Roma. Mancavano solo le note della Nona sinfonia. Per il resto la scena di massa recitata con efficace verismo dai poliziotti con elmetto e scudo mod. Termopili dietro i cancelli e sulle gradinate del Palasport all'Eur, la sera di sabato 14, avrebbe fatto luccicare d'invidia gli occhi del regista di Arancia Meccanica. Quasi si fosse trattato di difendere una postazione militare e non di tutelare l'ordine pubblico in un luogo di divertimento - ma l'accerchiamento di ben 500 poliziotti, ha fatto notare qualcuno, non si risolve a sua volta in elemento di provocazione? - gli agenti continuavano a manganellare con coscienziosità professionale i ragazzi isolati che scavalcavano i cancelli per entrare gratis. Molti restavano a terra, storditi e contusi sotto l'inutile gragnuola di colpi. Grazie a un fantastico multiple eye i due poliziotti di Arancia Meccanica sembravano moltiplicarsi per 100, per 1000. Gli addetti alla colonna sonora, in mancanza di sinfonie di Beethoven, programmarono un discreto concerto di sirene di polizia.
Nei sonnacchiosi uffici della Questura romana, tra una brioche e un caffè corretto, era giunta sia pur ovattata l'eco dei disordini che due giorni prima avevano mandato a monte l'esibizione di Lou Reed al Palalido di Milano. Una quarantina di teen-agers, tute paramilitari e baschi neri di traverso, si erano impossessati dei microfoni e, dopo aver distribuito equamente sassate tra tutti i musicisti e « preso in ostaggio » uno degli organizzatori, avevano annunciato in un delirante proclama che « la musica rock uccide la creatività dei giovani ». Bella scoperta. L'unica soluzione era quella « totale »: spaccare tutto. Era il battesimo del fuoco dei commandos di «Situazione creativa », l'ultimissima invenzione delle centrali della provocazione nera che agiscono dà tempo indisturbate in Italia. Mentre Re Nudo e Stampa Alternativa, le due agenzie di controinformazione che si battono contro i « padroni della musica », impresari e discografici accusati d'arricchirsi alle spalle dei ragazzi, facevano appena in tempo a prendere le distanze da feddayn situazionisti, tacciandoli di fascismo, il cantante Lou Reed, carico di rimmel, ombretto e lustrini, giungeva a Roma con la sua ambigua corte di adulatori.
«Duemila pernacchie - promettevano
dalle fermate degli autobus i manifesti di Stampa
Alternativa - altro che duemila lire a biglietto! ». Questa volta per
rifarsi dello scacco di Milano, dove le era stato impedito di entrare al
Palalido, la polizia presidiava dall'interno con 250 agenti tutti gli ingressi
del palazzone di vetro e cemento. Quando, per l'azione congiunta di due
cortei di contestatori, alcuni cancelli vengono spalancati - misura più o meno
tollerata dall'organizzatore David Zard, che per calmare le acque quasi sempre
è lui stesso a far aprire i cancelli a tutti, a metà concerto - la pubblica
sicurezza comincia ad attaccare e a convergere verso l'affollatissima platea.
Fino a qualche mese fa la contestazione del « la musica è nostra e noi ce la
prendiamo gratis » indispettiva a tal. punto Zard da indurlo a minacciare
l'Italia di « embargo totale » della musica pop e rock; mentre da qualche
tempo tra le due controparti si è giunti a una sorta di non dichiarato gentlemen agreement: Voi non fracassate
niente e mi fate riempire almeno la metà dei posti, io mi impegno a non
chiamare la polizia e a far entrare dopo un po' anche quelli che non possono
pagare il biglietto. Questa volta, però, la strategia della non-violenza,
della contestazione verbale e della disobbedienza civile, non ha funzionato. Perché?
E' chiaro - sostiene Marcello
Baraghini, 33 anni, barba e capelli incolti, teorico della contestazione ai «
baroni della musica » e direttore di Stampa
Alternativa - gli strateghi della provocazione nera vogliono estendere la
tensione sociale all'ambiente della musica e dei giovani ». Dopo gli attentati,
i rapimenti, le rapine alle banche, i furti d'arte, sarebbe giunto il momento
dei -disordini negli stadi sportivi e nelle adunate pop? Certo, molti testimoni
oculari hanno riferito che il comportamento degli agenti di polizia dentro il
Palasport è stato a dir poco avventato. Molti poliziotti avrebbero sparato
decine di candelotti lacrimogeni contro le ampie vetrate del Palazzo. Un grosso
plotone poi, dopo essere penetrato all'interno, si attestava addirittura in
platea, e non certo per godersi lo spettacolo. Ma la scena-madre della
provocazione, a detta dei testimoni, iniziava alle 10,15, quando un gruppetto
di mestatori addetti a « scaldare l'ambiente » devastavano e saccheggiavano
il bar sovrastante le tribune, mentre la polizia che era lì a due passi
assisteva senza colpo ferire per una decina di minuti. Poi improvvisamente,
scattata chissà quale molla segreta, veniva l'ordine di attaccare. Sugli
ottomila ragazzi seduti ad ascoltare la musica degli String Driven Thing
piovevano centinaia di candelotti lacrimogeni, sufficienti in un locale chiuso
a causare lo svenimento per soffocazione: « Nel panico e nel fuggi-fuggi
generale è stato un vero miracolo - dice Baraghini - se non si sono dovuti
contare decine di morti e centinaia di feriti ». Fuori intanto i fuggitivi
venivano inseguiti fin sui prati, mentre con stridore di gomme e ululati di
sirene iniziava il « carosello » delle camionette.
Mentre è auspicabile che un'inchiesta
del ministero dell'Interno accerti le responsabilità dell'avventato attacco
della polizia al Palasport, disponendo sanzioni amministrative e per i fatti
più gravi denunciando all'Autorità giudiziaria i colpevoli, una domanda sorge
spontanea: a chi giova una simile preordinata
escalation del disordine? Una risposta forse la si può trovare ben
lontano dagli stadi sportivi o dai raduní pop, ed è abbastanza inquietante.
Qualcuno, ricorda che proprio in questi giorni è in discussione al Senato il
disegno di legge governativo sull'ordine pubblico, redatto lo scorso dicembre
dal ministro dell'Interno Gui dopo il noto « appello » di Fanfani per una «
esemplare stretta di freni » contro la criminalità comune e politica, assai severo
non solo con rapinatori ma. anche con manifestanti, detentori di « armi
improprie » (tra cui palline colorate, ombrelli e bastoni da passeggio),
organizzatori di adunate ecc. Contemporaneamente è in discussione alla
Commissione consultíva interparlamentare una riforma del codice di procedura
penale che segna un passo indietro per i diritti della difesa: la polizia avrà
licenza d'interrogare i « sospetti » senza avviso di procedimento né avvocato
difensore. Intanto, mentre Tanassi e la destra dc battono il chiodo fisso del «
fermo di polizia », prendono forma i provvedimenti studiati dal ministro
dell'Interno per rafforzare numericamente e funzionalmente l'organico delle
forze di PS, senza contare la violenza fascista e comune che non si elimina con
5000 uomini in più (già oggi abbiamo un agente armato ogni 80 abitanti), ma con
la concreta volontà politica di attuare le leggi costituzionali e ordinarie
oggi in vigore. Se inquadrato in questo mosaico politico, il « cui prodest »
della violenza dà una sola risposta: il Potere e la DC, dicono i portavoce dei
movimenti culturali e politici « alternativi ». « Fanfani voleva 50 morti ieri
al Palasport » ha sparato con un titolo a caratteri letraset un volantino dei
contestatori.
La constatazione che la violenza
non paga e serve solo ai fascisti sembra aver fatto breccia anche nelle
frange più dure dei ribelli della musica. La stessa Stampa Alternativa, che si definisce non-violenta e al massimo è per la
«autoriduzione » del biglietto d'ingresso e la disobbedienza civile, ed aveva
stigmatizzato il comportamento dei provocatori, s'è presa una strigliata dal
segretario del partito radicale, Gianfranco Spadaccia, che in un comunicato ha
rilevato la pratica alle volte contraddittoria di molti contestatori dei
concerti pop. « Non si può - notava Spadaccia - denunciare la musica dei
padroni come musica mercificata e alienante e poi pretendere di partecipare
alle loro manifestazioni a prezzi bassi o gratuitamente, tentando di
calmierare il mercato o minacciare di aprire con la forza i cancelli », Se il
rock è ormai una « sottocultura » prodotta dai persuasori occulti delle grandi
società discografiche, è contraddittorio chiederne la fruizione libera e
gratuita per tutti: basterebbe voltargli le spalle e dedicarsi alle altre forme
musicali, genuine e popolari, come il folk, e alternative, come il jazz. Non
ci sarebbe che l'imbarazzo della scelta.
0 Comments:
Posta un commento
<< Home