25 giugno 2010

USTICA. Attentato o incidente di guerra, ma danni più gravi da segreti e depistaggi

DC 9, Itavia Un aereo di linea DC-9 della Itavia, la prima compagnia privata che sui voli nazionali riuscì a dare molto fastidio all’Alitalia, la sera del 27 giugno 1980, sulla rotta da Bologna a Palermo, all’improvviso cessa le comunicazioni radio e sparisce dai radar.  Si capirà nei giorni successivi che è precipitato nel mare di Ustica, nel sud Tirreno, con tutti i suoi passeggeri.
Subito si parlò di esplosivo scoppiato all’interno dell’aereo (ipotesi terrorismo: faceva comodo agli alti gradi militari), oppure di un cedimento strutturale (faceva comodo al monopolista di Stato Alitalia la tesi che il concorrente privato avesse una scadente manutenzione). Ci vorranno decenni per appurare che il disastro (81 morti) accadde, invece, per uno scontro tra aerei militari in volo, di opposti schieramenti, che si cercavano per ingaggiare battaglia proprio sotto e attorno all’aereo civile, che fu colpito da un missile. Ma a scontro terminato e a disastro accertato, tutto è stato poi complicato e reso oscuro e inestricabile per oltre 30 anni da depistaggi dolosi e imbrogli d’ogni tipo, pensati a terra, in segrete stanze del Controspionaggio e dell’aviazione.
      Non poche volte nella storia della aviazione aerei o navi civili erano colati a picco “per errore”, colpiti da mezzi militari avversari o alleati. Ma mai come nel caso del Dc-9 dell’Itavia la rete saldissima di segreti e complicità dei Servizi segreti, e anche la viltà individuale dei militari di varie nazionalità hanno fatto più danni.
      L’aereo civile italiano viene a trovarsi in mezzo a un conflitto aereo vero e proprio tra caccia militari di Libia, Stati Uniti e Francia (Mig, Tomcat e Mirage). Un episodio di guerra guerreggiata, anche se non dichiarata. Colpito da un missile aria-aria, esplode e precipita con i suoi 81 passeggeri in mare. Poco distante, guarda caso, viene ripescato un serbatoio supplementare di un caccia americano, di quelli che in caso di attività bellica vengono sganciati per facilitare le manovrabilità del velivolo. Sui monti della Sila, intanto, si schianta un Mig 23 libico. Per l’Aeronautica italiana ufficialmente caduto in luglio, ma per alcuni referti e per il giudice Priore caduto molto prima, in corrispondenza dell’incidente di Ustica. Guarda caso.
      L’incidente si rivela subito intricatissimo. Proprio in quel momento il Tirreno brulica di aerei militari, e tutto il sud Italia è teatro sia di esercitazioni aeronautiche sia di inseguimenti reali tra velivoli avversari. Il caos. Non è escluso, anzi, che a quel tempo (e non solo) una “esercitazione militare” servisse anche a coprire eventuali azioni militari “reali”. Fatto sta che i caccia della Nato sono sulle piste di aerei libici, ma soprattutto d’un aereo civile nel quale una voce dello spionaggio ritiene possa esserci il colonnello Gheddafi. Va aggiunto che all’epoca i Mig della Libia spesso sorvolano l’Italia, in barba alle regole Nato. Voci malevole non si sa quanto fondate dicono che questo avviene col tacito assenso delle autorità politiche e militari italiane. Certo è che all’epoca con la Libia ci sono accordi commerciali ed economici, e perfino una parte del pacchetto azionario Fiat è in mani libiche.
      Bisogna anche tener presente che per un caccia militare ostile il mezzo più usato per sfuggire ai radar era ed è tuttora acquattarsi sotto un aereo di linea, oltretutto molto più grande. Procedura usata dai libici a quei tempi per entrare nello spazio aereo italiane (e uscirne) senza essere visti. Ma due piloti militari italiani videro il Mig nascosto sotto l’aereo civile, azionarono il segnale di pericolo e poi riferirono. Peccato che facessero parte delle Frecce Tricolori: morirono in volo nel tragico incidente a Ramstein (v. link alla testimonianza del maresciallo).
      Inoltre chi in volo dava la caccia a "un aereo civile con dentro Gheddafi" si aspettava anche di vederlo attorniato da qualche Mig libico, e così appunto poteva apparire il DC-9 in quel momento. Fatto sta che tra i contrapposti velivoli in quella terribile lunghissima manciata di secondi deve essere sorto più d’un equivoco. E qualcuno, con l’azione più veloce del pensiero, deve aver premuto il pulsante rosso nella frazione di secondo sbagliata, oppure il missile deve essere stato attratto, per sua logica inesorabile, dall’aereo sbagliato tra quelli che volavano vicini. Infatti, è noto che un pilota di caccia sa quando è "illuminato" dal radar dell’aereo avversario, e perfino quando è partito il missile che lo colpirà. A questo punto per salvarsi deve ricorrere in extremis ad un "colpo di reni", cioè alla manovra diversiva di una virata improvvisa.
      Così potrebbe essere accaduto, e il Mig 23 virando all’improvviso per salvarsi potrebbe aver condannato inesorabilmente il soprastante aereo Itavia, verso il quale ha finito per dirigersi il missile.
      Tutte supposizioni, sia pure molto realistiche, sia chiaro. Perché l’intera vicenda è molto complicata anche tecnicamente, giocata tutta in aria e in pochi istanti, lasciando pochissime tracce. La stessa carlinga dell’aereo di linea Itavia fu ripescata, e con enormi spese, a 3500 metri di profondità.
      Restano l’amarezza e la rabbia che i depistaggi, le confessioni, le smentite, le strane morti premature, i silenzi e le falsificazioni plurime, hanno affossato del tutto la ricerca della verità. Mai nella storia militare recente, i controspionaggi contrapposti erano riusciti così efficacemente a tener nascosti fatti che, a nostro avviso, avrebbero procurato meno danni se le aviazioni coinvolte avessero ammesso tutto fin dal primo momento. Come sempre più frequentemente si tende a fare oggi, in tempi di una maggiore "trasparenza", sia pure delle attività militari sorrette in qualche modo dalla "intelligence". Come perfino le ingarbugliate vicende militari del vicino Oriente hanno dimostrato.
      A chi, a che cosa, è servito tutto questo grande sfoggio di segreti? Temevano forse, nel 1980, di scatenare la Terza Guerra Mondiale? Ma siamo seri... Probabilmente tutti questi inutili segreti e depistaggi altro non erano che i soliti mezzi, antichissimi, con cui i vari Poteri politico-militari cercavano di difendere con i denti il proprio potere reale sui Poteri concorrenti.
      Sull’argomento in generale, si veda la voce "Strage di Ustica" su Wikipedia, una intervista a un ministro del Governo dell'epoca e la testimonianza tardiva (per scadenza del vincolo del segreto) di un maresciallo della sala operativa dell’Aeronautica.
NICO VALERIO

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SI VEDANO LE BANCHE DATI AMERICANE: LORO NON CANCELLANO NULLA. A giorni saranno trenta anni dalla strage di Ustica, uno dei tanti misteri che soffocano la nostra storia recente, sulla quale si è detto e non detto e sono stati versati fiumi di parole inutili. 
      A ricordare la triste ricorrenza nessuna cerimonia ufficiale, le interviste reticenti ai politici dell’epoca, che sanno e non dicono ed un bel libro di Rosario Priore, il giudice che indagò a lungo, ostacolato in ogni modo, sulla tragica esplosione del Dc9 dell’Itavia e sulla morte di ottanta persone.
     Ma trovare la verità non dovrebbe essere difficile e mi permetto di consigliare la via da percorrere a chi volesse, giornalista o magistrato, sapere cosa successe realmente nei nostri cieli.
     Gli Americani conoscono da sempre l’esatto svolgersi degli avvenimenti, anche se hanno sempre rifiutato di collaborare. A Napoli, alla rada, stazionava una portaerei che con i suoi radar teneva sotto controllo tutto il Mediterraneo, mentre dall’alto ai satelliti non sfugge un metro quadrato di territorio; tutto registrato e conservato.
      Negli Stati Uniti esiste una legge sacrosanta a baluardo della libertà d’informazione: il Freedom of Information Act, che consente al semplice cittadino di accedere direttamente ai documenti, anche all’epoca riservati, della pubblica amministrazione civile e militare.
      Le informazioni che ci interessano sono lì che attendono di essere compulsate, ci sarà qualcuno di buona volontà che vorrà adoperarsi per farci conoscere la verità?
ACHILLE DELLA RAGIONE

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L’UNICA SOLUZIONE? SPERIAMO NEI "PENTIMENTI" POSTUMI. Esistono dei responsabili per la strage di Ustica dove a bordo del DC-9 dell'Itavia persero la vita 81 passeggeri. La Cassazione ha chiuso l'iter del processo con l'assoluzione dei due generali dell'Aeronautica Militare Italiana inquisiti: Lamberto Bartolucci e Guido Ferri. La Procura Generale non ha, ovviamente, chiuso la pratica. La ricerca dei responsabili è ancora in corso. Forse il passare del tempo e il rimorso per chi ha smarrito la coscienza e desidera vivere gli ultimi anni di vita in pace con sé stesso, possono provocare il pentimento in qualcuno dei tanti che hanno finora taciuto. Le persone che sanno, perché 30 anni fa sono state coinvolte, anche loro malgrado, in questa tragedia, debbono parlare. Ricordare questa pagina oscura del trasporto aereo italiano è doveroso affinché la verità venga finalmente a galla. 
PAOLO BORDINI
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Pubblicate nel settembre 2011 le motivazioni del giudice che ha condannato i Ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire le vittime di Ustica, si rivelano molto interessanti le ipotesi ritenute più probabili nella ricostruzione, sintetizzata in un articolo dal sito web del giornale L’Ora:
“La sera del 27 giugno 1980 intorno alle 21 c’era un intenso traffico aereo nel famigerato Punto Condor, oggetto di continue intersecazioni di voli militari in assetto operativo, forse una vera e propria manovra di attacco militare. Un velivolo si nasconde nella scia del DC9, che è affiancato da altri due aerei sin dall’inizio del suo viaggio verso Palermo:  forse uno dei due vuole identificarlo; un missile o un urto con l’apparecchio più piccolo sono le cause più probabili del disastro, mentre i due aerei virano parallelamente dopo aver volato accanto al DC9 ancora dopo l’impatto o l’incidente; le registrazioni radaristiche che non sono state ‘eliminate’,  lo confermano e sono agli atti.
      Ma anche fra i relitti del velivolo ed i corpi esanimi dei passeggeri periti nel disastro aereo è rimasta qualche traccia di inconfutabile verità. I fori con petalatura verso l’interno sul portellone del bagagliaio, ad esempio,  sono incompatibili con la teoria della bomba o del cedimento strutturale, e screditerebbero del tutto l’ipotesi, davvero di fantapolitica, di esplosivo nella toilette dell’aereo (il  water, fra l’altro, venne anche ritrovato integro); tracce di fosforo sul carrello dell’aereo e sui corpi di alcuni passeggeri rendono invece sempre più  plausibile l’impatto con un ordigno militare, capace di rilasciare simili sostanze”.
Insomma, aerei da caccia NATO, americani e francesi, davano la caccia ad un aereo libico che si nascondeva sotto il DC9 Itavia, e che era sicuramente scortato da caccia libici, sul quale sembrava esserci il col. Gheddafi. Ma anche se i caccia non avessero puntato direttamente sull’aereo civile, in quel groviglio di aerei deve essere stato facile per il sistema di teleguida del missile sbagliarsi di bersaglio per pochi metri, oppure essere ingannato dalla secca virata del Mig libico. E invece, per le assurde paure (di che cosa, di una Terza Guerra Mondiale? Ma siamo seri…) dei Servizi segreti e delle diplomazie atlantiche, che prima armano la mano poi si spaventano delle conseguenze, tutto fu messo a tacere, imbastendo addirittura finti alibi e prove contrarie per sviare le indagini. E i testimoni? Muti, anzi perinde ac cadaver. Letteralmente. Infatti, più d’uno morì in circostanze misteriose.
      Senza contare i gravissimi effetti civili e commerciali. Per il disastro, attribuito dal depistaggio a “cedimenti strutturali” dell’aereo, insomma ad aerei vecchi e malandati, l’incolpevole società Itavia fu distrutta, condannata al fallimento. Ora, finalmente (ottobre 2013), la sentenza della terza sezione della Cassazione accerta che il depistaggio delle Autorità è provato e che la Corte d’Appello ha sbagliato «nell’escludere l’eventuale efficacia dell’attività di depistaggio e il suo effetto sul dissesto» dell’Itavia. E stabilisce che è necessario valutare l’effetto dei depistaggi nel crac dell’Itavia, poiché essi gettarono «discredito commerciale» sulla compagnia, che venne anche colpita da «provvedimenti cautelari» sollecitati «dalla diffusione della falsa notizia del cedimento strutturale» del DC9. Un nuovo processo civile davanti a un’altra sezione della corte d’appello di Roma dovrà perciò stabilire se il dissesto della compagnia aerea sia stato «preesistente» al disastro oppure se, e in quale misura, sia dipeso dalla «riconosciuta attività di depistaggio» delle indagini.
      Di recente una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, confermando l’obbligo di risarcimento da parte dello Stato, ha dato per accertato che l’aereo Itavia è colato a picco nel Tirreno non per una bomba a bordo o per un cedimento strutturale, ma a causa di un missile.
      Aveva ragione da vendere, perciò, il povero Aldo Davanzali, il patron di Itavia, che subito dopo il disastro aveva detto che “era stato un missile”, come aveva sentito dire a Ciampino. Ma fu messo sotto inchiesta per “diffusione di notizie atte a turbare l’ordine pubblico”: la ragion di Stato doveva prevalere, e nulla si doveva sapere dei giochi sporchi che si erano fatti nelle segrete stanze del Governo, prima che lassù tra le nuvole, permettendo agli aerei da guerra della Libia, nostro nemico, di scorrazzare impunemente sull’Italia, e tacendo della reazione dei nostri alleati. Davanzali fu fatto fallire, ridotto in povertà e in uno stato di prostrazione: è morto di Parkinson pochi anni fa. Fu la 82.a vittima. L’Itavia che era una bella e sana compagnia, con begli aerei, smantellata. Ora le figlie, forse, avranno diritto al lauto risarcimento. Troppo tardi. Come troppo tardive furono le ammissioni di Cossiga, presidente del Consiglio all’epoca del disastro, che solo decenni dopo parlò di un missile, mentre quando era Capo del Governo non parlò.
      Di recente, la figlia di una delle vittime della strage ha chiesto l’accesso ai documenti, ma la Presidenza del Consiglio (governo Conte) si è rifiutata ancora una volta di rendere pubblici i documenti riservati. Quarant’anni dopo quella strage, i Servizi Segreti, le Autorità militari, il Governo, considerano ancora pericoloso rendere pubblici documenti del 1980 che proverebbero il complicato intreccio di responsabilità tra Italia, Governi alleati, Libia e altri Stati del vicino Oriente. “Segreto di Stato per altri otto anni: la verità su Ustica farebbe male”, ha intitolato La Stampa un articolo di F. Grignetti (22 agosto 2020).
NICO VALERIO

STRAGE DI USTICA. UN DOCUMENTARIO SVELA LE BUGIE DI STATO DEI FRANCESI
Secondo l’inchiesta di Canal Plus, le autorità francesi mentirono sulla presenza di una portaerei nel Mediterraneo e sull’attività della base militare in Corsica. La televisione d’Oltralpe, a 35 anni di distanza, rilancia l’ipotesi dell’abbattimento del Dc9 da parte di caccia di Parigi. Una tesi già sostenuta nel 2007 da Cossiga, presidente del Consiglio in carica all’epoca dei fatti, che accusò la Francia ribadendo poi le sue dichiarazioni davanti agli inquirenti. I familiari delle vittime: “Il governo italiano chieda conto di quelle reticenze” (Repubblica, 22 gennaio 2016)
https://video.repubblica.it/mondo/strage-di-ustica-un-documentario-svela-le-bugie-di-stato-dei-francesi/225738/225012

IMMAGINE. Il tracciato del radar civile di Fiumicino durante e subito dopo l'impatto. Le varie tracce o echi potrebbero essere attribuiti ai diversi grandi frammenti dell'esplosione.

JAZZ. Il trio di Duke Ellington in veste di pianista nel celebre brano Take the A Train solitamente arrangiato per grande orchestra (6:08).

AGGIORNATO IL 28 GIUGNO 2021

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2 Comments:

Anonymous Sinibaldi E said...

Utilissimo articolo critico, ci sono tutte le cose più importanti da ricordare.

26 giugno 2010 alle ore 11:44  
Blogger Nico Valerio said...

L'ombra degli inconfessabili rapporti segreti tra l'Italia di Aldo Moro e gli Arabi? https://www.ilgiornale.it/news/politica/basta-segreti-pulcinella-vediamo-carte-su-ustica-1958265.html

28 giugno 2021 alle ore 17:57  

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