10 aprile 2014

COSTUME. Gli Inglesi ci sbeffeggiano. Per il nostro bene. O è rivalsa millenaria?

Berlusconi gioco Guardian che pena dargli 2014 Gli Inglesi, forse per riconoscenza, ma anche per rivalsa, sembrerebbe, avendoli noi in tempi antichi sottratti alla rozza vita nelle capanne e alloggiati in palazzi di pietra e marmo, come andava recriminando Mussolini quando se la prendeva con la “perfida Albione”, hanno verso gli Italiani un atteggiamento paternalistico e pedagogico. Diciamo che si prendono molta, troppa confidenza. Perché, si sa, loro, gli anglosassoni, hanno sempre ragione, sono come un popolo superiore, improvvisamente diventato “civile”, civilissimo, il modello di civiltà.

Già nell'800 ci osservavano per "migliorarci", e infatti criticavano giustamente le ignobili carceri dei Borboni. Perfino gli aristocratici siciliani scappavano a Londra, per sfuggire alle ottuse prepotenze del Regno delle Due Sicilie (*). Già allora era “per il nostro bene”, apparentemente, com’è tipico del complesso di superiorità delle democrazie anglosassoni. Ed effettivamente, le loro navi, ormeggiate davanti a Napoli e a Palermo, e i fondi raccolti in Gran Bretagna tra le comunità ebraiche, protestanti e massoniche, furono fondamentali per la spedizione dei Mille, per la caduta d’un regno corrotto, ottuso e crudele, per la nostra indipendenza e Unità. Senza contare che lì, nel Regno Unito, andava ad aggiornarsi il nostro grande Cavour, o andava a rifugiarsi il nostro Mazzini, dopo aver mandato allo sbaraglio in rivolte impossibili chissà quanti giovani, o andava a pavoneggiarsi davanti alla Regina Vittoria il nostro Garibaldi. Sempre lì si andava a sbattere, perché gli Inglesi, già allora, si facevano molto i fatti nostri. Del che li ringraziamo molto. Però sorvolavano da buoni nazionalisti patriottici sulla loro storia sanguinosa piena di delitti e intrighi (ma è perché Shakespeare doveva essere italiano, ovvio…), sul fanatismo religioso, sulle idee schiavistiche che perfino i loro politici liberali avevano (a differenza dei nostri ignoranti e reazionari pescatori e contadini).

Poi, certo, noi Italiani della decadenza – quanto diversi dagli antichi Romani – non bastando l’abiezione di aver perso il senso della Patria e l’essersi abituati vilmente alla schiavitù con l’utilitarismo opportunistico del contadino (“O Franza o Spagna, purché se magna”), non bastando il teatrino da strada, le maschere Arlecchino e Pulcinella e l'Opera buffa, abbiamo insistito ad avvalorare anche in politica lo stereotipo dell'Italiano buffone, tracotante e autoritario senza essere autorevole: Mussolini, l’Uomo Qualunque, la Lega Nord, il Berlusconismo e ora il Grillismo.

Berlusconi quale pena gioco Guardian 2014Movimenti con a capo personaggi inaffidabili, da farsa paesana, che mai sarebbero concepibili per l’opinione pubblica e i giornalisti inglesi. Che c'entrano i giornalisti? Sono loro in Italia ad aver alimentato per fare ascolto (giornali e tv, soprattutto i talk show) i nostri populismi di protesta. Perché i giornalisti italiani, si sa, non hanno mai saputo fare il loro mestiere, che è soprattutto culturale ed educativo. Proni verso la Politica, non sanno scegliere le notizie in modo autonomo e originale, ma dipendono sempre dalle dichiarazioni dei politici, dal pettegolezzo, dalle “voci”, dai commenti di questo e di quello. Tantomeno sanno porsi il problema delle conseguenze di una notizia su una popolazione incolta, becera e priva di buonsenso come quella italiana, che non è certamente quella inglese.

Così, oggi, declinando finalmente la stella berlusconiana, dobbiamo sopportare che gli Inglesi – ancora una volta – prendano troppa confidenza con noi atteggiandosi a fratelli maggiori e più sensati, mettendoci alla berlina, secondo i loro vecchi stereotipi, dopo averci per vent’anni dipinto non solo come il popolo della Mafia, ma anche come elettori di Berlusconi. Ricordiamo ancora le copertine e le inchieste del settimanale economico inglese The Economist.

Ma perché un grigio commerciante di Glasgow, incapace di fantasia e versatilità, si può permettere di giudicare l’avvocato o l’ingegnere di Napoli, magari intrallazzone e con la solita corte di amici compiacenti, ma sicuramente più brillante e fantasioso? Il primo motivo è quel mediocre misto di buonsenso individuale e senso comune collettivo che rappresenta la vera, profonda, anima inglese.  Sarà pure terra-terra, ma questo elementare senso civico diffuso loro ce l’hanno e noi no.

Certo, il nostro stereotipo fa tanto comodo al banale Homo britannicus. Uno scrittore inglese amante di paradossi scriverebbe che noi Italiani siamo quelli che gli Inglesi vorrebbero essere, se non avessero una volta per tutte scelto di “non essere mai se stessi fino in fondo” (se non after hours, nel week end, dopo una bevuta, in toilette o in camera da letto). Ma dal lunedi al venerdi appaiono in pubblico, devono apparire, se non del tutto irreprensibili almeno un minimo “socialmente corretti”. E’ fondamentale, paradossalmente, l’individuazione di “quel minimo”, proprio nella individualistica società liberale.

Berlusconi quale pena dargli gioco Guardian 2014Perché proprio nella liberal-democrazia di massa, si sa (e loro lo sanno, noi no), si è, si appare, si lavora “per gli altri”. Se tutti fanno questo, la società liberale funziona egregiamente, perché si basa sull’esile filo che collega le libertà individuali tra loro: non danneggiare il prossimo. Di qui un discreto “controllo sociale”. Eh, ma che vita, direte voi: sempre a osservare in tralice gli altri, facendo finta di non vederli neanche. Sempre controllati dagli altri. Ma questa non è vita, è una dittatura del controllo sociale più dura del Comunismo o del socialismo scandinavo degli anni 50.

No, invece, non è stressante perché, a differenza di quello imposto dalle dittature, è un metodo scelto liberamente dai cittadini con una specie di patto sociale. Io mi limito un poco, quel tanto che basta, tu fai altrettanto, gli altri idem, ed ecco che siamo tutti più liberi, e tutto funziona. Così si vive un poco controllando, senza darlo a vedere, con la coda dell’occhio, se anche gli altri concittadini fanno o no il loro dovere minimo: se rispettano i diritti degli altri, se non travalicano nel soddisfacimento dei propri diritti, se per caso ostacolano gli altri o no.

Se invece come in Italia, specie al Sud, tutti vogliono “essere davvero se stessi” senza limiti o remore, spontanei, “naturali” come appena arrivati dalla savana di 3 milioni di anni fa, fare di testa loro come se gli altri non esistessero, che poi significa imporre il proprio debordante ego sugli altri, insomma comportarsi da fantasiose e anarchiche prime donne, nulla funziona e il mito della “fantasia latina” va a farsi benedire: è un eufemismo per egoismo e prepotenza. E così, sopraffazioni, pazzie, comportamenti imprevedibili, ingiustizie, illegalità, raccomandazioni e corruzione imperversano. Ecco, quindi, che il tipico Homo italicus, il solito “istrione italiano” e ora anche il simpatico “buffone populista” non fanno né la felicità né il bene del popolo.

Berlusconi, quale pena fargli scontare. Gioco su Guardian 2014Queste cosette i grigi bottegai della perfida Albione le sanno benissimo. Non saranno brillanti e salottieri come noi, ma colà giustamente, sia pure raso terra, è il buonsenso, la Ragione che regna, il “neu nimis”, il mai troppo (il famoso limite liberale). Ecco, perciò, che il ricordarsi che esistono, così vicini a loro, intere popolazioni di gente che fa tutto il contrario, cioè butta cartacce sulla strada, che raccomanda ed è raccomandata, che spende allegramente i soldi degli altri, che aggira le norme o consente di aggirarle, che imbroglia a tutto spiano, insomma che vive come i selvaggi dell’India prima che arrivassero a civilizzarli i Romani moderni, cioè gli Inglesi, è cosa che preoccupa, certo, ma anche, paradossalmente, li rassicura sulla loro diversità.

Ecco da dove viene il giustificato complesso di superiorità britannico. Del resto, siamo giusti, non si vede perché i sacrifici dei “limiti” liberali sopra detti li debbano fare solo loro. Anche a loro, ogni tanto piacerebbe fare i matti e i Pulcinella. Solo che certi popoli il Carnevale lo fanno sempre, tutto l’anno, e pretendono pure di essere presi sul serio, di essere trattati come gli Inglesi. E no.

Ecco perché gli Inglesi ci bacchettano, ancora una volta, e “si fanno i fatti nostri”. Perché in realtà si fanno i fatti loro. Lo fanno non per noi, ma per denotare il distacco incolmabile tra sé e gli altri, e ricordare a se stessi la propria diversità. Per tornare al nostro titolo, non ci sbeffeggiano per una rivalsa millenaria, né “per il nostro bene”, ma un poco nello stile dei Romani antichi che criticavano gli altri popoli senza coraggio e senza libertà, per rafforzarsi a contrario, grazie all’esempio negativo, nelle proprie virtù civili.

L’ultima frustata di scherno ce la dà l’austero quotidiano liberal-progressista The Guardian, a proposito della sentenza alternativa comminata a Berlusconi. Poco abituato alle vignette satiriche, si è inventato un umoristico giochino infantile a base di figurine sovrapponibili: che punizione (cioè quale divisa o vestito) diamo al reo Silvio? Oggetto reale della satira è lo stesso popolo italiano, tutto preso dal tormentone berlusconiano. Soggiogato da 20 anni, sia i pro, sia i contro, senza riuscire a scrollarselo di dosso. Cosa che agli Inglesi sarebbe riuscita in un mesetto scarso. Tanto per cominciare, i giornalisti inglesi non gli avrebbero dato alcuno spazio.

Buttarla a ridere è quello che si fa quando ci si sente superiori. Noi Italiani siamo notoriamente provinciali, cioè xenofili: basta vedere nei decenni l’uso improprio ed esagerato di parole inglesi, non solo nelle insegne dei negozi, ma anche nella vita quotidiana (vi ricordare lo smoking, anche quello dei non fumatori?), in politica o economia (ticket, spending review, spread, ecc.). Perciò non avemmo il coraggio di fare tanto gli spiritosi in occasione di scandali che mettevano in mostra il malcostume inglese, come il caso Profumo, il conservatorismo della Camera Alta, l’ottuso isolazionismo anti-europeo dei Governi di S. M. Britannica, le gaffes del principe Filippo, le inchieste sulla morte della principessa Diana e i disastri delle grandi banche e istituti di trading finanziario d’Inghilterra che hanno diffuso la crisi dappertutto. Ora, però dobbiamo ridere di noi, soltanto di noi. E cercare, non con le insegne, le scarpe, i soprabiti o le parole (cose in cui siamo bravissimi), ma con la mentalità e gli atti pratici, di diventare un poco inglesi. Non è possibile che i Britannici siano molto più Romani di noi!

(*) Si legga riguardo alla corruzione, ai privilegi, alla mancanza di libertà nel Regno delle Due Sicilie, e alla crudele ottusità dei Borboni, la bella e avventurosa autobiografia d'un singolare aristocratico siciliano, che consiglio di leggere (Michele Palmieri di Miccichè, Pensieri e ricordi storici e contemporanei, Sellerio ed).

IMMAGINI. Il quotidiano britannico The Guardian ha pensato bene di rallegrare i suoi lettori invitandoli, in attesa delle decisioni del Tribunale di Milano, al singolare giochino: quale pena proponi per Berlusconi? I lettori dovranno ritagliare, come i bambini nell’800, le figurine e sovrapporle al Berlusconi in mutande. C’è il galeotto condannato ai lavori forzati, il giardiniere in stivali, cappello e vanga, il classico clown da circo, e la comoda divisa casalinga (il gatto) che assomiglia un po’ a un pigiama e un po’ alla tuta di operaio.

JAZZ. Un ottimo jazz cool è esistito in Italia, specialmente nelle musiche da composizione o da film, come certe colonne sonore di Piero Umiliani, Piero Piccioni o Armando Trovajoli. Ecco un nitido esempio di brano di ispirazione cool, probabilmente scritto per un film da Sandro Brugnolini. Si tratta di Angel e fu inciso nel 1960. I musicisti sono: Cicci Santucci (tp), Sandro Brugnolini (as), Alberto Collatina (tb) Enzo Scoppa (ts), Cario Metallo (bs), Puccio Sboto (vib) Leo Cancelleri (p), Sergio Biseo (b), Roberto Podio (ds).

AGGIORNATO IL 19 APRILE 2014