03 dicembre 2018

NUOVI sindaci. Finalmente all’Opera la Raggi, accusata di non aver fatto nulla.


FINALMENTE ALL'OPERA. La solita Italia. Perfino Mussolini rinunciò per fortuna a cambiare gli Italiani, perché ingovernabili, inaffidabili, voltagabbana. Una volta rossi, una bianchi, una neri. Come Lui stesso, appunto. Al bar fanno la voce grossa, poi tutti, perfino i Grillini, al primo stormire di fronde calano le mutande. Ecco perché, saranno pure familisti, raccomandati, anarchici e disonesti; però mai nessuna Rivoluzione. Unico Paese al Mondo. Dopo il Vaticano.
      A riprova, ecco in tutto il suo teatral-avvocatesco splendore, semel in anno, la abitualmente dimessa e “smortina” (e ci sono antiche leggende maschili, di cui tacere è bello, sulle fanciulle dall’aria smorta…) sindaca di Roma, Virginia Raggi, di professione avvocata [così dicono: ma siamo sicuri? dopo averla vista non far nulla per due anni al Comune le affidereste la vostra persona in giudizio?], che abiura per un piatto di lenticchie di notorietà “star system” da tappeto rosso, il suo vero unico vanto, il suo innegabile punto di forza: quel caratteristico, inquietante grande orecchio sporgente, isolato a mo' di ventosa acchiappa-sguardi, che sollevava, è vero, interrogativi di anatomia comparata, però le dava originalità, anzi, che dico, un certo qual fascino perverso, quasi sex appeal.
      Ma allora qual è il problema? È che il vestito parla. Non so quanto sia costato ai cittadini anche se per ipotesi fosse stato offerto nominalmente gratis; ma certo una metà inferiore da lamentoso e querulo (finto, fintissimo) Pierrot, e una superiore da finta, improbabile avvocata della favola con decorazioni esagerate e barocche che altro non sono che i famosi “lacci e lacciuoli” nel cui viluppo si bloccano amministrazione e progresso dell’Italia, compongono un quadro freudiano eloquente, sono attraverso i simboli una vera confessione.
      La vita è teatro? Non solo, è un grande gioco psicologico, una serie complessa ma divertente di prove, tradimenti, lapsus e indovinelli. Tutto è scritto chiaramente nel viso, nello sguardo, nel portamento, nel vestito, negli ornamenti. Basta saper guardare, saper leggere. Se col nostro corpo parliamo, con i nostri tic, le nostre acconciature, i nostri vestiti, straparliamo. Ecco, per esempio, come la famosa (prima che apprezzata) pseudo-sindaca di Roma, la "cittadina qualunque" Virginia Raggi, si tradisce e rivela col suo inquietante vestito quello che è, e a che cosa, pur mirata, in realtà mira.
      Insomma, diciamolo, è una mascherata, non sei tu, cara Virginia. Infatti sei irriconoscibile: se i fotografi non avessero assicurato nelle didascalie che sotto quel vestito c'eri proprio tu, la sindaca di Roma, nessuno ti avrebbe quasi notato, men che meno criticata. Certo, i vestiti di gala devono denotare eleganza (ed è convcessa anche originalità); ma non devono camuffare e stravolgere totalmente le sembianze della persona. Carnevale è ancora lontano. E tu eri lì non per nasconderti, per fingere, ma per essere te stessa, cioè il Sindaco di Roma, rappresentando visivamente tutti i romani. Altro che giocare col vestito di mamma e fare per una serata “la grande”. Se no, gatta ci cova, cioè le deduzioni psicologiche sono inevitabili, prime di tutte le accuse di totale insicurezza, psicologia problematica e infantilismo. Il che, ammettilo, poiché psiche e intelligenza sono pervasive, finisce per riguardare, anzi, spiegare, anche il modo con cui fai il sindaco. E allora "tout se tient", tutto quadra.
      Però ti ringraziamo lo stesso, Virginia, per averci spiegato per allusioni, esibendoti coram populo sul tappeto rosso, ma questo almeno senza vergogna, qualcosa di più sulla tua vera natura. E anche per esserti mostrata, dopo tanto non-fare, finalmente all’Opera.

AGGIORNATO IL 4 DICEMBRE 2018