06 agosto 2014

ITALIANI lamentosi. La crisi finirà? Così parlò il vecchio della montagna.

Fitz-Pirillo IL VECCHIO SAGGIO DELLA MONTAGNA.

Mi sono inerpicato sù per rocce e ghiaioni fino alla sua caverna, nascosta appena sotto la vetta sempre battuta dai venti, e ho intervistato il “vecchio della montagna”.

Mi ha detto che non è facile, è vero, ma neanche impossibile risolvere la crisi italiana. Non è una crisi “contro gli Italiani”, ma la “crisi degli Italiani”, ha detto. L’economia, anzi “la vita”, come la chiama lui, comincerà a ripartire quando gli Italiani non saranno più quel popolo di depressi che sono, che par che godano o ci guadagnino qualcosa a lamentarsi.

E di conseguenza la crisi “comincerà a finire” solo quando i cinici giornalisti italiani (“che mascalzoni”, ha detto *), non apriranno più tutte le prime pagine di giornali e telegiornali con notizie studiatamente negative sul “tracollo dell’industria”, la “decadenza”, la “crisi”, la “depressione”, il “deficit”, il “debito pubblico”, la “recessione”, addirittura la “fine” dell’Italia.

Ma perché lo fanno, Maestro? gli ho chiesto fingendomi ingenuo. Non sono mica “ribassisti” di Borsa che giocano al ribasso dei titoli per acquistarli a meno! Infatti, neanche loro ci guadagneranno, ha risposto il Gran Vegliardo: la depressione psicologica da loro alimentata si ritorcerà anche contro di loro stessi. Lo fanno solo per “vizio professionale dei giornalisti italiani”. I direttori spiegano ai praticanti che solo le notizie brutte pagano, ovvero si fanno leggere, e quindi danno soldi (di pubblicità) alla proprietà, e quindi anche ai giornalisti. E questo vizioso meccanismo è vero ovunque, ma specialmente nella masochistica Italia, dove trova il suo terreno ideale. Non dimenticare che è da sempre – antichi Romani esclusi – la Nazione più lamentosa e autolesionista del Mondo, perfino più dei Greci, degli Argentini, dei Brasiliani.

Ma quante speranze abbiamo, Maestro? Ne abbiamo, ne abbiamo… Quante e quali non te lo posso dire. Ti dico solo che quando l’ultimo lamentoso menagramo italico – ha concluso il vecchio saggio, masticando distrattamente un filo di paglia – avrà deciso, perché stanco, malato o moribondo, di non lamentarsi più, di non vantarsi per scaramanzia superstiziosa o scempiaggine della propria o altrui “miseria” (come nei “tempi felici” erano soliti fare – ti ricordi? – solo quattro categorie di Italiani, per questo prese in giro da tutti: i pescatori, i contadini, i cacciatori e i mercanti), solo allora le cose cominceranno a volgere al bello. Ma ora devi lasciarmi, perché sta per iniziare il tramonto.

Così parò il vecchio della montagna. E prima che iniziasse il tramonto, mi sono scapicollato giù per dirupi, crode, massi ed erbe ispide per fare in tempo a dirvelo...

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(*) E se cambiassimo direttori dei telegiornali e questa mentalità stupidamente scandalistica? Non è possibile che con grande enfasi e senza nessuna mestizia da parte delle annunciatrici (anzi, sembra di leggere toni di compiacimento) tutti i telegiornali aprano oggi, 6 agosto 2014) il sommario con la notizia della "recessione" tecnica constatata dall’Istat. Non lo sanno che questo, oltre a non essere minimamente utile ai cittadini, li deprime ancora di più e disincentiva ancora di più gli investimenti esteri? Nessuna censura, per carità, ma almeno un codice di autoregolamentazione nel trattare se non altro i titoli di una materia delicata come l'economia, che influisce immediatamente su Borsa e investimenti? Ho monitorato negli anni diversi giornali e telegiornali stranieri (inglesi e francesi), ebbene nessuno in casi analoghi è solito compiacersi morbosamente di “urlare” una notizia capace di influenzare i mercati in apertura. Questo si chiama masochismo, ricerca del “tanto peggio, tanto meglio”, un tenebroso “cupio dissolvi”. Del resto i giornali rappresentano i loro lettori.

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IMMAGINE. Per sdrammatizzare, ecco una vignetta in cui il “vecchio della montagna” risponde ironicamente, da par suo, a chi è arrivato fin lassù per interrogarlo: “Non dirmi che ti sei arrampicato fin quassù senza aver prima provato a cercare su Google…!” (dis. di Fitz Pirillo).

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JAZZ. Il trombettista dell’hard bop Kenny Dorham nell’album Short Story, registrato a Copenhagen il 19 dicembre 1963. La formazione: Kenny Dorham (tp), Allan Botschinsky (flh). Tete Montoliu (p), Niels-Henning Osted Pedersen (b), Alex Riel (ds).

1 Comments:

Anonymous RdR said...

Ascoltando Radio 24, la radio di Confindustria, è dal 2008 che c'è un martellamento continuo, quasi ossessivo, sulla crisi economica. Meno male che gli imprenditori dovrebbero essere ottimisti. Ma anche le trasmissioni di evasione, turismo, gastronomia e quant'altro non fanno che battere, magari con ironia, ma sempre su questo tasto.

7 agosto 2014 alle ore 02:26  

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