VOODOO. Riti magici e canti misteriosi tra gli ex-schiavi negri di New Orleans.
MISTERO E MAGIA NERA ALLE ORIGINI DEL JAZZ
QUI CONGO SQUARE:
C’È IL VOODOO
Riti magici, malefici e delitti? A New Orleans il voodoo è stato ben altro: danze orgiastiche, tam tam ossessivi, musica sincopata, versi misteriosi e contorsioni di negri posseduti da un demone. E' cosí, scusate se è poco, che nasce la musica jazz.
di NICO VALERIO, Teknos, dicembre 1996
Un pupazzo trafitto da spilloni, ecco quello che viene in mente a noi italiani, che ben conosciamo gli antichi riti popolari del 'malocchio' nel Sud, al solo pronunciare la parola "voodoo". Magia nera, riti segreti che spesso nascondono veri e propri delitti, secondo un immaginario collettivo ben rappresentato da articoli di cronisti e relazioni di agenti di polizia. A Creta, una coppia di fidanzatini italiani - dediti, si dice, a pratiche voodoo - viene trovata senza vita sulla spiaggia. A Roma una prostituta nigeriana è uccisa da una connazionale, anch'essa schiava di una setta esoterica che ricorre alla magia voodoo delle Antille. E lo stesso in altri casi recenti. Due anni fa, a New Orleans, seconda capitale del voodoo dopo Santo Domingo, un negro mediocre trombettista di rhythm & blues ma diabolico mago voodoo è sospettato di aver plagiato, rapito e chissà addirittura ucciso l'italiana Ylenia Carrisi, figlia dei cantanti Al Bano e Romina Power.
Possibile che il voodoo sia legato solo a malefici e delitti? Non è cosí, naturalmente. Anzi, alcuni aspetti dei misteri voodoo hanno avuto un peso e che peso nella etnologia e nella storia della cultura. Trasferiamoci nella New Orleans di 100 anni fa, grazie a una precisa ricostruzione antropologica, e ne vedremo delle belle.
E' domenica pomeriggio e noi seguiamo il corteo di negri che spontaneamente convergono verso la grande spianata di Congo Square, oggi Beauregard Square. E' lí che c'è lo spazio riservato alla musica in piazza, alle danze, ai divertimenti. In giro non c'è un solo bianco, neanche a pagarlo. In lontananza i poliziotti vigilano discretamente. Siamo nel 1880. Man mano che ci avviciniamo al centro del parco dove si è accalcata la folla dei negri, il ritmo ossessivo dei tam tam si fa piú forte. I tamburi dialogano tra loro e ora possiamo vederli centinaia di negri, donne e uomini, ballano e si agitano in modo epilettico, tremando e scuotendo braccia e gambe scompostamente. I canti, le urla, le voci di richiamo, si intrecciano da un capo all'altro dello spiazzo erboso. Siamo al culmine della festa.
Enormi tamburi tam tam ricavati dai barili da petrolio e chiusi da pelle di vacca, le bamboulas, vengono percossi selvaggiamente con pesanti femori di bue. Fino a pochi anni fa erano di canna di bambú. Di lontano il brusio cupo di centinaia di tamburi d'ogni dimensione e tonalità colpiti incessantemente assomiglia al lungo rimbombo del tuono che preannuncia il temporale. I ballerini, intorno ai percussionisti, si contorcono e danzano con furore dionisiaco il ballo della bamboula.
"Sembrano posseduti" riferisce lo scrittore H.E. Durrell, dopo averli osservati a lungo. La testa è rovesciata all'indietro, come in trance, oppure è reclinata sul petto; gli occhi sono chiusi o spalancati con furore; le braccia si agitano ritmicamente e percuotono in modo ossessivo le cosce. Ai tempi di Congo Square, questa danza africana è diffusa anche nella Martinica, nelle Isole Vergini e nella zona del Rio della Plata. Ancor oggi ha un certo seguito ad Haiti. E' molto simile a un'altra forma di danza, anch'essa popolare a Congo Square, la calinda, il cui nome secondo il musicologo H. E. Krehbiel deriva dall'espressione spagnola Que linda!, cioè "Che bella". Questa danza viene proibita nel 1840 perché "indecente": i ballerini seminudi danzano in gruppo, reggono in mano bastoni rituali, mimano combattimenti e forse anche gesti sessuali.
Fatto sta che il missionario francese Père Labat che la vede ballare nella Martinica, ne resta scandalizzato. Tuttavia, la calinda viene ballata ancora per decenni, clandestinamente. Ma torniamo al centro del parco di Congo Square, di domenica pomeriggio. I flauti di canne di bambú danno una melodia neniosa e approssimativa. I break sono segnati battendo delle ossa l'una contro l'altra. Una mascella d'asino, completa, dà un suono secco quando viene agitata in aria: lo strumento si usa ancora in America Latina (guajira, cioè 'rude' o 'rustico' nel dialetto di Cuba).
Strane nenie ripetute, gridi misteriosi, canti rituali delle antiche tribú dell'Africa occidentale, soprattutto del Dahomey, da cui provengono gli schiavi preferiti dai proprietari terrieri della Louisiana quasi tutti francesi e cattolici risuonano ogni domenica pomeriggio in Congo Square. E anche i neri della feroce tribú degli Arada sono qui: sono proprio loro gli originari cultori delle magie del vodum (voodoo). Cantano a voce bassa: "Pov piti Lolotte à mouin", riferisce lo storico del jazz Barry Ulanov. E poi ancora: "Pov piti Lolotte à mouin", piú forte e piú chiaro, un verso ripetuto come la prima strofa di un blues. Poi due volte di seguito: "Li gagnin bobo, bobo"; la seconda volta con una coda: "Li gagnin doulé". Quindi ancora la prima strofa cantata due volte e, infine, "Li gagnin bobo, Li gagnin doulé". Frasi dal significato sconosciuto ai profani, ma dall'indubbio effetto suggestivo e ipnotico sui danzatori e sugli spettatori neri. Questi ultimi, disposti in cerchi magici attorno a ogni suonatore di tamburo, presi da raptus, cominciano a ondeggiare e a muoversi istintivamente al tempo di quello strano ritmo.
Il voodoo, insomma, è la tradizione meglio conservata dagli immigrati africani provenienti dall'Ovest del Continente nero, sia a New Orleans sia ad Haiti. E c'è un motivo. Il lassismo, la morale pigra del laisser faire o "lasciar correre", che caratterizza la comunità cattolica meno intransigente nonostante i padri Labat di quella protestante anglosassone. I padroni cattolici della Louisiana sono piú severi nel rispetto della forma, ma si curano poco delle anime dei loro dipendenti, nota M. Stearns, e tollerano come uno sfogo salutare quel paganesimo sensuale e iniziatico dei riti voodoo, purché lo si rivesta ipocritamente di un po' di cristianesimo e di qualche panno. E gli immigrati o i figli degli immigrati del Dahomey cantano ora il nuovo dio cristiano non diversamente da come avevano cantato gli spiriti buoni o malefici delle loro foreste dell'Africa, osserva J.E. Berendt.
Gli strumenti, i ritmi e i balli dei lavoratori neri in Congo Square si ritrovano in seguito nell'America centrale e meridionale, dove danno origine alla rumba, alla conga, alla samba e al mambo, ballati, suonati e cantati in circolo ovunque.
"L'effetto di Congo Square fu doppiamente sentito nel jazz - sostiene Ulanov - prima direttamente quando filtrò nei tonks e nelle bettole, nei salotti e nelle sale da ballo di Storyville (il quartiere delle prostitute, NdR), poi indirettamente quando i suonatori di be bop andarono a Cuba a rivendicarne l'antica eredità". E come il voodoo si era perpetuato piú a lungo in Louisiana, a New Orleans, in area franco americana, ispano americana, e comunque cattolica, cosí la musica jazz si matura piú rapidamente e in modo piú compiuto nelle stesse zone. Gli shouts, le grida dei neri simili a un canto, i canti di lavoro, il country blues o blues contadino, la tradizione europea delle "arie d'opera" e della musica strumentale da circo e da banda militare, il ragtime, i gospel songs, si amalgamano con il percussivismo orgiastico e l'ossessione voodoo di Congo Square, dando luogo verso il 1916 circa a una nuova matura forma d'arte musicale, il 'Jazz'" (jazz dopo il 1920).
I creoli, cittadini di sangue misto, che sono l'élite culturale della società "non bianca" di New Orleans, sono i primi grandi interpreti di questa sintesi, con Morton, Picou, Celestin, Tio, Robichaux e molti altri musicisti, seguiti dai neri e dai bianchi. Il jazz nasce sudista? Senza dubbio. Lo stesso "stile Dixieland", con cui il jazz è noto a Chicago, prende nome dalla celebre canzone "Dixie's Land" che era stata anche l'inno delle truppe sudiste, o dalla "Dixie Line" che i geografi J. Dixon e C. Mason avevano tracciato per dividere Pennsylvania, Maryland e Virginia. Ma secondo altri quante coincidenze deriva dal biglietto di banca da 10 dollari ("Dix", in francese, era riportato sul retro) che aveva corso nel sud degli Stati Uniti. Insomma, proprio là dove, dai riti magici tuttora misteriosi del voodoo antico, era sorto il jazz.
NICO VALERIO
JAZZ. Clifford Brown del 1953 in un’incisione a Parigi. Clifford Brown (trumpet), Henri Renaud (piano), Jimmy Gourley (guitar), Pierre Michelot (bass), Jean-Louis Viale (drums), in No Start, No End.
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