Perché, in pieno Rinascimento, principi e generali appartenenti alle Signorie più ricche e
potenti del Sud-Europa, dedite al mecenatismo, al culto della Bellezza e della
Cultura (sia pure a beneficio di pochi eletti), decisero di perdere tempo e denaro,
rischiando di perdere anche la vita, per abbrutirsi in una guerra
pericolosissima con l’impero Ottomano? Perfino le pigre navi militari del Papa si
mossero. Al comando del principe Marcantonio Colonna si diressero prima a
Gaeta per un voto alla Madonna, poi a Messina si congiunsero col resto dell'imponente flotta della Santa Armata, che raggiunse
il protetto golfo di Corinto, in Grecia. Qui, proprio davanti a Patrasso, fu combattuta la fondamentale
battaglia navale di Lèpanto. Si voleva metter fine a secoli di razzie, atti di pirateria
e rapimenti sulle nostre coste – ne parla anche Boccaccio nel Decamerone – da parte
dei turcheschi o saraceni.
I Turchi si espandevano da tempo a macchia d’olio. Dopo la
conquista turca della veneziana isola di Cipro nel 1570 (il generale
Marcantonio Bragadin che si era fidato della parola dei Turchi che garantivano
una resa onorevole, fu scuoiato vivo), Venezia reagì più duramente degli Stati
Uniti dopo gli attentati islamici dell’11 settembre 2001. Venezia, che allora
era la “guardiana dei mari” grazie alla sua flotta e ai suoi commerci, perse davvero
la pazienza e decise di stroncare una volta per tutte la prepotenza ottomana.
Così mise insieme una grande alleanza. Gli Stati italiani parteciparono quasi
totalmente alla coalizione, che attaccò in formazione compatta, come allora si
usava, le navi musulmane dando una dura
lezione alla flotta dell’impero Ottomano, l’attuale Turchia, sia pure molto
allargata. Era considerato lo “Stato canaglia” dell’epoca, E l’aggressività
anche militare dei Turchi è sempre stata notevole. Lepanto dimostrò che
affrontati con molti mezzi, coesione e durezza potevano essere sconfitti. In ricordo della vittoria, tramandano i cronisti ecclesiastici, il papa PioV, ispiratore e capo spirituale della spedizione, ordinò a tutte le chiese di suonare le campane ogni mezzogiorno.
La coalizione che fermò e distrusse la flotta turca il 7
ottobre 1571 nella più grande battaglia navale della storia (150 mila uomini,
con alla conclusione 7500 morti europei e ben 25 mila turchi) comprendeva Venezia e Genova, la Spagna e lo Stato della Chiesa, i Savoia, l'Ordine di Malta e il regno di Napoli, un’alleanza degli Stati cattolici e mediterranei contro il nemico comune musulmano che scorrazzavano in lungo e in largo nel nei loro mari.
Nessuno di questi Stati oggi sarebbe giudicato “liberale”, ovviamente,
ma tutto è relativo e va rapportato alla sua epoca. Gli Stati alleati anti-ottomani e anti-islamici rappresentavano allora la “Civiltà” nel Mediterraneo, sia pure confusa con la “cristianità”, solito equivoco sui nomi e i concetti. Pur con i loro difetti gravi. Infatti, già i Riformatori religiosi del Nord Europa si stavano sollevando
contro l’autoritarismo ipocrita e corrotto della Chiesa di Roma. Le 95 tesi di Martin
Lutero erano state affisse sulla porta della Cattedrale di Wittenberg nel
1517.
In pratica, le differenze – a parte l’arte e la cultura, in
cui l’Occidente batteva di gran lunga l’Oriente – non erano troppo visibili nella vita
quotidiana. Loro, i “cattivi”, rapivano le
nostre donne e i nostri bambini per i loro ginecei o harem e i nostri giovani
per farne schiavi o eunuchi, e poi “impalavano”, decapitavano o scotennavano i nemici.
Noi, i “buoni”, non eravamo buoni proprio per niente, anche se grazie alla abusiva
eredità dell’Impero Romano la Chiesa si vantava di aver costruito una società più
“umana e civile”, limitandosi a cacciare o umiliare gli ebrei e i primi
protestanti, e usando l’Inquisizione (definita “Santa”) per costringere
streghe, eretici e miscredenti presunti a convertirsi, quando non li bruciava
vivi. Anzi, forse un miscredente o ebreo sarebbe vissuto con meno problemi a
Smirne che a Siviglia. Quel che è certo, è che all'epoca, sia sotto la Cristianità che sotto l'Islam, nessuno poteva dire o pubblicare quel che voleva senza ottenere la preventiva autorizzazione dell'autorità religiosa e insieme politica.
Però, a parte una certa tolleranza degli Ottomani per i culti minoritari, non
dovuta a spirito di libertà ma a lassismo, a disorganizzazione, a pigrizia
orientale e fatalismo, era sul piano politico e dell’ordine internazionale che i
“mussulmani” costituivano un pericolo, con le loro continue scorribande di
pirateria e rapimenti. Senza contare le basi commerciali che impiantavano
ovunque potevano..
E gli Italiani, gli Europei di oggi, come vedono Lepanto? Viene
da ridere, se poniamo attenzione a quali club ultra-reazionari cattolici si
sono impossessati di questo evento, e quale ignoranza sia diffusa nella società
laica.
Oggi, sono talmente snervati e abulici questi cittadini,
privi di cultura e quindi di appartenenza come sono, da cadere facilmente nella
sindrome di Stoccolma per cui la vittima passiva e masochista è attratta dal
suo carnefice. Come certe donne sono attratte dal loro stupratore, così molti
Europei, soprattutto giovani sono attratti dall'attivismo e dal fanatismo. Non
avendo idee forti proprie sono affascinati dalle idee forti dei fanatici loro
nemici.
Certo, poi ci sarebbe stata un’altra analoga battaglia epocale,
quella di Vienna nel 1683, in cui gli Ottomani furono fermati e messi in
fuga addirittura in Europa, insinuatisi attraverso la spina
nel fianco dei Balcani. Ma è indubbio che perfino noi atei o liberali o ebrei o
semplicemente chi è disinteressato a tutto (tranne alle musichette che si
ascoltano con gli auricolari, ai video-giochi, al pessimo cinema, alla tv, al
pettegolezzo, al lavaggio dell’automobile, alla cura dei fiori, agli animali di
casa o ai nipotini) dobbiamo la nostra libertà – bene o male impiegata – a quell’evento,
senza il quale forse gli equilibri geo-politici sarebbero stati ben diversi, e –
chissà – forse sarebbe stata perduta un secolo dopo la battaglia di Vienna, forse non ci sarebbe stato neanche il Liberalismo, né la Rivoluzione Francese, e noi oggi saremmo molto
diversi, e non potremmo fare o non fare quello facciamo o non facciamo.
Ma anche il nome si è perso. Tanto che alla fermata della
metropolitana romana intitolata a “Lepanto” molti italiani, non solo turisti
stranieri, pronunciano “Lepànto” (c’è una ratio: la regola è che in it. le
parole siano per lo più piane, cioè con accento sulla penultima) non sapendo di
questa eccezione.
Ma se tanto mi dà tanto, i cialtroni anti-italiani di oggi –
gli stessi che hanno abbandonato patriottismo, Storia e dignità di popolo alla
Destra più becera, reazionaria e clericale (cosa che alla Sinistra ottusa sta
benissimo: ma per fortuna la Destra è così ignorante e rozza da farne pessimo
uso: si veda la propaganda cattolica-religiosa dell’evento che invece fu un
grande fatto politico-militare...), anziché a Lepanto – nome dato dai Veneziani
– intitolerebbero la battaglia a Nafpaktos (nome greco) o İnebahtı (turco).
IMMAGINI. 1. La battaglia di Lepanto in una rappresentazione pittorica (autore ignoto). 2. Una mappa esposta Nei Musei Vaticani.
AGGIORNATO L'8 OTTOBRE 2015
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