GIORNALISMO: perché è finito. Anche nel Corriere della Sera c’è “monnezza”.
L'ecologia della lingua è uno specchio dell'ecologia generale. La chiarezza e perfezione linguistica come riflesso perfino di una tensione morale. Le brutture del parlare quotidiano, passate ormai a giornali, web, libri e dizionari, esprimono la decadenza civile e morale di un popolo. Ormai, purtroppo, anche il Corriere della Sera, ultimo baluardo fino agli anni 80 (dopo, c'è stato il tracollo linguistico e anche giornalistico) chiama l'immondizia "monnezza", ma senza le virgolette, come il peggiore scugnizzo napoletano dei vicoli dietro via Roma o il “borgataro” più emarginato romano, o anche l'impiegato medio di basso rango, che a forza di citare con ironia ogni deformazione linguistica per i suoi soliti doppi sensi che dovrebbero risultare umoristici e satirici, alla fine parla proprio come quelli che prende in giro. “Capitale corrotta, Nazione infetta” diceva il titolo della famosa inchiesta di Cancogni sull’Espresso.
A Roma, pare impossibile, ci sono ancora archivisti o commessi o bidelli che salutano con “olive dorci” (olive dolci), per imitare Stanlio che dice con accento anglosassone arrivederci. Ma non ride quasi più nessuno. Non perché disprezzino. Ma perché per loro è ormai normale.
Insomma, il parlar male è diventato in Italia quasi una deformazione voluta, vista come segno di appartenenza, uno slang. A Roma innanzitutto, e ora per imitazione nel resto d’Italia. Insomma, è plausibile l’analogia col romanesco, definito dai linguisti specializzati non un dialetto – come il milanese, il veneto, il piemontese, il barese, il siciliano, il napoletano ecc. – che è parlato da tutte le classi sociali, ma “lingua degradata” di un ceto sociale in qualche modo antagonista. Ecco le finalità di satira verso chi viene visto come colto, appartenente al Potere, è educato o comunque parla civile (“er parlà ciovile” dei sonetti di G.G. Belli). E infatti, stupirà tutti, ma Roma, insieme con Firenze (e la Toscana) è l’unica città priva di dialetto. Merito dei papa fiorentini dei Medici. Controprova? A soli 20 km, tutt’intorno, riecco i curiosi, antichi dialetti, strani e ridicoli anche per i romani, quelli con le u dal latino, che oggi appaiono molto meridionali. E allora, come fanno i romani ultrapopolari a sfogarsi col parlare “familiare”, cioè in dialetto, se non lo hanno? Parlano l’italiano deformato, degradato, più rozzo e satirico che possono. “Romanesco” che oggi è solo l’ombra, molto addolcita, e ancor più fiorentinizzata, cioè italianizzata che in passato (spesso ormai è solo accento e un po’ di troncature), di quello dell’800, testimoniato al meglio dal poeta G.G.Belli (v. il nostro blog specializzato) e dal prosatore e studioso G.Zanazzo.
Ma torniamo a "monnezza". Senza il prefisso negativo (come in immondo, immondizia), in teoria dovrebbe voler dire proprio il contrario: pulizia. E invece non sono cose monde, ma immonde! E' come se dicessimo morale anziché immorale. E non opponetemi i dizionari: certo che registrano la nuova parolaccia. Che altro dovrebbero fare se tutti in Italia parlano volgare (ma non nel senso voluto da Dante Alighieri nel De Vulgari Eloquio), ma proprio nel significato di rozzo, becero e regionale?
Qual è il problema, la brevità dei titoli dei giornali? Bene. Ma allora, “rifiuti” è anche più breve – se la scusa è la brevità – di “monnezza”. Ma è meno rozzo e volgare. Questo è il punto vero. E oggi invece si preferisce sempre, a parità di condizioni, il termine più volgare. Specie in Italia, forse il Paese più rozzo e volgare in Europa, anche nel linguaggio.
Voi direte:
A) Ma con tutti i problemi che ci sono, guardi a queste quisquilie. Bada alla sostanza, che è disastrosa, piuttosto che alle forme. Conosco questa mentalità: tutto è quisquilia. Quali sarebbero i problemi seri per voi? Silenzio. Vi assicuro che con una simile mentalità ci sarebbero sempre “problemi più seri”. Vi ricordate come non si poteva discutere negli anni 70? Qualunque cosa si dicesse, il problema vero era un altro.
B) Ma guarda che è nel Corriere-online, notoriamente trasandato e ricco ogni giorno di pesanti errori d'italiano. No, purtroppo scrive male anche il Corriere a stampa.
E perfino il famigerato titolo: “Basta sporcizia”, anziché “Basta alla sporcizia” o “No alla sporcizia”, che ormai tutti ritengono un uso corretto, giornalistico, vuol dire esattamente il contrario: che la sporcizia è sufficiente. Loro si giustificano facendo capire che i giornalisti cafoni e ignoranti (come quelli che li leggono) gli porteranno i lettori cafoni (che sono la maggioranza).
Ecco perché il Corriere (come tutti gli altri giornali, del resto) dà così tanto spazio a Cronaca, Tv, Sport. Una cosa scandalosa che farebbe rivoltare nella tomba il fondatore Eugenio Torelli Viollier. Non tutti sanno che la cronaca era minima all’inizio e che, anzi, nel celebre Caffè neanche esisteva. Nessuno nel 700 era interessato al fatto che una donna delle Marche era caduta per le scale o che un prete di Milano che aveva un’amante era stato punito dal Vescovo.
Ma si può rispondere: non conoscete la psicologia. La trasandatezza esagerata è controproducente anche per le vendite in un Paese trasandato. la persona educata e culturalmente esigente finisce per non comperare più neanche il Corriere, dopo aver abbandonato già da tempo Repubblica, Messaggero, Stampa ecc, scritti e fatti ancora peggio. Come ormai faccio io. Perché acquistare delle cronache molto mal scritte, mal titolate, sempre insufficienti a capire il fatto, di sport-tv-cronaca-pettegolezzi pseudopolitici? Basta la "prova forbici": negli anni 70-80 facevo 20 ritagli di articoli interessanti ed esaurienti in una sola copie del Corriere, oggi 1 o 2 al massimo. Articoletti brevi, insufficienti ad esaurire l'argomento, sempre sugli stessi argomenti da decenni. Sembra che i giornalisti non migliorino mai, non si evolvano, ma restino sempre a mezz'aria nel loro parziale sapere-nonsapere. E' la fine del giornalismo, ammesso che sia mai esistito. Infatti io stesso, quando cominciai ad essere esperto in 2 o 3 campi dovetti abbandonare il giornalismo: non potevo riportare in modo neutrale le cavolate di chi ne sapeva molto meno di me, e purtuttavia pontificava. Questo genera una selezione al contrario: restano, si adattano alla meraviglia, i giornalisti più mediocri, più “persona comune”, senza idee personali, senza spirito critico, quelli per cui una idea vale l’altra, cioè più giornalisti.
IMMAGINE. La statua di Dante e l’immondizia, cioè i rifiuti. “Rifiuti” è anche più breve – se la scusa è la brevità nei titoli giornalistici – di “monnezza”. Ma è meno rozzo e volgare. Questo è il punto. E oggi invece si preferisce sempre, a parità di condizioni, il termine più volgare.
JAZZ. Tre bellissimi brani del grande Ferdinand “Jelly Roll” (tubo di dinamite) Morton, al di là delle spacconate dell’uomo, un importantissimo codificatore delle prime forme del jazz. Ecco The Pearls, poi Wild Man Blues e infine Georgia Swing. Gustateveli.
2 Comments:
Condivido ogni parola e consiglio, con il tuopermesso, il postdi un caro amico che di grammatica ed ortografia se intende, eccome:
http://faustoraso.ilcannocchiale.it/2008/05/15/giornalisti_e_linguisti.html Antonino Iacona
Mi scuso con Jacona per il ritardo della pubblicazione, ma avevo dimenticato (solo in questo blog) di predisporre l'avviso automatico per email dei nuovi commenti, e quindi non sapevo che qualcuno aveva commentato... Ora ho provveduto.
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