22 agosto 2011

ULTIMI IN RICERCA. La ricetta? Serve cultura, che però manca a questa Destra

Innovazione nei Paesi Europei 2010 (Inno 2011) Figuratevi se un Governo così bassamente populistico e propagandistico (a parole), ma nei fatti affaristico (affari loro, o di uno soltanto), così incapace, ma capace solo di negare la crisi per la cinica paura di dover colpire la Casta e i privilegi degli amici potenti, tra cui la Chiesa (otto per mille, tasse ecc), e perciò perdere quei consensi estorti, si metterà a investire nobilmente in ricerca e cultura. «Per le prossime generazioni?», sarà il commento sarcastico di quegli egoisti un po’ ottusi. Ma l’SOS dello scienziato Roberto Vacca è di quelli urgenti, e assume i lucidi toni visionari di un piccolo Manifesto dei valori della società illuminista moderna, ma è anche un programma di cose che andrebbero fatte subito per cambiare, nientemeno, la cultura media degli Italiani. Fatto sta che le classifiche dicono che l’Italia è molto indietro nelle classifiche internazionali sul tasso di sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica. Secondo quanto riporta Repubblica, una ricerca scientifica di C.Daraio e H.Moed su Research Policy (“Is Italian science declining?”) ci fa fare la solita figuraccia internazionale rivelando che perfino il numero degli studi italiani pubblicati sarebbe diminuito in un anno di ben 12 mila, dopo trent’anni di ascesa. Quest’ultimo dato è per fortuna errato, come ha dimostrato un ricercatore pignolo (v. articolo seguente). Ma, certo, la crisi della ricerca in Italia è vera, verissima. E abbiamo perfino meno ricercatori di ogni altro Paese europeo avanzato. Ma in compenso, aggiungiamo, troppi avvocati. Si sa, gli Italiani, a differenza degli altri popoli, amano da secoli precipitarsi a mettere in piazza all’estero i mali dell’Italia, rafforzando così in un meccanismo vizioso tutti i luoghi comuni sugli Italiani, di cui poi loro stessi “Italiani diversi” saranno vittime. Ma stavolta non si tratta di una denuncia al Tribunale dell’Aja o d’un articolo scandalistico di giornale, bensì d’uno studio scientifico per specialisti. Notizia sùbito pubblicata con golosità masochistica dai giornali italiani, e poi sicuramente ripresa da quelli europei, che non aspettano altro. Ma è ancor più vero che stavolta il famigerato anti-italianismo degli Italiani si nutre di dati veri, reali, incontestabili. Come uscirne? Se i Governi e la classe politica della Penisola vogliono che in Europa e Stati Uniti non si parli più dell’Italia e degli Italiani con pesante ironia, non devono far altro che realizzare le profonde riforme che attendiamo da 60 anni, e prima ancora modificarsi profondamente. Ma ammettendo pure che per miracolo tutte quelle riforme “anglosassoni” venissero fatte, tanto da far assomigliare l’Italia al Regno Unito, se le novità dovessero tagliare i decennali privilegi degli Italiani, di “certi” Italiani, magari proprio degli stessi che per un nonnulla “si vergognano di essere Italiani”, pensate forse che non ci sarebbe una grandiosa sollevazione popolare con dentro tutti, Sud e Nord, Destra e Sinistra? Se dite no, non conoscete gli Italiani. Quel che è certo, tornando alla ricerca, è che senza sviluppo scientifico non ci sarà ripresa, dicono gli esperti di economia e tecnologia. L’allarme è ora confermato anche dal diagramma Innovation Union Scoreboard 2010. E dire che questa Destra di avventurieri aveva preso il potere ingannando casalinghe e pensionati con la favoletta dell’innovazione!
NICO VALERIO

“L’economia italiana ristagna. Crescono scandinavi e tedeschi che da decenni investono 4 volte più di noi in ricerca e sviluppo. La crisi è grave. Non ne parla la Destra - cui manca la cultura. Gli interventi per mirare e realizzare la ripresa non sono ancora al primo posto nei programmi della Sinistra: dobbiamo metterceli.

La Commissione Europea classifica i 27 paesi dell’Unione in base all’innovazione espressa da un indice (fra 0 e 1), funzione di 24 indicatori (lauree, investimenti in ricerca, brevetti, % di imprese innovative, etc.). Il diagramma illustra la situazione: ci sono: 4 leader, 10 innovatori avanzati, 9 moderati e 4 modesti.

La media europea è 0,53. La Svezia è a 0,75.. L'Italia a 0,42 - il 16°  posto su 27, dopo Portogallo ed Estonia. Da noi gli investimenti pubblici in ricerca sono 0,58 % del PIL (0,77 della media europea) e quelli privati 0,65 % del PIL (0,52 della media). Non sono scarsi solo gli investimenti, ma la cultura. Solo il 19% degli italiani completa l’educazione terziaria. La media europea è 32%, Francia 43%, Irlanda 49%.

Siamo nell’era dell’informazione, ma la misura del successo in base alla diffusione di PC, cellulari e altri gadget è piuttosto rozza. Attualmente cresce il divario fra alta tecnologia e cultura media. I supercomputer si usano per scopi banali. I decisori pubblici e privati non investono in ricerca e sviluppo, nè creano scuole eccellenti. I mass media propagandano tecnologia per scopi insulsi. Una rimonta tecnologica ed economica richiederà investimenti, risorse umane, immaginazione e controlli di qualità, ma non se ne vedono segni. È ora che quelle esigenze siano soddisfatte e non si discuta più su astrattezze.

In ogni settore dovremmo rinnovare strumenti e concetti efficaci per combattere il degrado culturale. Le carenze sono così palesi che spesso si propongono rimedi, purtroppo timidi e settoriali. È vitale, invece, definire [questi] traguardi:

 definizione di settori, risorse, strumenti, su cui basare imprese innovative
 progetto di aziende virtuali, costituite da ricercatori, scienziati, industriali
 innovazioni che creino settori di attività già perseguiti all’estero
 reperire risorse finanziarie e umane
 creare studi e formazione avanzata entro le aziende.

In Italia c’è una università ogni 600.000 abitanti. Negli Stati Uniti ogni 100.000 abitanti, in Inghilterra ogni 200.000, in Francia ogni 230.000. Per iniziare una ripresa, l’industria italiana dovrà creare università, istituti di ricerca, politecnici. Invece si tagliano i finanziamenti pubblici a università e ricerca. In Francia il 2% dei professori universitari sono stranieri, nel UK 10,4 %, in USA 19%, a Singapore 47% - e, in questi paesi, è alta la percentuale di università eccellenti. Le università italiane, invece, non ingaggiano i migliori ovunque si trovino.

Innalzare la cultura generale, creare scuole avanzate, investire in ricerca e sviluppo evita il declino e produce resilienza [termine multi-significato: rimbalzo, elasticità, capacità di resistere, creare abilità e adattarsi. Dal lat. resiliens-entis. NdR]. Invece le opinioni, credenze, ideologie più diffuse sono errate e modeste e il pubblico crede a catastrofismi e leggende metropolitane. A lungo termine occorre un'azione internazionale congiunta di aziende ad alta tecnologia per innalzare la cultura di intere popolazioni. Si alleino accademia, parlamento, industria per fornire al pubblico criteri di giudizio e modi di comunicazione efficaci.

In tutto il mondo si generano progressi continui cui si accede da Internet, ma il pubblico ne è escluso: giornali, radio, TV, comunicazioni sociali trattano argomenti volatili e non analizzano criticamente fatti importanti. Non siamo motivati a capire, partecipare. I mass media si usano per fini politici o interessi privati. Per eliminare tutto ciò ci vogliono tante conversioni a codici di equità e oggettività, oggi disprezzati. L’abbandono della ragione lascia spazio ad astrologia, parapsicologia, miracoli, visti come spiritosi atteggiamenti anche da certi intellettuali. La disinformazione porta alla rovina.

Il mondo è fatto di meccanismi naturali, struttura della materia, artifatti umani, processi sociali, politici ed economici. Questi sono gestiti o subìti dal pubblico in modi razionali, irrazionali, casuali. Per capirlo bisogna padroneggiare strumenti concettuali e tecnologici.

La capacità di concatenare problemi e soluzioni deve essere acquisita da tutti. La gestione di problemi sociali e politici non è una scienza. Usa anche principi semplici facili da comprendere. La gestione totale di qualità deve continuare a diffondersi nell’industria, ma anche pervadere società, scuole, processi decisionali, mass media. Solo chi investe forte in ricerca e sviluppo incrementa il PIL o non lo vede calare in tempo di crisi - gli altri no”.
ROBERTO VACCA

TABELLA (cliccare per ingrandirla). Fonte: Innovation Union Scoreboard 2010, www.proinno-europe.eu/metrics

JAZZ. Il trombettista hard-bop Kenny Dorham, attivo nei ruggenti anni 60, in Afrodisia, un brano di sapoore afro-cubano della durata di oltre 5 minuti. Ancora Kenny Dorham alla tromba nel Quintetto di Joe Henderson (tenor sax), McCoy Tyner (piano), Butch Warren (bass), Pete LaRoca (drums), dall’album “Page One”, in Blue Bossa (1963).

Etichette: , ,

3 Comments:

Anonymous ing. Peeters said...

Sottoscrivo l'appello, complimenti a te al grande Roberto Vacca.

23 agosto 2011 alle ore 12:24  
Anonymous giuseppedn said...

Perfettamente d'accordo sulla necessità di invertire il disastroso trend di tagli ala ricerca. Però, nel caso specifico, il presunto tracollo della produttività della ricerca italiana è una vera e propria bufala di agosto. Nel link è spiegato in dettaglio il perché. L’errore sembra originare dalla consultazione di database non assestati che hanno fornito dati incompleti:

http://univeritas.wordpress.com/2011/08/24/is-italian-science-declining-anatomia-di-una-bufala/

27 agosto 2011 alle ore 20:49  
Blogger Nico Valerio said...

Caro Giuseppe De Nicolao (voglio dare il giusto risalto al tuo nome e allo studio che alleghi), la tua smentita mi ha allargato il cuore. Sul tuo blog è dettagliatamente spiegato come e perché, pur con le solite restrizioni finanziarie, non c'è stato affatto in realtà quel "tracollo" in pubblicazioni italiane nel periodo considerato. Per ora ho dato solo una scorsa: vedrò meglio domani. Complimenti vivissimi.
Pubblicherò, se consenti, una parte della tua ricerca col link al sito. Grazie.
Evviva gli intelligenti ricercatori italiani!

27 agosto 2011 alle ore 23:09  

Posta un commento

<< Home