21 agosto 2009

JAZZ. Quel grande sassofono italiano. Dietro c’era non un re, ma un signore

La sua orchestra jazz accanto all'altare, il suo sassofono tenore, l’amico d’una vita, ormai silenzioso per sempre, su una sedia vuota. Questo è stato l'addio, ieri mattina, in San Secondo ad Asti, tributato al grande jazzista Gianni Basso, protagonista per oltre 50 anni di grandi concerti in Italia e all'estero. Non un "re", il mondo del jazz non li conosce, ma qualcosa di più: un vero signore del jazz italiano. Il jazzista italiano con la più lunga carriera, quello che più aveva fatto conoscere in modo continuativo e dignitoso il jazz italiano ai musicisti europei e americani. Grande musicista, grande direttore di orchestre e suscitatore di eventi, grande e generoso scopritore di talenti, grande uomo, dotato come i veri grandi di umanità, psicologia e semplicità, al contrario delle tante primedonne isteriche del jazz italiano. Era deceduto lunedi scorso in ospedale a 78 anni.
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Aveva qualcosa di Charlie Parker e qualcosa di Coleman Hawkins. L’irruenza crescente, il fraseggio ricco e barocco che scolpiva le note a tutto tondo, perfino la sonorità calda del grande tenorsassofonista dello swing e stilista indiscusso del suo strumento, la scoprivi in lui a poco a poco con sorpresa. Perché Gianni Basso, grande sassofonista, improvvisatore, direttore d’orchestra, arrangiatore, autore, suscitatore di eventi e generoso scopritore di talenti e, da giovane, eterno giovane, partner di grandi musicisti di tutto il mondo, era imbevuto di bebop.
Non fu "il re del jazz" in Italia, come vorrebbero i cronisti di spettacoli, che non si intendono di jazz ma devono pur inventarsi un titolo. Nel jazz, si sa, dopo morti sono tutti "re" per i giornali italiani. No, era troppo signore, troppo umano, troppo perbene e cordiale per volerlo e per esserlo.
Fu certamente tra i maggiori jazzisti italiani di tutti i tempi, e comunque quello con la carriera continuativa più lunga, a cominciare dal 1950, e in gran parte passata attraverso la televisione, allora sicuro approdo per una bella grande orchestra come la sua (il quintetto, ma poi anche sestetto e ottetto Basso-Valdambrini).
Gianni Basso è scomparso il 17 scorso a 78 anni, e come accade sempre nel jazz, musica giovane, di giovani e per i giovani, aveva suonato fino all’ultimo. Da giovane. E un sassofono non è un pianoforte, che può suonare con quattro dita anche il centenario Eubie Black.
Aveva scelto nel dopoguerra il bebop di Parker, Gillespie, Powell e Monk, la rivoluzione del jazz moderno, che aveva cambiato in profondità, reso più veloce e sintetico, finalmente davvero "sincopato", il jazz, e non l’aveva più abbandonata.
Perché avrebbe dovuto? Proprio come si addice chi è sulla mainstream, la strada principale della musica moderna, e non è spinto a curiosare tra i vicoli, non tentò mai le sterili avanguardie alla moda, sempre ripiegata su se stessa. Anche quando questa gli avrebbe portato più dischi per la sua discografia personale (dischi prodotti, non certo venduti) e più notorietà tra i giovani, quelli per intenderci per cui "il jazz comincia dall’ultimo Coltrane". Gli era stato rimproverato di aver fatto musica "televisiva", cioè consolatoria, di piacere anche al rag.Rossi e alla signora del piano di sopra, perfino di lavorare "per la borghesia". Toh, le stesse accuse che si potevano fare a Vivaldi, Bach e Mozart. E figuriamoci se lui, così modesto, poteva paragonarsi a quei giganti.
Certo, lo snobismo intellettualistico di chi disprezza il pubblico e sputa sul piatto in cui mangia non lo sfiorò mai. Era umile, come deve essere un artista, di fronte al pubblico per il quale suona. E infatti come tutti gli artisti veri sapeva comunicare. Del resto, la storia ci ha insegnato che l’arte, prima o poi – più prima che poi – viene capita dal pubblico. Una musica "per se stessi", incomprensibile agli altri, hanno spiegato gli studiosi di estetica, non è arte, anzi è una contraddizione. L’arte, oltre che interpretazione della realtà, della Natura, è comunicazione, messaggio.
No, per Gianni Basso, troppo dotato di buon senso, cioè intelligente, per ignorarlo, il jazz non comincia certo da Coltrane o da Ornette Coleman, ma dal blues e dagli antichi tempi di New Orleans e Chicago, e un jazzista bravo e completo deve aver assorbito e digerito tutti gli stili, tutti i musicisti, tutte le epoche. Perciò il jazz è completo, perciò è difficile. Ma sapeva anche che ormai il jazz ha il linguaggio formale del bebop. E’ il bebop. Esiste un "progresso" anche nell’arte. Però Basso, anche con la scelta delle ance giuste, gli dava quel timbro unico, quella sonorità classica, quel fraseggio rotondo e impetuoso che piacevano a tutti, perfino a certi inguaribili tradizionalisti.
Aveva suonato con tutti i grandi del jazz europeo e mondiale, il suo sassofono era molto richiesto anche perché era stato il primo di impronta europea (gli era stato molto utile formarsi da adolescente in Belgio, dove risiedeva la famiglia, nell’orchestra di Raoul Falsan.
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Su Gianni Basso si può leggere la
biografia di Wikipedia, oltre alle cronache in occasione della sua scomparsa, sul Corriere della Sera e sulla Stampa.
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JAZZ - YouTube ha pochi filmati su Gianni Basso, e non dei migliori. Tuttavia, esiste una bella registrazione sonora corredata da diapositive, tratta dallo storico festival di Umbria Jazz, quando UJ faceva ancora buon jazz. Siamo a Orvieto il 27 luglio 1974 (Basso ha 43 anni) nei Giardini degli Albornoz. Il quartetto di Gianni Basso (sax tenore) e Dino Piana (trombone).suona in uno stupendo
Lover Man,.una trascrizione quasi puntuale che fa pansare a come sarebbe stato Parker al tenore e con un timbro più caldo. Nell’87 (a 56 anni) Gianni Basso è in una registrazione RAI a capo di una big band giovane in Quo Vadis Samba. Infine, nel 2006, ormai vecchio (75 anni) ma non per il jazz, ecco in una registrazione di fortuna, come mediocre acustica, Gianni Basso e Mario Rusca (pianoforte) al jazzclub dell’Hotel Visconti di Milano. Si noti il continuo dialogo di Basso col batterista Faraò.

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3 Comments:

Anonymous Crazy man said...

Bellissimo ricordo

21 agosto 2009 alle ore 14:43  
Anonymous dr. Augin said...

Sì, hai proprio ragione: grande uomo (nel pazzo mondo del jazz), prima di essere bravo musicista.

24 agosto 2009 alle ore 09:45  
Anonymous Maurizio Spagna said...

SIGNOR JAZZ
..Chi lo avrebbe mai immaginato,
di improvvisarti, fare parte di te
e scritturare il mio sollievo..


Non ho mai sentito nulla di più bello
Il Jazz è come un sogno
È la casa mentale di tutti gli accecati artisti.
Lui è un elegante signore
Il signor Jazz
Ti guarda
È tutta una risposta
In lui
C’è candore e tanta gentilezza
Lui può esserti di male
Ma ti capisce se l’ami.

Le mie note parole
Sono lacrime agli occhi.

Non c’è altro da fare
Scrivi in continua saggezza
Il Jazz poetico
È il tuo annuncio
La tua memoria
Il tuo vecchio impiccato Jazz.

Le mie note parole
Sono lacrime agli occhi
Ancora sulle guance
In un lungo silenzio personale.

L’insensato Jazz
È il controllo del volto in volo
Un tipo curioso e galante
Un quadro tenuto sotto uno stato impensabile
O una donna
Conosciuta in un giorno affollato
Nel centro di un’idea.

Il Jazz
È un cielo giunto fra città nemiche
Con i suoi imminenti
Cambi di umore e stagione
Il primo segno
Il primo colpo di tosse
E contatti di luce fuoristrada..
Autostrade incalzanti.

Un bel po’ di storia
Il Jazz
Fra orecchio
Palato fine
E spalle minacciose
Un bel po’ di vita
Il Jazz
Scarabocchio indelebile
Infilato nella tasca anteriore della carne
La bestia originaria
Puro investimento
Di un artista in ascesa o discesa.
Un bel po’ di note
Il nontiscordardimè improvvisato Jazz.

Non ho mai libato nulla di più libero
Un sorso di caffè
È la mia vecchia impressione
Un sorso di contentezza
È la pelle d’oca
Di starmene accolto
In tua compagnia
Per luoghi accoccolati ad occhi abbassati.

Le mie note parole
Sono lacrime agli occhi
Ma sane e forti
Come correnti di eventi
E dentro un’occhiata a quei fogli inesistenti..
Che individuano l’immortalità del Jazz.

Lettera poetica del signor Jazz:
Maurizio Spagna


©
di Maurizio Spagna
www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore
paroliere, scrittore e poeta al leggìo-

29 marzo 2010 alle ore 18:50  

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