26 agosto 2009

INVIDIA. Da "motore del mondo" e del mercato a vizio nazionale italiano

Perfino in un club nudista una ragazza giovane, bella e formosa desta l'invidia d'una signora agée e meno dotata. Il linguaggio del corpo è eloquente. (Nella foto il bordo piscina d'un club americano dei primi anni Sessanta).
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L’anno scorso alcuni fantasiosi "creatori di eventi" le dedicarono addirittura un festival. Dove? E dove, se non in Italia? Parliamo dell’invidia, il vizio nazionale italiano. Quello che, secondo gli stereotipi, nel Nord dei biondi alti e con gli occhi azzurri dovrebbe favorire la sana concorrenza del mercato libero (figuriamoci), e che invece al Sud blocca ogni iniziativa.
Provatevi, al di sotto del fiume Garigliano, a intraprendere qualsiasi attività: avrete tutti contro, dalle solite malelingue che insinueranno criminosi retroscena, ai soliti nemici che si risveglieranno per "sputtanarvi", termine tipicamente meridionale che vuol dire screditarvi agli occhi della comunità (attività in cui ieri i meridionali, oggi tutti gli Italiani eccellono), infine ai soliti amici e parenti che ti diranno "Ma chi te lo fa fare? Senti a me, non farne nulla: ti faresti dei nemici…" Parenti serpenti e amici all’italiana.
All’italiana? Be’, veramente sembra che il viziaccio, in forma fisiologica comune a tutti gli uomini, sia presente in forma patologica, cioè diffusa e quindi con effetti sociali, nel Dna della Magna Grecia, come residuo di una vera e propria grecità, cioè delle polemiche intestine, del campanilismo sfrenato e degli odi fratricidi che distrussero da soli la democrazie e la civiltà della Grecia antica, a leggere gli stessi storici greci, da Polibio in giù.
Un vizio femminile, si dice. Povere donne, incolpate sempre di tutti i vizi dell’Uomo in genere. L’unica loro colpa è invece quella di essere troppo sincere, eehm.. volevo dire istintive, cioè incapaci di nascondere i sentimenti, anche i peggiori, come invece sappiamo fare egregiamente noi maschi "razionali" (ecco a che serve la Ragione…). Basta vedere la godibilissima foto scattata negli anni 50 in un club nudista americano, che ho opportunamente virato in verdino, il presunto colore dell’invidia. La signora brutta e di mezz’età tradisce in modo patetico allontanandosi quanto più può col busto in una posa evidente anche a chi non sappia che cos’è la psicologia del corpo e dei gesti, la sua lontananza, diffidenza, avversione, ma sì, la sua invidia bella e buona, per quella ragazzona piena di gioventù, ottimismo, ingenuità e di curve. Tante curve. Che lei, invece, non deve aver avuto neanche da giovane, se mai è stata giovane. Insomma, tra donne, perfino al club nudista, dove il nudismo dovrebbe affratellare e appianare differenze sociali e individuali, e contrasti, le invidie permangono. E, attenzione signore donne, prima di incolparmi di anti-femminismo: lo stesso forse si sarebbe potuto vedere tra un uomo anziano particolarmente debilitato e meschino e un ragazzo giovane e sportivo, se solo un fotografo malevolo si fosse appostato nelle vicinanze con i medesimi intenti con cui si è appostato davanti alle due donne così diverse e contrastanti tra loro. Ma oggi sorrideremmo di meno nel guardare la foto: noi maschi, anche i più squallidi, sappiamo fingere meglio, anche nelle foto.
Invidia, insomma, come malattia, terribile "tarlo dell’anima", intitola un breve commento Massimo Barberi nel prossimo numero di settembre della rivista "Mente & Cervello" (ed. Le Scienze) tutto dedicato all’oscura faccenda.
"È il più ripugnante dei peccati, un'emozione inconfessabile che rode dall'interno", scrive Barberi. "L'invidia è come una ruggine dell'anima che condanna alla solitudine. Nei dipinti del Rinascimento è rappresentata così: una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, che si strappa serpenti velenosi dai capelli per scagliarli contro gli altri. È l'invidia, un sentimento comune e miserevole, talmente presente a tutte le latitudini e longitudini che più o meno ogni religione l'ha stigmatizzata. Se per la religione cattolica è uno dei sette vizi capitali, per i buddisti è uno dei fattori mentali che possono portare all'odio. Ed è un sentimento che secondo gli islamici appartiene soltanto a chi non professa la loro fede.
"Spesso confusa con la gelosia, con l'avidità oppure con il rancore, l'invidia è invece un'emozione ben precisa e studiata da varie angolazioni. Per gli psicologi, per esempio, nasce essenzialmente da un confronto di poteri, tra noi e gli altri, ed è un'emozione sgradevole anche per chi la prova. I sociologi, che per decenni l'hanno considerata poco meritevole di attenzioni, oggi la reputano uno strumento di mediazione sociale".
Bah, un po’ banale, no? Si poteva scrivere di meglio. Già, perché l’ha scritto lui questo pezzullo sull’invidia? Non sarei stato migliore io?

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6 Comments:

Anonymous Tatiana said...

Amara, anzi divertente verità...:-)

26 agosto 2009 alle ore 12:56  
Anonymous Salvo Presenti said...

Ironia, sarcasmo e satira a piene mani. E finisce anche in modo inatteso: alla fine giochi anche tu a fare l'invidioso. 10 e lode.

26 agosto 2009 alle ore 15:32  
Anonymous Signora di Bergamo said...

E' vero, ecco perché nessuno parla mai di invidia in Italia! Ora capisco...:-)

26 agosto 2009 alle ore 21:07  
Blogger Massimo Barberi said...

No, caro Nico, non saresti riuscito a farlo altrettanto bello l'articolo (superbia...). Massimo Barberi

31 agosto 2009 alle ore 22:16  
Blogger Nico Valerio said...

Ciao, Massimo e grazie per avermi letto. Tu mi capirai: è più forte di me fare un incipit a sorpresa e un finis altrettanto brillante (vecchia scuola). E per una battuta, questo sì, mi venderei la nonna. Ma se esiste una persona al Mondo che non sa cos'è l'invidia, anzi davvero la combatte, sono io. Quindi era solo la zampata finale umoristica...:-)

31 agosto 2009 alle ore 22:48  
Blogger Massimo Barberi said...

Ok, allora, qui la zampa, amico....
Massimo

7 settembre 2009 alle ore 10:54  

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