DROGA. In carcere per il solo sospetto: la legge proposta nell’anno del divorzio.
IN CELLA DI SALUTE
Riesumato in tutta fretta dal ministro della Sanità, il moroteo Luigi Gui, proprio il giorno successivo all'appello dei parlamentari democristiani per una legge esemplare contro la criminalità, il progetto di legge « antidroga » Gaspari-Gonella, dopo mesi di ibernazione (era stato presentato alle camere nel febbraio scorso) è giunto inaspettatamente sui tavoli delle commissioni Sanità e Giustizia del Senato, senza che i commissari ne sapessero nulla. Lo stesso Gui aveva personalmente sollecitato la presentazione del progetto alle commissioni competenti, dopo avere annunciato il 23 novembre, in un convegno sulle tossicomanie, indetto dall'ordine dei medici, che la legge era stata « fatta propria » dal governo senza nessuna modifica rispetto al vecchio testo approvato nel dicembre scorso dal governo centrista di Giulio Andreotti.
Proteste da ogni parte
« E' stato un vero e proprio colpo di mano », sostengono ora gli esponenti dei partiti laici. Solo il 26 novembre, il giorno prima dell'inizio della discussione, il senatore Ossicini, indipendente di sinistra, riceveva la convocazione; lo stesso senatore Barbera, socialdemocratico, relatore della commissione Sanità, non sapeva molto di più, e, a differenza del relatore della commissione Giustizia, il democristiano De Carolis, non aveva ancora potuto procedere a preparare la relazione introduttiva. « Certo », dice un commissario di un partito di sinistra, « i tempi sono cambiati rispetto a un anno fa e gli alleati laici della DC non vorranno assumersi il peso politico di una legge che perfino il governo centrista aveva lasciato cadere, sotto il peso delle polemiche degli ambienti scientifici e giuridici ».
Facile previsione è che specialmente i socialisti, che già espressero un netto « no » alla legge sul fermo di polizia, ribadiranno una serie di critiche all'iniziativa. L'« Avanti », infatti, ha già trovato modo di protestare, facendo notare che l'intera legge Gaspari è di una preoccupante genericità e congegnata in modo da consentire alle forze di polizia di « arrestare chiunque » sulla base di un semplice sospetto: « Chiunque accede nei locali previsti dal primo comma (dove, cioè, qualcuno sta consumando droghe, ndr) per darsi all'uso di sostanze stupefacenti... è punito con la reclusione fino ad un anno". Il mandato di cattura è obbligatorio.
Non è ipotesi che riguardi necessariamente "hippies" o sbandati. Gli stessi articoli 16, 17 e 18 della Costituzione, sul diritto di riunione, sarebbero forse sostanzialmente elusi. Un'altra norma, nel punire, al di là della palese detenzione di stupefacenti, addirittura il « sospetto d'uso », affida l'accusa alla notorietà e alla « vox populi ».
Sono in molti ad essere convinti che il recupero della proposta potrebbe facilitare un tentativo di reinsediamento dei settori più oltranzisti della destra della DC. E' quello che ritengono i socialisti. L'onorevole Claudio Signorile, della direzione del PSI, membro della commissione Sanità della Camera, mostra di credere ad un preciso disegno che, attraverso un'ondata « moralizzatrice » nei costumi e nella vita privata dei cittadini, dovrebbe consentire alla destra democristiana e ai gruppi d'opinione collegati di riguadagnare quello che hanno perduto o si preparano a perdere sul piano politico. Un tentativo di rivalsa insomma contro il quale « occorre vigilare, specie in parlamento ». Per questo, il PSI si prepara a presentare sugli stupefacenti una proposta di legge alternativa, firmata dallo stesso Signorile e da Colucci. La proposta, da un lato, dovrebbe colpire molto più duramente di quanto non faccia la proposta Gaspari gli spacciatori e i grossi trafficanti, mentre, dall'altro, dovrebbe facilitare la cura degli intossicati, senza repressioni, riconducendo il fenomeno alla sua dimensione sanitaria e sociale.
Anche sul piano medico-sanitario, infatti, il progetto Gaspari appare a molti inadeguato, perpetuando in sostanza i vecchi errori della legislazione attuale. « Cosa possiamo attenderci », domanda con tono polemico l'avvocato penalista Franco De Cataldo, repubblicano, « da un testo che è opera di funzionari e direttori generali di ministeri e non di scienziati e giuristi di chiara fama? ». Anche Augusto Premoli, presidente liberale della commissione Sanità del senato, che pure ha, al riguardo, un atteggiamento possibilista, riconosce che « per certi aspetti la legge è frutto di una mentalità vecchia, sorpassata, e poi rischia di arrivare in ritardo sui tempi ».
Gli esperti, medici specialisti e psichiatri, sono ancora meno teneri e fanno notare che nel testo si fa confusione tra droghe « pesanti », che causano danni gravi e irreparabili all'intero complesso psico-fisico e generano assuefazione, e droghe « leggere », che non portano a questo « punto di non ritorno ». Vengono inoltre lasciati fuori dal novero delle sostanze proibite non solo alcool e nicotina (le « droghe di stato » ben più pericolose ad esempio della marijuana, come ha concluso la commissione governativa Schaeffer negli Usa, dopo anni di sperimentazioni condotte senza risparmio di mezzi, e come ha confermato lo scienziato Adriano Buzzati-Traverso, vicepresidente dell'Unesco), ma anche i pericolosi tranquillanti e antidepressívi lanciati sul mercato dalle nostre 1140 case farmaceutiche in forme di vero e proprio « consumo indotto».
Non c’è tempo da perdere
Per un'efficace terapia mancano poi, a tutt'oggi, i previsti « centri di assistenza ». Ma quello che più colpisce è che, malgrado le risoluzioni di decine di congressi, ultimo quello organizzato dall'Unesco a Parigi nel settembre scorso, abbiano invitato il legislatore italiano ad una netta differenziazione tra trafficanti e consumatori, il progetto Gaspari commina la stessa pena a « chiunque senza autorizzazione produce, fabbrica, estrae, offre, pone in vendita, distribuisce, acquista, cede e riceve... o illegalmente detiene sostanze stupefacenti ». Tutto vanificato, dunque: r nuovo a punto di partenza. Il grosso trafficante, la mafia italo-americana, e il consumatore occasionale, necessariamente detentore, accomunati da una norma davvero pericolosa ed equivoca. Una denuncia al proposito, è venuta anche da una lunga corrispondenza da Roma del « Times » di Londra.
Tralasciando le pene per « responsabilità oggettiva » a carico di padroni di casa, direttori di locali pubblici e responsabili di comunità (se un liceale « fuma » nella toilette va in prigione il preside), sorvolando sull'inumana disintossicazione coatta cui debbono sottostare anche coloro che intossicati non sono, se vogliono evitare il carcere, si arriva all'articolo in cui viene previsto l'obbligo, per i medici curanti, di denunciare all'autorità tutti i casi a loro conoscenza. « Non è certo trasformando il medico in poliziotto », dice il professor Luigi Cancrini, dell'istituto di psichiatria dell'Università di Roma, uno dei portabandiera della campagna contro il progetto, « che si può portare a buon fine l'opera di recupero di tanti giovani disadattati al loro primo contatto con gli stupefacenti. Al contrario, diminuirà il numero di coloro che si rivolgono al medico e la situazione di forzata clandestinità avrà conseguenze gravissime sul piano sanitario e sociale ».
Contrari a questa legge sono anche i comunisti. Il senatore Argiroffi, membro comunista della commissione Sanità, è esplicito nel condannare le motivazioni politiche del progetto: « Il tentativo di strumentalizzare un problema così scottante, gonfiando magari le cifre delle rilevazioni statistiche, nasconde da una parte la volontà di farne argomento di propaganda politica, giocando pericolosamente all'allarmismo tra i ceti più paurosi delle "maggioranze silenziose", e, dall'altra, vale forse a esorcizzare il nuovo démone della droga, come nel medioevo si faceva con le streghe e gli ereticì ». « Per moralizzare questo settore del nostro ordinamento », aggiunge Argiroffì, « il gruppo al quale appartengo si sta adoperando perché venga ratificata anche dall'Italia, al più presto e preliminarmente alla discussione di qualsiasi progetto di legge sulle droghe, la convenzione unica sugli stupefacenti firmata a New York il 30 marzo 1961, ora finalmente giunta all'ordine del giorno dei lavori della commissione. Ma, restando al progetto in esame, deve essere denunciato il suo carattere autoritario, quasi che si volesse diffondere l'uso della delazione nelle scuole e in altri, ambienti dove esiste una massiccia presenza di giovani ».
Parole simili, tutto sommato, a quelle che si potevano leggere su Liberazione, il giornale radicale di Marco Pannella: « Ci troviamo forse di fronte ad una campagna di moralizzazione di stampo clericale nella quale vengono coinvolti drogati e rapinatori, delinquenti e non, da presentare all'opinione pubblica all'insegna del motto "salviamo i nostri figli" come responsabili di una presunta crisi morale del nostro paese? E non viene il fermo di droga riproposto oggi, quando, a due mesi dalla riapertura delle scuole, gli studenti danno di nuovo segno di attività politica?».
Per gli oppositori, insomma, non c'è tempo da perdere. Esiste il pericolo che si finisca per considerare « drogato » ogni cittadino scomodo. Quello che preoccupa è il clima, si dice. Un progetto può anche non essere approvato, non per questo chi l'ha sottoscritto è meno libero dl colpire nuovamente, anche a distanza di poco tempo. Del resto, se la legge è arrivata in commissione, con tanti progetti più importanti che attendono da tempo, è segno che verrà rapidamente esaminata. Il relatore senatore De Carolis è stato chiaro: a suo parere i lavori procederanno « a ritmo sostenuto ». (N.V)
AGGIORNATO IL 14 AGOSTO 2016
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