27 febbraio 2010

NUOVI CIBI per i futuro? Niente pillole: non le vogliono neanche gli astronauti.

alga spirulinaTECNOLOGIE ALIMENTARI
I NUOVI CIBI
Che cosa mangeremo nel futuro? La biochimica e le avanzate tecnologie di trasformazione stanno preparando qualche sorpresa. Dalla paglia al sangue di bue fino al tabacco, tutte le nuove e inusitate «fonti alimentari».

NICO VALERIO, Scienza 2000, luglio 1984
L’ultimo s.o.s. è di quelli che lasciano senza fiato. L'appello lanciato dalla FAO, dall' Organizzazione Mondiale della Sanità, da fondazioni private e da istituti di ricerca di tutto il mondo, riguarda la stessa sopravvivenza dell'uomo. Manca il cibo, e mancherà sempre più in futuro. Saremo, dal 2000, oltre 7 miliardi di individui: quasi il doppio della popolazione mondiale odierna. Chi e che cosa darà da mangiare al genere umano?
Proteine del futuro La quantità di alimenti vegetali e animali dovrà essere triplicata, di qui a sedici anni, per consentire almeno la sopravvivenza dell'uomo. La scienza delle previsioni, con i nuovi elaboratori della «quarta generazione», sta facendo passi da gigante sulla via dei nuovi scenari del «dopo 2000». E che cosa ha scoperto? Che quello del cibo del futuro è un enigma cruciale, capace di vanificare ‑ se fondato su ipotesi di lavoro errate ‑ i balzi in avanti da «stivale delle sette leghe» compiuti negli ultimi anni dalla scienza e dalla tecnologia degli alimenti.

La limitazione delle nascite
entomofagia Ai biologi e agli «ingegneri del cibo» si chiede ora di risolvere in laboratorio un problema che avrebbe dovuto essere evitato dai cosiddetti paesi «in via i sviluppo» dell'Asia, dell'Africa e del Sud America, con una drastica politica di contenimento demografico. Così auspicò più volte, a nome degli scienziati di un progetto Unesco, il professor Buzzati Traverso. Purtroppo, la limitazione delle nascite in quei paesi è insufficiente o addirittura avversata per motivi religiosi o con pretesti demagogici. Ecco, allora, acquistare rilievo il grande progetto tecnologico dei nuovi cibi dei futuro, capaci non solo di sfamare i milioni di bambini prodotti ogni anno, come carne da macello, da dispotici dittatori del Terzo Mondo; ma anche di offrire alternative ad un regime alimentare, come quello dei paesi super‑sviluppati d'Europa e d'America, sempre più limitato e monotono, e quindi carente dal punto di vista nutrizionale.
Bonbon di licheni oriente Siberia      Ci saranno le famigerate «pillole»? Le compresse alimentari sintetiche, con tutti nutrienti base racchiusi in un piccolissimo volume, continueranno ad essere pane quotidiano degli equipaggi dei film di fantascienza, sull'esempio di «Guerre stellari». Ma nella realtà della vita quotidiana il cibo totalmente sintetico non si userà, o sarà rarissimo e occasionale, perché il nostro organismo ha bisogno vitale di scorie abbondanti.
pomodoro nero sulla piantaEppure, c'è chi giura sul prossimo impiego di massa di alimenti di pura sintesi chimica, come il professor Nevin Scrimshaw, capo dei Dipartimento di scienza della nutrizione del mitico MIT, il Massachussetts Institute of Technology. Ad esempio, la «combinazione di Formosa» (glucosio riscaldato con formaldeide) con cianuro di idrogeno, per produrre mescole di amminoacidi; oppure la sintesi di acidi grassi da idrocarburi derivati dal petrolio; o ancora la destinazione del glicerolo ‑ che del resto si trova anche nel vino ‑ all'alimentazione umana, secondo i programmi della NASA, l'ente spaziale americano, come risorsa alimentare per i futuri coloni galattici. Mancano però studi approfonditi sulle possibili tossicità e sulle interazioni in caso di consumo abbondante e prolungato.
      Altri alimenti inventati verranno dalla sintesi genetica. In futuro la carne verrà sostituita da colonie di batteri (quasi l'80% di proteine, in peso). Il vantaggio è enorme. Un grosso bue di 500 kg, nutrito abbondantemente, dà appena mezzo chilo di proteine al giorno. Invece 500 kg di cellule microbiche daranno ogni giorno 1250 kg di proteine, con una riduzione di costo‑ pari a 12500 volte.
Cavolfiore con betacarotene e antociani      Sulle mense aziendali, negli ospedali, nelle comunità, interi menù saranno creati con le «biomasse», piante o organismi animali microscopici moltiplicati grazie ai processi di fotosintesi solare sulla terra o nel mare. Il loro gusto sarà neutro e la gastronomia farà quindi largo impiego di aromi e sapori di copertura. In Urss funziona da anni un impianto pilota che produce 100 mila tonnellate all'anno di biomasse alimentari essiccate. In Israele, a Eilath, dalle biomasse marine (alghe, plancton) si ottengono clorofilla, acidi grassi, steroidi, vitamine ed enzimi.

Le biomasse alimentari
Proteine nobili purissime saranno ottenute per sintesi successive utilizzando microorganismi allevati e nutriti con idrogeno fornito da impianti di elettrolisi idrica, sia tradizionale che nucleare. li professor Schlegel, dell'Università di Gottinga, ha già prodotto sperimentalmente alcune tonnellate-campione di proteine da microrganismi. Hanno un gradevole sapore di nocciola e possono essere conformate secondo l'utilità: in pasta da spalmare racchiusa in tubetti, in palline, a scaglie da usare come contorni e negli aperitivi ecc. Il tutto senza passare attraverso l'agricoltura. Quest'ultima, poi, sarà ben diversa. In certe colture-pilota la terra scomparirà. Lattughe e ravanelli cresceranno in cilindri rotanti mossi dall'energia solare, nutriti da soluzioni saline e vitaminiche di sintesi. 
      Inoltre, dalla paglia, dal legno e dalla cellulosa industriale si otterrà sperimentalmente ‑ grazie alla coltivazione degli enzimi presenti nello stomaco dei ruminanti ‑ proteina alimentare. E qualche decennio dopo anche l'uomo, forse, potrà nutrirsi di paglia e cellulosa, trasformandole in tessuto proteico.
Continueranno ad essere sperimentali gli alimenti estratti dal petrolio, dal gas metano, dal letame, dagli alcool etanolo e metanolo. Le bioproteine (lieviti e batteri monocellulari, non fotosintetici), presenti da millenni in molti cibi fermentati (yogurt, vino, formaggi, pane) avranno un grande sviluppo. La dieta normale sarà integrata da lievito di birra coltivato su culture di mais o di melassa di zucchero. Saranno ancora vietate per l'alimentazione umana, però, le bioproteine cresciute su derivati dei petrolio e sul letame, perché potenzialmente tossiche a causa.
      Si farà, invece, un largo uso di alimenti da estrazione, semi‑sintetici, ottenuti a partire da prodotti vegetali e animali tradizionali o dei tutto nuovi. Sotto forma di liofilizzati, condensati, estratti vitaminici e concentrati proteici, le capsule ripiene e le compresse alimentari continueranno a far gola, opportunamente aromatizzate, agli ingegneri e. agli scienziati che alloggeranno nelle navette spaziali dei prossimi decenni. Ma questo «cibo degli astronauti», nient'affatto sintetico, sarà sempre più diffuso e usato anche sulla terra. Sarà prodotto dalle grandi multinazionali alimentari in bustine, barattoli e cachet di facile trasporto e di minimo ingombro, sarà venduto in farmacia e nei supermarket; verrà consumato sempre più non solo dagli escursionisti del cielo ma anche dagli sportivi professionisti, dagli amanti del trekking, dagli esploratori, perfino dai gitanti della domenica e da alcune categorie di malati.
      I processi tecnologici prevarranno sulle sostanze di origine. Il processo di liofilizzazione, ad esempio, sarà riservato ai prodotti vegetali più deperibili o costosi, a causa degli alti costi che solo l'energia solare potrà abbassare. Il congelamento a ‑30 ‑60°C in recipienti nei quali la pressione è ridotta a meno di 100 micron, e la conseguente sublimazione dell'acqua congelata, assorbono infatti molta energia. Non solo ortaggi come cipolle, carote, funghi, patate, e succhi di frutta, ma anche l'aceto e un nuovo tipo di burro magro (solo il 40% di grassi) potranno viaggiare liofilizzati dal produttore alle nostre tavole senza subire deterioramenti. Le serre e le primizie saranno allora inutili? Quel che è certo è che saranno diffusi i vegetali a coltura idroponica o aerea, meglio se in varietà giganti straricche di vitamine C e A. I surgelati, invece, non si diffonderanno come si riteneva anni fa: avranno un costo troppo alto. In compenso saranno surgelati il ,pane e tutti i dolci da forno, compreso il cornetto dei bar.
      Anche il processo di estrusione-cottura verrà esteso; ma avrà il vantaggio di richiedere poca energia. Miscele di farine di cereali, di proteine estratte, di farine di soia e altri legumi, condimenti e dolcificanti, saranno introdotti a secco in trafile forzate, alla pressione di 100 atmosfere e alla temperatura di 150°C, dove cuoceranno senza acqua utilizzando la propria umidità naturale del 15-20%. L'improvvisa caduta di pressione, all'uscita dei percorso, farà «lievitare» la miscela facendole assumere la forma voluta. Non solo biscotti di nuova concezione e alimenti iperproteici per l'infanzia e per lo sport, ma anche «bistecche vegetali» potranno essere ottenute con questa nuova tecnologia, visto che la cottura‑estrusione modifica la struttura delle proteine vegetali (soia, lupino, favino, girasole) rendendole plastiche e fibrose come la carne.

La decadenza della carne
La carne, infatti, sarà sempre più costosa e apparirà sempre più raramente sulle nostre tavole. Anche il latte e le uova, come i grassi d'origine animale, cominceranno per diventare cibi sporadici. Andranno di moda il latte e il formaggio vegetale di soia (tofu), appena più insipidi ma ugualmente ricchi di proteine. Perfino la cara mozzarella sarà fatta di sole proteine e grassi vegetali. Mentre un ettaro di terreno coltivato a soia darà circa 500 kg di proteine (vegetali), lo stesso terreno utilizzato per l'allevamento di bovini potrà produrre soltanto 40 kg di proteine da carne, oppure 65 kg di proteine da latte. Anche il fagiolo, come tutte le leguminose, vivrà la sua epoca d'oro, con i suoi 240 kg. di proteine per ettaro.
      Il cibo futuro, quindi, è vegetale; il commensale-tipo e, a maggior ragione, il frequentatore ideale degli snack bar e delle tavole calde del prossimo millennio, saranno tendenzialmente vegetariani, come i loro più antichi progenitori. Impasti anonimi, farce industriali, ripieni da pasticceria, saranno costituiti da farine miste di cece, fava, favino, fagiolo, soia, lupino e cicerchia, opportunamente aromatizzate, integrate con amminoacidi e private dei loro principi antiproteici, delle anti-tripsine e dei glucosidi. Nei fast food, le tavole calde all'americana, sarà il trionfo della proteina verde, sia pure celata e mimetizzata dai «gusti» più diversi: formaggio, prosciutto, caviale, salmone. Ma i componenti proteici di base saranno sempre gli stessi. Per le micoproteine, le proteine tratte dai funghi, esiste già un brevetto inglese: la «myco-beef» della Ranks Hovis McDougall.
      Spariranno del tutto, a maggior ragione, le acquose e insipide carni di vitello giovane («da latte») richieste quasi unicamente in Italia, da consumatori viziati e disinformati, e così anche le carni da allevamento di animali giovanissimi (pollastri, piccoli agnelli ecc). Il consumatore preferirà, per le sempre più rare occasioni, una carne più rossa, più ricca di proteine e nel contempo meno ricca d'acqua, di ormoni e di farmaci da allevamento. Polli «nudi», senza piume e più muscolosi, e tacchini giganti di 15 kg costituiranno il raro cibo carneo del futuro. Le creme di formiche, cavallette, termiti e lombrichi, su cui si appunta di solito la curiosità dei lettori, non avranno ancora un vero mercato: saranno soltanto delle curiosità, da «gustare» una volta tanto.. In quanto alle uova, si cominceranno a consumare anche quelle dei volatili finora meno utilizzati, come anatidi, piccioni, tortore e quaglie.
      All'uscita dei nuovi allevamenti, impianti di surgelazione e di liofilizzazione smisteranno ovunque «uova sgusciate» allo stato solido e anidro, oppure «concentrato d'uova» in tubetto, dato che i gusci saranno imputati dalle autorità sanitarie governative di costituire un ideale veicolo di diffusione della salmonellosi.
Pesci, molluschi e crostacei, al contrario, saranno molto più frequenti nei nostri piatti del futuro. Già ora le farine ittiche conferiscono tenore proteico elevato ed alta digeribilità ai mangimi bilanciati per gli animali di terra. Fra pochi decenni le farine di pesce ‑ e sempre più spesso anche di pesci oggi considerati «non commestibili», velenosi o dal gusto sgradevole, come certi pesci di profondità ‑ saranno la base di partenza per numerose preparazioni alimentari. Sformati, salsicce, polpette, wurstel, bistecche «di mare», perfino biscotteria e dolci d'ogni tipo (compresi i gelati, sempre più diffusi dal prossimo millennio), conterranno proteine animali marine de‑aromatizzate e denaturate. La «marin-beef», fin d'ora prodotta in via sperimentale dalla società giapponese Nigata, è costituita da farina di pesce strutturata in fibre, come la fettina di manzo. Nel futuro, infatti, l'occhio vorrà essere ingannato. Il menù sarà tutto un trompe-l'oeil futurista.
      L'acquacoltura invaderà ‑ si spera, senza degradarle ‑ le lagune salmastre e costiere, ì laghi, i ruscelli e le aree marine, come è emerso dai lavori della Conferenza mondiale sulla pesca tenutasi alla FAO nell'ottobre dello scorso anno. Spigole, orate, storioni, gamberi e gamberetti d'ogni tipo, anguille e salmoni, saranno seminati artificialmente e «coltivati» dall'uomo. Canada, Giappone Unione Sovietica saranno all'avanguardia nella produzione controllata e nel l'offerta dei cibo ittico coltivato. Il panino farcito con pasta di gambero e la frittata di orata saranno in ogni snack bar alla portata dì tutte le borse.

Alghe invisibili
Per i nuovi cibi proteici d'origine marina, le alghe saranno indispensabili Mentre anni fa la moda delle alghe intere, dì grande taglia (nori, wakame, kombu ecc), imposta dalla macrobiotica, oltretutto a caro prezzo, non ha avuto successo per il discutibile gusto delle preparazioni tradizionali giapponesi, il futuro ci riserva pietanze e gallette in cui le alghe, per lo più microscopiche, non saranno riconoscibili come tali, né al gusto né alla vista. Crackers a base di spirulina maxima e s. platensis, un batterio verde capace di funzione clorofilliana, fatto a spirale, della lunghezza di appena due decimi di millimetro, avranno gusto e aroma gradevoli, oltre ad un contenuto proteico elevatissimo, acidi grassi essenziali e vitamine. Questa curiosa alga è già ora coltivata sperimentalmente dalla Montedison, a Novara, e dall'Istituto Nazionale della Nutrizione. «La produttività proteica della spirulina, che si presenta sotto forma di una massa leggera come purea sulla superficie dell'acqua, è 100 volte superiore a quella del grano, da 500 a 1000 volte maggiore di quella degli animali da pascolo» afferma il professor Bruno Bertolini, ordinario di istologia ed embriologia all'Università di Roma.
      Il sapore è ottimo e dovrebbe ricordare la carne. Già gli Atzechi la utilizzavano per preparare una salsa con pomodoro e peperoncino, detta «chimolli», con cui condivano il granturco. Anche gli indigeni del lago Ciad, in Africa, dopo averla essiccata in gallette, la usano per scopi analoghi. Oltre il 50% del suo peso secco è costituito da proteine di buon valore biologico, tra quelle dei legumi e quelle della carne, e ben digeribili. Le salsicce, le creme e le polpette del futuro ne conterranno sicuramente buone percentuali. A Rehovot, in Israele, si sperimenta anche l'alga «dunaliella», digeribilissima perché priva di pareti cellulari, e un'alga verde ricca di glicerolo (glicerina), l'alcool dolce che sarà nel nuovo millennio uno dei nutrienti d'emergenza più innocui, e ben l'8% di betacarotene (pro-vitamina A).
      La ricerca di nuove fonti alimentari ha portato vari enti di ricerca scientifica a puntare gli obiettivi dei microscopi sul tabacco. Destinato ad un progressivo calo di utilizzazione come erba da fumo, il tabacco sarà in futuro un'ottima fonte proteica, per di più di alta resa. Le foglie della Nicotiana tabacum sono prive di nicotina prima della sesta settimana, cioè fino a che il fiore comincia a formarsi. Il professor S.W. Wildman, dell'Università di California, ha scoperto che le proteine della varietà «Virginia Bright» possiedono un tenore di amminoacidi che si situa tra quello delle uova e quello della soia, come ha confermato il professor Paolo Fantozzi, ordinario di Tecnologie alimentari presso l'Università di Perugia, incaricato dal CNR di un'apposita ricerca («Recupero di proteine da scarti di lavorazione del tabacco»).
      La «frazione I » della proteina dei tabacco, isolata dai ricercatori del CNR, rappresenta da sola il 30% di tutte le proteine fogliari della nicotina varietà Virginia Bright, molto coltivata in Italia. E' proteina pura, priva di grassi, zuccheri, ioni calcio e potassio, e anche di purine e di basi pirimidiniche. «Potrebbe essere utilizzata ‑ suggerisce il professor Faritozzi ‑ negli alimenti dietetici ipocalorici o iperproteici, come additivo nelle bibite analcoliche per aumentarne il valore nutrizionale, per sostituire addirittura il latte nei casi di intolleranza al lattosio, nelle diete di pazienti con insufficienze renali e gastro-enteriche. Ovviamente, bisognerà garantire la purezza assoluta, cioè l'assenza di nicotina o di polifenoli».
      Condotta e conclusa in sordina (a tre anni dalla conclusione, non sono state ancora diffuse le relazioni scientifiche finali), la grande ricerca del CNR sulle nuove fonti proteiche e sulle nuove formulazioni alimentari del futuro, coordinata dal professor Corrado Cantarelli, dell'Istituto di tecnologie alimentari dell'Università di Milano, ha sollevato curiosità e aspettative, grazie alle sintetiche relazioni parziali diffuse tra la stampa scientifica. Sempre con un occhio puntato alle possibilità agricole italiane, il progetto ha indicato e sperimentato alcune linee di ricerca, costruendo ed avviando anche i relativi impianti‑pilota di separazione, concentrazione, fermentazione ecc.
      Dalle leguminose da granella (fava, favino, lupino, cece, pisello) si sono ottenuti concentrati proteici del 60-70%, con rese del 30‑35% della farina di partenza. I solventi (per lo più si trattava di anidride carbonica CO2 liquida, non tossica) hanno permesso di eliminare o ridurre il tenore di glucosidi (vicina e convicina) responsabili in alcuni individui del «favismo». Per isolare la proteina si è usata spesso la via umida, basata sulla estrazione alcalina e poi sulla coagulazione «a pH isoelettrico». In quanto al lupino dolce, si è provato che è direttamente utilizzabile come farina nelle normali preparazioni gastronomiche (focacce, purea, dolci), mentre quello amaro esige una complessa tecnologia d'estrazione oleosa e di deamarizzazione.
      Altri principi nutritivi di grande valore biologico sono stati estratti dalle foglie di erba medica, favino, colza, pisello e giacinto d'acqua. In alcuni casi, però, come nell'erba medica, è stato isolato un fattore che inibisce l'enzima proteasi e ostacola l'assorbimento degli amminoacidi. Dal sangue ottenuto dalla macellazione, poi, l'équipe del professor Quaglia ha ottenuto sottoprodotti da valorizzare come complementi alimentari dei 2000: concentrato proteico di plasma, globina e lisati incolori, tutte sostanze ricche di proteine, che in futuro si potranno usare nelle preparazioni gastronomiche e alimentari industriali al posto delle uova o del latte. Dalle analisi è risultato che il tenore in amminoacidi del sangue da macellazione e del plasma è paragonabile a quello dell'uovo. Le prove gastronomiche hanno evidenziato un uso ottimale del plasma in sostituzione della carne nella preparazione di salumi come mortadella e wurstel.

Pane e sangue di bue
E’ stato interessante apprendere che tutti i concentrati proteici nuovi, inventati dai ricercatori dei CNR, sono stati impiegati con successo per confezionare in scala sperimentale prodotti alimentari di largo consumo, veri e propri prototipi di quei cibi del futuro di cui abbiamo parlato. Il pane, ad esempio, è stato migliorato con l'aggiunta al 3% e al 5% di concentrato proteico di plasma bovino, ottenendo un prodotto non solo più ricco sul piano nutritivo ma anche più soffice e sviluppato, per l'aumento della ritenzione dei gas all'interno delle pagnotte, e meno deperibile. Chi avrà il coraggio di spiegare al pubblico del 2050 che la bontà dei loro pane è dovuta all'aggiunta di sangue nell'impasto?
      Con l'ausilio tecnologico della IBP, inoltre, il CNR ha sperimentato vari tipi di paste 'alimentari secche, arricchite con le nuove proteine appena isolate e provate. Spaghetti di semola col 10% di concentrato proteico di favino decorticato; fettuccine di grano tenero col 20% di concentrato proteico di lupino; maccheroni fatti con farina di rotture di riso, grano tenero, latte in polvere, sieroproteine; pasta di semola migliorata col 6% di concentrato proteico di plasma bovino (per l'aspetto simile alla farina di castagne).
Chi ha visto ed assaggiato queste pastasciutte «corrette» del 2000 assicura che hanno lo stesso aspetto esteriore e forse un sapore ancora più gustoso. Sono stati provati anche biscotti col 50% di farina di germe di mais (15% di proteine) o con farina di girasole (60% di proteine) al posto delle uova; o coi 50% di biomassa di lieviti cresciuti su un substrato di amido di patata. All'assaggio, una cronista scientifica esperta di cucina li ha definiti «discreti». Con successo di commensali e di critica gastronomica, presso il CNR sono stati anche provati degli hamburger avveniristici col 20% di proteine di soia reidratate; wurstel al 2% di latte magro in polvere, senza polifosfati; insaccati di carni di cavallo ed estratti di soia; omogeneizzati ‑ realizzati sperimentalmente dalla Plasmon ‑ coi 16,5% di concentrato di favino.
      I ricercatori italiani hanno anche inventato di sana pianta, aiutandosi coi computer, nuovi prodotti «ottimizzati» nutrizionalmente e li hanno poi fatti assaggiare ad un gruppo di gastronomi, scienziati e giornalisti scientifici: zuppe disidratate di piselli, cipolle, minestroni, paste ottenute con favino e girasole e proteine bilanciate con un pool di amminoacidi essenziali conformi allo schema FAO; merendine bilanciate ottenute da fonti totalmente alternative, dal gusto alquanto singolare e di non facile accettabilità (però la IBP li commercia già, per prova, in Arabia Saudita); gustosi salatini da cocktail bilanciati e arricchiti fino al 20% da proteine ottimizzate.

La fantasia conservatrice
Le nuove fonti proteiche del futuro, insomma, hanno mostrato di potersi sostituire vantaggiosamente a quelle tradizionali, destinate a scarseggiare sempre più. In particolare, come ha notato il professor Claudio Peri, responsabile del sotto-progetto «Nuove formulazioni alimentari» del CNR, le proteine dei favino (una fava più piccola molto proteica) sostituiscono benissimo quelle dei latte, sia dal lato funzionale che organolettico, in prodotti da forno, paste e omogeneizzati. Le proteine del girasole entreranno nella formulazione di «snack espansi per estrusione» e di prodotti solubili ed “istantaneizzati” da colazione. Le proteine di germe di mais, invece, possono essere usate come sono, una volta estruse, come snack dolci o salati, oppure usati come ingredienti di ripieni in prodotti carnei. Anche le proteine di siero di latte, di cui l'Italia è tra le nazioni massime produttrici, si prestano ad efficaci e gustose sostituzioni in tutti i campi alimentari. Soltanto la «filatura»  (texturization) delle proteine alternative in vere e proprie fibre simili a quelle carnee, un po' come si è fatto in America con la soia, sembra ‑ lamenta il professor Peri ‑ in ritardo sui programmi per la sperimentazione di prodotti simil-carnei, salse e precucinati dei futuro.
      Chissà perché ‑ ha notato qualcuno ‑ i magici dottor Caligari che nel chiuso dei loro gabinetti scientifici sintetizzano i nuovi cibi si riducono poi ad imitare le forme e i gusti dei cibi tradizionali, in un mimetismo conservatore ignoto ai nostri antenati (i quali inventavano, eccome), anziché lasciare andare a briglia sciolta la loro creatività scientifica, o lasciarsi guidare dagli abbinamenti casuali, come certamente accadeva in passato. Ma forse la natura è più innovativa degli scienziati che vogliono imitarla.
      Se è vero comunque, che tra i cibi attuali dell'immediato futuro, tra gli alimenti d'uso quotidiano dopo il 2000, non ci sarà ancora la crema di lombrico rosso da spalmare su tartine proteizzate al sangue di bue, né l'arrosto di gallette di carne di termiti, del resto abituale da secoli in certe tribù d'Africa, né tantomeno una manciata di pillole colorate; è però vero che i nuovi cibi del nuovo millennio sembrano uniformarsi ad una linea di tendenza scientifica e sperimentale. Avremo finalmente, a causa della scarsità e della fame, il primo regime alimentare razionale nella storia dell'uomo? Chi vivrà vedrà.
NICO VALERIO

IMMAGINI. Spirulina, proteine isolate, licheni della Siberia, insetti, pomodoro nero, cavolfiore con betacarotene e antociani.