25 ottobre 2015

ROMA antica e moderna. Marziale e la satira contro l’invadenza dei negozianti.

Marziale aveva capito tutto 2000 anni fa sul commercio, il paesaggio urbano e l'appropriazione di suolo pubblico a Roma. La satira sotto riportata (vedi), tratta dagli Epigrammi, è attualissima. Tranne il barbiere all'aperto (ma c'era ancora a metà Ottocento!) tutto è uguale, comprese le bottiglie di bibite esposte fuori per invogliare i passanti (ma saldamente assicurate per non essere rubate..).
I Centri storici delle più antiche città italiane – e Roma ne è un antico esempio – soffocano non solo per il traffico ma anche per il caotico disordine dei commerci, sia delle botteghe stabili, sia dei venditori ambulanti, e a maggior ragione degli abusivi. Così, i cittadini si vedono costretti a usare solo una piccola parte di strade e marciapiedi, ostruiti non più solo da automobili (un assurdo nelle strette vie del Centro, progettate per persone che andavano a piedi, e che perfino le carrozze a cavalli e i carretti a mano intasavano), ma anche da chioschi, banchi, tendoni, mostra di merci, cartelli propagandistici, tavolini, sedie ecc. Camminare in città è spesso difficile: ci si sente a stento tollerati. Siamo in una casbah del vicino Oriente o nella più grande e famosa città di tutti i tempi? Sembra quasi che Roma sia stata destinata solo per vendervi merci nel più confuso disordine (“una grande bottega” a cielo aperto) o per farvi correre senza regole, anche nelle sue strade più strette, ieri carretti e carrozze a cavalli, oggi automobili e pullman per i turisti.
Contro i regolamenti municipali, non c’è negoziante un minimo astuto che non approfitti della disattenzione dei vigili per allargarsi, esponendo la “mostra” di ciò che vende, anzi la mercanzia più appetibile o a buon prezzo, anche fuori della soglia della bottega. Un tema dei giorni nostri, attuale, attualissimo, tipico – si direbbe – delle città d’arte che attirano turismo e folla di visitatori, e perciò spingono gli avidi commercianti a estendere le loro mostre sui marciapiedi ostruendo il loro stesso ingresso. E se non lo facessero loro, ci penserebbero i concorrenti ambulanti, peggio ancora se abusivi.
Meraviglierà più d’uno apprendere che è invece faccenda antica, antichissima. L’epigramma di Marziale sull’argomento è del 92 d.C., quasi 2000 anni fa. Un’ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, che l’uomo è sostanzialmente sempre lo stesso, con i suoi vizi e le due furberie (se mancano i controlli e i divieti, appunto). E anche che il cittadino conserva in ogni epoca le sue esigenze minime di ordine, spazio e “vivibilità”, e fa di tutto per sopravvivere alla vita innaturale nella metropoli col minimo stress possibile. «Questo epigramma – spiega un libro di testo – tratta il problema del suolo pubblico, quello delle vie del centro di Roma occupato da venditori ambulanti [sic] che un provvedimento dell’imperatore Domiziano aveva cacciato: leggendolo oggi non si può non riconoscere che la sua attualità è sorprendente!» (Col e Saglia, cit. in nota). Già, peccato, signori Autori, che Marziale parli di bottegai, non di commercianti ambulanti o abusivi; tant’è vero che si riferisce due volte alle soglie nelle botteghe. Infine una nota sociologica: il fastidio del romano che non riusciva neanche a camminare sul marciapiedi era senza dubbio amplificato se si trattava di un aristocratico o intellettuale, visto il disprezzo che le classi superiori avevano allora verso chi faceva commercio o comunque lavori manuali.

L'INTERA CITTÀ E' OSTRUITA DAI MERCANTI

Lo sfrontato bottegaio (1)
ci aveva portato via tutta la città
e tutti gli ingressi delle botteghe
erano ostruiti. (2)
Tu, Domiziano, hai ordinato
di sgomberare le vie rese strette,
e quello che poco fa era un viottolo
ora è una vera strada.
Nessuna colonnina è più nascosta
da bottiglie incatenate, (3)
il pretore non è più costretto
a camminare in mezzo al fango
[perché i marciapiedi sono ostruiti
dalle merci],
il barbiere non impugna più il rasoio
alla cieca in mezzo alla folla, (4)
né gli sporchi chioschi
occupano tutte le vie.
Il barbiere, l'oste, il cuoco, il macellaio, (5)
ora rispettano i propri confini. (6)
Prima era una grande taverna,

adesso è Roma.

(M.Valerio Marziale, Epigrammi, LXI,VII, trad. N.Valerio)

TESTO ORIGINALE IN LATINO

Abstulerat totam temerarius institor urbem,
inque suo nullum limine limen erat.
Iussisti tenuis, Germanice, crescere vicos,
et modo quae fuerat semita, facta via est.
Nulla catenatis pila est praecincta lagonis,
nec praetor medio cogitur ire luto,
stringitur in densa nec caeca novacula turba,
occupat aut totas nigra popina vias.
Tonsor, copo, cocus, lanius sua limina servant.
Nunc Roma est, nuper magna taberna fuit.

(Marco Valerio Marziale, Epigrammi, LXI,VII)

NOTE
1. Ma perché molti traducono institor con “venditore ambulante”, come per attenuare l’invettiva? E’ forse una sorta di delicatezza politicamente corretta per non colpire la categoria dei commercianti? Eh, ma la satira è satira, e i fatti sono fatti, sia oggi che 2000 anni fa. Institor è in diversi dizionari antichi e moderni: mercante, bottegaio, negoziante, venditore. Non abbiamo mai trovato "venditore ambulante". Non sappiamo se i Romani distinguessero tra bottega al chiuso e banco provvisorio all’aperto: non lo crediamo. Anzi, da un punto di vista normativo, siamo quasi certi che noi moderni siamo migliori degli antichi. In teoria, però. Perché le norme vanno fatte rispettare. Comunque, in questo epigramma si parla due volte di soglia ostruita, sia all’inizio che alla fine. Soglia che, appunto, può essere occupata dalle merci di tutte e tre le categorie di commercianti: (negozianti stabili, ambulanti autorizzati o ambulanti abusivi, secondo la partizione dei nostri regolamenti moderni.
2. «Per le strade della città la soglia delle botteghe e delle case non si vedeva più perché occupata dalle merci», è il commento di un moderno libro di testo (Col A. e Saglia A., Verba et Imagines, II ed., Zanichelli 2005). Letteralmente: «sulla soglia la soglia stessa era inesistente». 
3. «Evidentemente, prima del provvedimento di Domiziano che determinò lo sgombero delle strade da parte degli ambulanti, questi erano soliti legare alle colonne le brocche contenenti le bibite che vendevano ai passanti, perché non venissero rubate» (Col e Saglia, cit.). La circostanza è di una attualità che meraviglia: spesso sono proprio i venditori di bibite, ancor oggi, i più fastidiosi e ingombranti.

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4. «Tra i mestieri “da strada” c’era anche quello del barbiere, che talvolta prima del provvedimento di Domiziano prestava i suoi servizi pericolosamente in mezzo alla folla» (Col e Saglia, cit.). A Roma, come in molte altre città, il barbiere è stato a lungo, fino addirittura ai tempi di G.G.Belli (prima metà dell’Ottocento, quindi sec. XIX), un mestiere “di strada”, soprattutto per motivi di luce (fondamentale in questo lavoro), essendo le antiche botteghe buie e prive di illuminazione artificiale. 
5. L’elencazione delle categorie dei commercianti che finalmente sono costretti a tenere sgombro l’ingresso conferma la nostra ipotesi: si tratta di negozianti veri e propri e non di “ambulanti” come in genere viene tradotto non si sa bene perché (anche da Col e Saglia, cit.).
6. «Custodiscono le loro soglie», cioè «rimangono in bottega» (Col e Saglia, cit.).

IMMAGINI. 1. Mostra con manichini sul marciapiedi (da internet). 2-3-4. Il Centro di Roma moderna, di giorno e di notte, ostruita dal commercio al minuto: botteghe "regolari", ambulanti "con permesso" e abusivi (foto N. Naim). 5. Ma per correttezza bisogna ammettere che anche altre città non scherzano. Ecco il caos espositivo dei mini-store a Coventry Str., a Londra. 6. Le Sacre Coeur a Montmartre, Parigi, visto dalla viuzza ostruita da espositori di cartoline e merci per turisti.

AGGIORNATO IL 9 NOVEMBRE 2015