29 gennaio 2006

I GRANDI FESTIVAL JAZZ. Niente nostalgia: erano più inquinati di oggi

"Il Festival di Montreux, con tutta la sua fama mostra soltanto le varie incarnazioni stagionali del potere discografico e dello show business", scrivevo tanti anni fa sull'Espresso. E oggi è ancora peggio. Ma poi il festival di Montreux è ancora un festival di "jazz"? Non lo credo. E' ormai pieno di musicaccia commerciale e rock.
"Lo scorso anno - scrivevo - ogni serata veniva "dedicata" poeticamente ad una ditta: " Quest'oggi, in onore della Columbia, presentiamo... ". In Europa e nel mondo è l'esempío di come non dovrebbe essere un festival di jazz, una sfacciata orgia consumistica, più una sala contrattazioni di borsa che una rassegna musicale. Tutto vi si svolge per comodità non del pubblico o dei musicisti ma delle case discografiche che registrano in diretta ("Líve!" stamperanno poi sulle copertine psichedeliche di cattivo gusto) e della televisione".
Altro che "favolosi anni 70" o 80. La musica commerciale imposta da direttori "artistici" ignorantissimi con la scusa del "popolare" o del "facile" (facile per loro, ovviamente), deturpava i grandi festival di Newport o Montreux. Un pretesto per fare soldi subito. D'accordo, ma perché non farli con un po' di selezione quando si può? E poi, vabbè, facevo un po' di facile critica di costume, visto che a me le folle e la massa in genere mi ha sempre dato fastidio.
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"Tutto viene rapidamente monetizzato dal cervello di Claude Nobs, un ragazzone quarantenne occhialuto e impacciato che sa bene come fare i soldi pur continuando ad aver l'aria di rimetterci, giocando al mecenate". Mentre i venditori di dépliants e di "T shirts". le volgari magliette gialle con l'emblema del festival, facevano affari d'oro e la finta sussistenza distribuiva ai ragazzi - con l'aria di regalarli - panini senza sapore per 5 o 7 euro di oggi, quattromila giovani che avevano pagato qualcosa come 30 o 50 euro a serata con toppe costosissime sui jeans sdruciti e l'Hasselblad (a quei tempi la Ferrari delle macchine da foto) regalatagli da papà pronta a eternare l'idolo, applaudono tutto ciò che ritengono possa accadere sul lontanissimo palco, ingombro di amplificatori in modo inverosimile. Come lamentarsi se il prezzo del biglietto ha richiamato un pubblico sbagliato?" (ahi ahi, caro Nico, troppo moralismo, e pure un po' classista).
"Il grande pianista Cecil Taylor, apparso in serata di grazia, e la cantante Flora Purim, una Orietta Berti del Sudamerica, accomunati dalla stessa sonnacchiosa indifferenza. Almeno ne fosse venuto granché sul piano artistico. Fatta indigestione di blues, gospel e gruppi vocali d'ogni tipo, restava da applaudire il gruppo di Cobham e dei fratelli Brecker, l'Art Ensemble e uno stanco e facile Sonny Rollins, mentre la vera rivelazione dei dieci giorni di "grande bouffe" jazzistica sono state le big band di Thad Jones e di Gil Evans, specie quest'ultima che ha presentato un linguaggio articolato e coloratissimo con passaggi cupamente drammatici, tra i quali brillavano per contrasto gli stupendi assoli della tromba di Hannibal e dei sax di Billy Harper".

Foto di Nico Valerio: Sonny Rollins alle prove del Festival di Montreux, Wynton Marsalis al Festival di Pescara.