11 aprile 2011

PASQUA. Gli ebrei vegetariani: “Ma gli animali che soffrono non sono kasher!”

“Ma come, – è sbottato l’ottimo Mario Fuà, polemista coi fiocchi (“nom de plume”: “Gerush92”) – ora ci vietano perfino le ciambellette, che sono tradizionali per ogni buon ebreo romano in occasione della Pesach, e poi s’ingozzano di foie gras? Ma non lo sanno che le oche, per produrre “fegato grasso”, si devono ammalare, insomma sono torturate? Gli animali che soffrono non devono essere considerati kasher!”
E così, in preda alla tripla indignazione di ebreo che ha sempre qualcosa di ridire, di libertario e ora pure di vegetariano animalista (come lo capisco: l’indignazione morale è un lubrificante ideale per il cervello di chi scrive su internet), Gerush si è messo subito alla tastiera del computer. E sì che lui di solito non la manda a dire! Ne è venuto un articolo, che dico, una denuncia, stringente e documentata, come sono sempre tutti i suoi articoli, che non lascia spazio alle obiezioni. Gherush, come gli antichi Romani, quando scende in guerra è per vincere, anzi stravincere, non per partecipare. E non fa prigionieri. Lo sottopongo agli amici della Comunità che mi leggono. NICO VALERIO

Gli animali che soffrono non sono Kasher!
VIETANO LE CIAMBELLETTE E MANGIANO FOIE GRAS...
“Non è lecito infliggere ad un animale sofferenza, a maggior ragione se questa viene progettata, organizzata e perpetrata negli allevamenti intensivi su scala industriale, cioè moltiplicata per milioni e milioni di esseri viventi ogni anno. Negli allevamenti intensivi, nei quali vivono anche gli animali destinati all’alimentazione kasher, questi subiscono, senza scampo, crudeltà inenarrabili, solo per aumentare il profitto e per assicurare, a tutti e sempre, una quantità eccessiva di carne. Questi allevamenti sembrano contraddire tutte le norme ebraiche che prescrivono il rispetto verso gli animali e in molti casi somigliano a veri e propri campi di sterminio.
D’altra parte, c’è chi pensa, forse per tentare di giustificare azioni scellerate, che l’uomo sia il principale destinatario dell’opera della creazione: “Si sono convinti che l'uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno.” (Isaac Bashevis Singer). Gli allevamenti intensivi sarebbero luoghi da abolire e, invece, sono catene di montaggio di esseri viventi ridotti ad oggetto, a servizio dell’uomo moderno. C’è da considerare che la sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi certamente provoca un’alterazione dello stato fisico e psichico, perché un animale che vive in cattività, in condizioni estreme e solo per essere ammazzato, inevitabilmente si ammala.
Come può un animale reso ammalato essere kasher? Come dice Foer in "Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali?", bisognerebbe attentamente riflettere su cosa sono gli allevamenti intensivi, cosa è la sofferenza degli animali e quali sono le sue conseguenze. Non basta che gli animali siano uccisi secondo le norme della shechità, ma è necessario garantire loro di nascere, crescere, riprodursi e vivere, secondo il proprio ciclo biologico, senza patire alcuna sofferenza come, invece, avviene sistematicamente negli allevamenti nei quali vivono costretti. Gli allevamenti intensivi, inoltre, pongono gravi problemi di inquinamento ambientale e sulla salute degli uomini, che non devono essere trascurati.
Nella Torà sono prescritti precisi obblighi verso gli animali ed è insegnato il rispetto e il comportamento di gentilezza e misericordia verso di loro. Agli animali è garantito il riposo; sono protetti nella fatica e nel lavoro; devono essere aiutati quando si smarriscono; devono essere protetti se in difficoltà; agli animali deve essere evitata sofferenza gratuita. Nella Torah, dunque, sono riconosciuti i diritti degli animali.
Ricordiamoci sempre che “… gli animali non possono essere allevati solo e soltanto per essere mangiati e che gli alberi non possono essere coltivati solo e soltanto per essere tagliati” (Linee Guida per la Protezione della Diversità Culturale, Gherush92). Ricordiamoci anche che l’essere umano fu formato per ultimo affinché si ricordi di non sopravvalutarsi e se una persona si comporta con orgoglio, le si dice: “Perfino la zanzara è stata creata prima di te!”.
Le norme tradizionali ebraiche, compreso le regole alimentari e quelle verso gli animali, sono regole antiche e consolidate che disciplinano in modo armonioso il rapporto dell’uomo con l’ambiente, con gli esseri animati e inanimati: solo alcuni animali possono essere mangiati e in certe particolari e severe condizioni. Tali norme non dovrebbero essere tradite, assimilate o essere poste al servizio della modernizzazione, dell’industrializzazione e dello sviluppo. Rispetto degli animali, kasherut e allevamenti intensivi moderni sono realtà inconciliabili.
Noi riteniamo che le regole ebraiche non possano essere applicate a compartimenti stagni, quelle alimentari in modo scollegato dalle altre norme sugli animali che ci insegna la Torà, perché questa interpretazione non risponde al problema fondamentale e struggente della sofferenza degli animali.
Noi riteniamo, in sintesi, che gli animali che soffrono non sono kasher e che sia necessario aprire un dibattito approfondito su questo argomento. E se è vero che il livello di sofferenza durante la macellazione non si può controllare né stimare, chiunque è in grado, se vuole, di osservare e conoscere la sofferenza di un animale in un allevamento intensivo. La sofferenza riguarda l’intera esistenza dell’animale, non è un elemento trascurabile, accidentale o marginale, non è un’immaginazione o un sospetto, ma un’orribile realtà quotidiana.
Per Pesach assistiamo attoniti alla seguente incresciosa situazione, che chiede con urgenza una spiegazione halachica complessiva e una soluzione operativa: per un sospetto si accetta di vietare l’uso della farina per le ciambellette e di distruggere una tradizione ancora viva e vitale; non per un sospetto, ma con consapevolezza e cognizione, si acconsente a ripetere un’orribile realtà, e a mangiare il foie gras, che troviamo nei ristoranti kasher di tutta Europa e in molte famiglie.
Ogni anno si ripete una procedura agghiacciante: il foie gras è il prodotto di una crudeltà estrema, perché gli animali sono forzati nell’alimentazione fino a presentare un fegato malato a morte (steatosi). Come si può ipotizzare che sia kasher il prodotto un animale deliberatamente torturato e reso gravemente e irrecuperabilmente invalido? Il foie gras non dovrebbe essere considerato kasher, anzi è folle ritenerlo tale.
La pratica dell’ingozzamento forzato delle oche dovrebbe essere considerata un reato anche ai sensi degli art. 544bis e ter del codice penale: “Art. 544bis. Uccisione di animali. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi.” . “Art. 544ter. Maltrattamento di animali Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale.”
Su queste basi la produzione e il consumo di foie gras dovrebbe essere vietata per sempre, non solo nei ristoranti kasher.
Fate il Seder (1) vegetariano!
MARIO FUA' (Gerush92)


(1) Seder, in ebraico סדר, significa "ordine", in questo caso sta per Seder di Pesach, una cena che si consuma con cibi particolari in un ordine rituale preciso nelle prime due sere della festa di Pesach. Durante il seder si legge l'Haggadà, cioè il libro che narra della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù.


IMMAGINE. Un tradizionale piatto di Pesach con i cibi simbolici rituali, dalla matza (pane non lievitato) alle radici amare, dall'uovo al sedano, dall'osso ad un impasto a base di noci.


JAZZ. "Ruby, my dear" è un celebre brano, ben utilizzato anche dal jazz, che forse oggi potrà apparire di grande attualità per ragioni, diciamo così, extramusicali. Eccolo in un bel
video nell'interpretazione della cantante Carmen McRae.

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4 Comments:

Anonymous Ersilia said...

Bravo Gerush, hai ragione!

17 aprile 2011 alle ore 01:00  
Blogger sally brown said...

"Auschwitz inizia quando si guarda a un mattatoio e si pensa: sono soltanto animali."
(Theodor Wiesengrund Adorno, filosofo ) Piuttosto azzeccato, no?
A parte questo non è affatto vero che gli animali non capiscono. Per la macellazione del maiale ad esempio, si crea un particolare percorso, una specie di labirinto, che ha la funzione di non stressare la bestia altrimenti il sapore della carne ne risentirebbe. Credo che una società non si possa dire civile fin quando alleverà bestie per la macellazione. Più civili i nostri antenati che andavano a caccia, lì l'animale aveva una parvenza di chance, poteva esserci l'idea di un combattimento ad armi pari.
ole/.)

20 aprile 2011 alle ore 12:14  
Blogger sally brown said...

ho letto il tuo post sul disastro di ustica. e della moby prince che mi dici?

20 aprile 2011 alle ore 12:19  
Anonymous http://www.rarebestieletterarie.wordpress.com said...

Concordo con tutto tranne che su un punto: latte e uova sono parte della catena del dolore dello sfruttamento degli animali non umani. Non cibarsi di carne non è più sufficiente, nel 2011. Le sacrpe che indossi, gli abiti che porti, le medicine che prendi devono farti riflettere più universalmente sul rapporto malato che l'essere umano ha con i suoi fratelli. Rifiutiamo la loro schiavitù diventando vegetariani totali - o vegan. C'è più sofferenza in un bicchiere di latte che in una bistecca. Come? Per il latte muore di certo il vitello , un cucciolo destinato al macello dopo poche settimane di vita tremenda, incatenato da solo, senza mamma, nutrito di poco latte annacquato per avere carni sufficientemente bianche. E la mucca, oltre lo strazio del figlio che le viene sottratto, è copstretta ad una mera macchina produttrice di altte e fattrice di cuccioli da macello. Se non basta questo.

8 luglio 2011 alle ore 17:06  

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