, 8‑12 volte all'anno, non fa vita di coppia ed è sempre alla ricerca di maschi nuovi. Un caso di poliandria.
Alcuni insetti dei generi Atemeles e Lomechusa, imitando i segnali odorosi e il linguaggio delle formiche, riescono a farsi allevare gratis le proprie larve, le quali, una volta cresciute, continueranno l'inganno chiedendo cure e cibo. Alla fine, smascherati, gli insetti clandestini riescono a bloccare l'aggressività delle formiche con messaggi chimici pacificanti. Con una analoga «truffaa da computer biologico», l'Amphotis marginata decritta il linguaggio cifrato delle formiche per depredarle.
Veri e propri fratricidi obbligati avvengono ad ogni covata di aquile di Verroux, anatraie minori, aquile coronate. La regola è semplice e sbrigativa: in genere, il primo nato mangia il secondo. Fratricidio facoltativo è invece quello che si consuma talvolta nei nidi di Aquila chrysaetus, di A. Heliaca e di Haeliaetus leucocephalus. Qui, forse, c'è una ragione selettiva.
L'aquila, si sa, è un animale sveglio e combattivo. Ne sa qualcosa un pescatore che un mese fa riuscì a pescare una trota sul fiume Sesia, a Scopa (Vercelli).. E' stato aggredito e artigliato al volto e alle braccia da un aquilotto reale di 120 cm di apertura alare, che riteneva il pesce «cosa propria». Un ennesimo regolamento di conti tra il più bello dei predatori alati e l'uomo, unico e vero «rapace». Non sono mancati in passato, secondo numerose storie locali, rapimenti di bambini lattanti da parte di grossi uccelli dal becco adunco, così come sono normali da parte dei più grandi accipitridi (aquila, avvoltoio ecc.) prelevamenti di piccoli di camosci, pecore e capre.
Con una puntura velenosa, un imenottero (Cerceris bupresticida) paralizza la sua preda preferita, il Cleonus ophtalmicus, che darà in pasto, ancora vivo e ben conservato, alle proprie larve. La farfalla «testa di morto», che è così truccata per intimorire i predatori, penetra in un alveare emettendo un sibilo che blocca la reazione delle api. Riempita di miele, spesso non riesce ad uscire dalla fessura, e le api, riavutesi dall'incanto, la uccidono col pungiglione e la mummificano con resine e cera, evitando la putrefazione. Anche l'aragosta si lascia facilmente ipnotizzare: basta carezzarla con una mano e agitare l'altra davanti ai suoi occhi.
C'è anche chi digerisce a distanza. La larva del ditisco, un grosso coleottero d'acqua, inietta nei pesci e negli anfibi un veleno che li uccide. Poi vi pompa dentro i succhi gastrici. Quando la polpa è digerita, il ditisco la succhia. L'avventura mirabolante dell'ornitoplostomum è degna d'un soggetto cinematografico del genere Orwell o fantazoologia. La larva di questo piccolo parassita acquatico entra nel corpo di un pesce Pimephales e, muovendosi dentro il suo corpo, arriva al cervello. Da lì comincia a «comandare», influenzando le scelte del pesciolino e tele‑guidandolo fino alla bocca e allo stomaco d'una anatra tuffatrice. Così il diabolico parassita riesce nel suo vero intento: entrare nel corpo dell'anatra, dove può svilupparsi. I suoi figli, attraverso una chiocciola e alcune metamorfosi, ritorneranno in acqua. Da dove ricominceranno...
I serpenti hanno mandibole snodate e gola elastica. Solo così possono ingoiare anfibi, mammiferi e grosse uova. I piccoli Dasipeltidi, però, per rompere e digerire un uovo ricorrono ad una seghetta presente nel loro stomaco come prolungamento delle prime vertebre.
E il sesso? Dopo la copula, il serpente giarrettiera (Thamnophis) applica alla femmina un tampone di gelatina ai ferormoni che la rende sgradevole agli altri pretendenti. Un trucco a cui guardano con interesse "professionale" molti uomini gelosi. Mi ero dimenticato di aggiungere, però, che prima, il serpente maschio ha dovuto sostenere una aggrovigliata lotta‑partouze con 20-30 maschi, attratti dalla odorosa vitellogenina emessa dalla femmina (che annusano dardeggiando la lingua). Solo un fortunato riesce a inserire uno dei due emipeni irti di aculei e uncini. Se poi le uova non sono ancora mature, la femmina conserva lo sperma in una sorta di frigorifero interno, anche per 6-8 mesi.
Le cimici hanno una stravagante ed intensa attività sessuale. In certe specie sia il maschio che la femmina hanno tre vagine e l'omosessualità è frequente. Spesso il maschio perfora la partner a caso, iniettandole direttamente nel corpo l'equivalente per un uomo di 30 litri di sperma, che poi con un giro tortuoso andrà a fecondare le ovaie. Il maschio che «per sbaglio» è stato perforato, accoppiandosi con una femmina, le trasmetterà un misto di spermatozoi: i propri e quelli di altri maschi.
Misteriosissimi, infine, sono tutti gli animali che vivono nelle grotte, esclusivamente o parzialmente. Strani ragni, millepiedi (a proposito, non ne hanno più di 260), insetti biancastri, tutti depigmentati, quasi tutti ciechi e con arti molto sviluppati per sopperire alla mancanza della vista col tatto. E ancora, anfibi unici, pesci, mammiferi e perfino uccelli di passaggio. Cercano un ambiente umido, temperatura sempre costante, assenza di luce? Sono accontentati.
Il bel proteo (Proteus anguinis) è un anfibio bianco, simile ad una lucertola con zampe atrofizzate, lungo 20-30 cm. Più rara la salamandra cieca del Texas. Curiosi anche gli insetti cavernicoli come la Meta menardi e il Dolìchopoda azani, simile ad un grillo bianco, e poi il pesce cieco del Kentucky, il Caracide del Messico e il Ciprinide sotterraneo della Somalia. Tra insetti, anfibi e crostacei è lotta dura: non vedendo, tutti diffidano di tutti. Il tocco d'una zampa misteriosa può significare la morte. E poi ci sono sempre i pipistrelli più avidi e insaziabili che imperversano, lasciando però resti di pasti agli animali più piccoli.
C'è anche uno strano uccello eremita che ama il buio e la relativa calma delle grotte: il guaciaro (Steatornis caripensis). In Venezuela e a Trinìdad ha imparato a seguire i pipistrelli e a dirigersi con l'eco-sonar naturale. Un'arma in più per la sopravvivenza. Dei resto anche pulci di mare, tartarughe, granchi violinisti, salmoni, uccelli migratori, e molti altri animali, posseggono un elaborato «orologio interno» che permette loro in ogni momento di avere le coordinate del tempo e dello spazio. Gli studi più recenti hanno accertato che tale meraviglioso computer‑bussola biologico è basato sul movimento degli astri.
NICO VALERIO
IMMAGINI. 1. Lo jaculus ha probabilmente dato vita ad animali mitologici dell’Antichità (Wikipedia). 2. Jaculus jaculus orientalis, minuscolo roditore saltatore su due zampe (https://www.flickr.com/photos/a_dg/). 3. La ligre, incrocio tra maschio di leone e femmina di tigre (http://randomstory.org/big-cat-liger-the-worlds-biggest-cat/) 4. Il tigone, incrocio tra leonessa e tigre maschio. 5. Il misterioso e contestatissimo tilacino. 5. Longitarsus noricus, trovato in Italia negli anni 80 (V.Fogato). 6-7. Geep o shot, incrocio tra pecora e capra (sheep e goat). 8. Cricetomys gambianus, sorta di grosso ratto allevato per uso domestico, non escluso quello alimentare.
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