02 aprile 2016

EUROPA? Troppo grande per essere una Patria (Leopardi). E troppo tardi, ormai.

«Le città antiche, se anche erano piccole come le moderne, e tuttavia servivano di patria, erano però piú importanti assai, per la somma forza d’illusioni che vi regnava e che, somministrando grandi eccitamenti e premi grandi, ancorché illusorii, bastava alle grandi virtú. Ma questa forza d’illusioni non è propria se non degli antichi, che come il fanciullo sapevano trar vita vera da tutto, ancorché menomo. La patria moderna dev’essere abbastanza grande, ma non tanto che la comunione d’interessi non vi si possa trovare, come chi ci volesse dare per patria l’Europa. La propria nazione, coi suoi confini segnati dalla natura, è la società che ci conviene. E conchiudo che senza amor nazionale non si dà virtú grande» (Giacomo Leopardi, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura [“Zibaldone”], Le Monnier, Firenze 1898, p. 896).

      Non ricordavo questo passo del grandissimo Leopardi. Argomentazione molto acuta e sensata. L'amor di Patria già è difficile in un Paese dalla Storia antica e per secoli diviso - una città contro l'altra - come l'Italia, che perciò continua ad avere municipalismi meschini e provinciali (e il filosofo-poeta di Recanati ne sapeva qualcosa, viste le parole sprezzanti che ha verso l’ottusità dei suoi concittadini).
      Del resto, non si può sostituire l'amor di Patria, che è sentimento che si nutre di vicende eroiche comuni, e si matura lungo secoli, grazie soprattutto alla medesima lingua [v. l’importanza determinante della lingua comune nella genesi del sentimento nazionale di unità italiana], con la "passione" prima per un’arida zona doganale di libero scambio, poi per una burocrazia unificatrice di mere leggi e regolamenti industriali ed economici. Figuriamoci che trasporto emozionale potrebbe esserci – specialmente ora che è chiara a tutti i popoli d’Europa la mancanza di forti idee comuni, perfino per contrastare l’islamismo fanatico e la destabilizzante immigrazione forzata dall’Asia e dall’Africa – verso una Federazione politica, di là da venire, e comunque ormai troppo tardiva.
      Ma gli Stati Uniti, allora? Il caso dell’unione politica degli USA, madre di tutti i confronti, è diversissimo, perché la Confederazione coincise quasi con le lotte per l’indipendenza dall’Inghilterra e con la raggiunta libertà. Un evento eponimo unificante. Per noi Europei, all’opposto, non fa testo la forzosa unione burocratica e culturale imposta dai Romani dall’alto della loro civiltà a popoli in molti casi rozzi e primitivi, capaci solo di tenere le armi in pugno, senza democrazia, controllo sociale e opinione pubblica. Un’Europa “subìta” anche quella, ma almeno unificata dalla lingua latina, a differenza di oggi. Dopodiché, per i popoli del continente europeo seguirono 2000 anni di vite e lingue separate, gli uni contro gli altri.
      Perciò l'Unione europea, tanto più a volerla completa (politica, diplomatica, militare, finanziaria ecc.), è una cosa insieme nuova e vecchia, superata perché fuori tempo massimo, e comunque perfino la versione minima attuale appare fredda, quasi solo per politici, economisti e funzionari che vi lavorano, per niente sentita dai cittadini. Ma come – mi si obietterà – non eri un europeista ultras fino a pochissimi anni fa, uno che portava in palmo di mano il Manifesto di Ventotene di Spinelli, Rossi e Colorni, uno che si vantava come tutti i moderni Liberali e Radicali di aver sostituito semplicemente il coraggioso nazionalismo del Risorgimento italiano con l’Europeismo, cioè una piccola Patria con una grande e sovrannazionale?
      Già, ma ora ci si accorge che il nostro forte europeismo di adolescenti e giovanie liberali era tutto di testa, solo ideologico, passionale, copiato dagli idealisti che ammiravamo (esperti di opposizione al Fascismo, non di democrazia), insomma poco razionale. Perché la Ragione – ha insegnato Croce – è anche e soprattutto Storia. E la Storia e l’osservazione psicologica ci hanno fatto vedere che in democrazia gli ideali si trasformano ben presto in politica di mediazioni snervanti e inconcludenti, in apparati burocratici che prendono il sopravvento, in popoli sempre più distanti, abulici, egoisti, ottusi, anti-politici. Mentre, per fare un nuovo Stato, come sarebbe una confederazione europea (“Stati Uniti di Europa”), ci vuole un idealismo diffuso, tra i politici, gli amministratori, i burocrati, i cittadini qualunque. Che oggi non c’è; anzi, ce n’è sempre meno di quel po’ che era avanzato da Risorgimento e Resistenza.
      Per di più se l'Europa oggetto del tuo amore non ti ama (e non c’è dubbio che l’Europa, perfino la modesta Unione Europea di oggi, non ama i suoi cittadini), devi lasciarla, se non odiarla. L'Europa andava ricostituita secoli fa, caduto l'Impero Romano, e soltanto nei brevi intervalli della sua travagliatissima storia in cui si presentavano le condizioni storiche adatte. Come nel Rinascimento (a opera di un Principe dispotico), nel Settecento (su stimolo degli Illuministi e ad opera d’un re illuminato), o al massimo nell'Ottocento del popolo diventato borghesia (ideali di libertà, Liberalismo romantico, idealismo, coraggio).
      Ma oggi è davvero troppo tardi. Anzi, è sempre più tardi.
E poi, perfino l'Europa geografica appare a noi, come del resto appariva a Leopardi nel 1821, troppo grande. L’Unione burocratica e mercantile di oggi ha troppi Paesi, accolti troppo affrettatamente da una classe di politicanti senza scrupoli – e quelli europei sono i più mediocri – solo per “far numero” e "massa critica", per provare in qualche modo sul campo i loro giochi virtuali di mercato globale e di “risiko” geo-politico, senza alcun coinvolgimento preliminare dei cittadini, senza nessuna lunga e lenta maturazione civile ed "educazione alla Patria comune" di popoli ormai resi cinici ed egoisti da tragedie e storie contrastanti.
Troppi limiti, insomma, perché l'unione politica e sociale possa non solo realizzarsi, ma addirittura essere desiderabile.
      E soprattutto (Leopardi, pur idealista, aveva capito tutto parlando esplicitamente di “comunione d’interessi”) va sottolineato che tutti i popoli europei hanno e manifestano tuttora, perfino dopo decenni di mercato comune, trattati e Unione economica, interessi contrastanti tra loro, che non accennano ad appianarsi, ma anzi stanno diventando sempre più divergenti col prevalere evidentissimi degli interessi di Germani, Gran Bretagna e Francia sugli altri. Non parliamo poi delle psicologie e idiosincrasie dei popoli e perfino dei singoli cittadini! Io, p.es., sento di non aver nulla a che fare con molti Paesi europei, mi sento più vicino a Israele, per dire, che agli abitanti di Svezia e Spagna, Scozia, Grecia, Malta, Cipro, Lituania, Slovenia e Croazia.