23 agosto 2015

COSTUME. Se a un boss zingaro della mala fanno un funerale molto sfarzoso.

Non si era mai vista una montatura così ipocrita. Muore il capo-clan della potente famiglia dei Casamonica – origini zingare e parecchi guai con la Giustizia, con un alto tasso di denunce e condanne – e il clan gli tributa, com’è costume tra gli zingari e in una certa malavita dai gusti grandiosi quanto pacchiani, un funerale degno di un Padrino cinematografico: carrozza barocca trainata da sei cavalli, banda musicale con musiche da film, lancio di petali di rosa da un elicottero neanche autorizzato, manifesti affissi sulla chiesa col boss ritratto con abito bianco e la croce come un Papa, folla di parenti e membri del clan ecc. Con il benestare del parroco (lo stesso che aveva rifiutato i funerali a Welby, il radicale fautore dell’eutanasia), con tanto di permessi per presenziare alla cerimonia concessi con urgenza da magistrati e poliziotti ai parenti agli arresti domiciliari, la totale assenza di controlli da parte di Questura, Prefettura e Comune. Questi i particolari che hanno fatto strappare i capelli e gridare in modo spropositato allo scandalo tutti i media e i commentatori politici (tranne Sgarbi, con cui concordo pienamente: siamo gli unici fuori dal coro), fino alla richiesta addirittura delle dimissioni di questore, prefettto, sindaco e ministro dell'Interno. Bum!

La solita patologica tendenza all'esagerazione parossistica, all'emotività più sfrenata, anzi al calcolo politico più strumentale e opportunista di cui soffre l'Italia fin dagli inizi del Novecento, cioè quando entrò in crisi, soprattutto per colpa del suffragio universale concesso a masse contadine, ignoranti e reazionarie, la gloriosa idea di Patria e l'unità psicologica e culturale costruite faticosamente dai Liberali nel Risorgimento.

Per una sciocchezza del genere, un funerale ostentato e pacchiano come ce ne sono tanti ogni giorno, specie al Sud, visto stavolta come "provocazione" grave, si è levata un'esagerata generale indignazione a comando che ricorda tanto il famigerato e qualunquistico Bar delle Cinque Stelle. Il guaio è che, purtroppo, il coro di proteste così prolungato e assordante ha incuriosito, ovviamente, la stampa estera (che, menomale, per fortuna nella sfortuna ha intitolato: “I funerali in stile boss della Mafia indignano Roma”). Ma intanto, subito dopo l'altra mistificazione di "Mafia Capitale" - titolo giornalistico a effetto inventato addirittura dai magistrati - tutto il Mondo si rafforza nella convinzione, per colpa dei moltissimi anti-italiani fautori del "tanto peggio, tanto meglio", che a Roma c'è la Mafia. Il che non è assolutamente vero: c'è criminalità, certo, come in tutte le metropoli, anzi, con meno omicidi delle altre capitali. Perché la criminalità organizzata è un concetto, la Mafia un altro.

Ma ora che politicanti, giornalisti e il popolo del web si sono sfogati, è ora di dire basta a questa strana esagerazione. Un pensiero unico (non-pensiero) penoso, ingenuo, moralistico, autoritario, che mostra tutti i suoi limiti, anche di buonsenso. L'intera faccenda si è rivelata una penosa e ipocrita montatura, una masochistica bolla di sapone, dannosissima per l'Italia, che – subito dopo l’altra negativa campagna denominata “Mafia Capitale” – sembra sia stata fatta a posta per far parlare male di Roma e della solita “Italia corrotta” tutti i giornali stranieri, che non aspettavano altro. Vergogna!

Vediamo, perciò di analizzare i fatti e il loro effettivo valore alla luce della Ragione. I Casamonica sono un clan zingaro, numeroso (loro stessi parlano di 1000 persone) e molto legato come tutti i clan zingari benestanti e stanziali, quindi abituati ad avere cosiddetti “re” e “regine”, a ostentare oggetti di color d’oro e gioielli (gli zingari in origine erano calderai e cesellatori), ville esagerate e Kitsch, a organizzare funerali vistosi, fatti – come facevano gli Antichi – non tanto per i morti, quanto per allietare i vivi della propria famiglia e mostrare il proprio benessere, che è un elemento di coesione, antropologico e psicologico, "interno" al clan, come si vede in tutte le società e i gruppi tradizionali. Possibile che nessuno abbia letto un manuale di antropologia culturale?

La presidente dell’Anti-Mafia, Bindi e molti politici hanno biasimato una “ostentazione” fatta secondo loro per “lanciare messaggi” di potere alla malavita, per incutere timore e rispetto o “impressionare” gli estranei! E chi, di grazia, in una grande città dispersiva e distratta come Roma, forse i passanti pensionati Inps, la casalinghe di periferia, gli studenti? I convenuti erano visibilmente già membri del clan più qualche curioso di quartiere. Dare il "cattivo esempio" ai giovani? Appunto, se è per questo, allora a maggior ragione andava ignorata, coperta dal silenzio. Invece, ora tutto questo clamore – secondo noi strumentale: chissà perché o per distogliere da che cosa è stato sollevato – ha finito per fare pubblicità al boss e al clan.

Perciò niente di gravissimo e neanche grave in questo banale funerale Kitsch. E' l'estetica che ne è colpita, semmai, non l'etica. Le cafonate della carrozza barocca e dorata con un tiro a sei cavalli, fatta venire da Napoli a bordo di due Tir, i petali di rosa gettati dall’elicottero, la musicaccia strappacuore della banda (curiosamente diretta da un ex-carabiniere), i manifesti col morto vestito di bianco come un Papa, si ritorcono col loro ridicolo contro chi le ha inventate, e sono del tutto coerenti con un ambiente del genere.

Ma i Casamonica sono anche un gruppo che ha fatto i soldi infrangendo il codice, facendo la malavita, e non pochi esponenti, a partire dal capo-clan appena defunto, hanno avuto denunce, condanne varie per i più diversi reati. Vero. Ma alcuni erano ai domiciliari e hanno avuto il permesso dai giudici. Altri avevano già scontato le loro pene ed erano liberi cittadini. Ora, dopo decenni di scarsa attenzione al defunto vecchio Casamonica, il che gli ha permesso di accumulare denaro e reati, solo in occasione del funerale i giornalisti, i politici, i magistrati si ricordano di lui e gridano allo scandalo? E dov'erano questi moralisti fuori tempo massimo quando i Casamonica tendevano la loro rete di piccole e grandi illegalità? E se questi zingari sono così imbarazzanti da non meritare di essere presenti al funerale del loro capo-clan perché si sono macchiati di reati, come mai non sono stati di nuovo arrestati dai Carabinieri e Magistrati durante il funerale stesso? Perché delle due l'una: o sono criminali o no. Perciò in mancanza di nuove denunce anche i Casamonica sono liberi come gli uccelli, se sono a piede libero, e possono fare quello che vogliono. Anche funerali Kitsch. Con le licenze in ordine, s'intende.

Il parroco ha dato i funerali - ha dichiarato - perché il Casamonica come tutti gli zingari era super-credente e cattolico fervente. Welby, no, era ateo (credente è solo la moglie Mina). Noi che siamo atei, ma persone di buonsenso, lo sapevamo. Loro no? Ma – insistono i tanti moralisti d’accatto che prima parlano male dei preti, poi sotto sotto attribuiscono alla religione il ruolo del monopolio della moralità – «la Chiesa non può trattare i mascalzoni come i buoni solo perché dicono di essere cattolici». Vero, nessuno dovrebbe farlo. Ma, a parte le valutazioni sulla bontà di ognuno (pochi si salverebbero a un esame severo), è vero il contrario: la Chiesa, specialmente quella Cattolica, sembra interessata più ai peccatori, che deve redimere, che agli onesti, i quali bastano a se stessi, come ripetono i preti Vangelo alla mano.

Tutte cose risapute. Anche se ammettiamo che ugualmente ci urtò parecchio, anni fa, che il capo della banda della Magliana, Renatino De Pedis, dando offerte alla Chiesa e professandosi cattolico, fosse riuscito ad avere una tomba in un’importante chiesa monumentale del centro di Roma. Ma la Chiesa Cattolica Apostolica Romana è così, e da molti secoli, forse da sempre. Non solo, ma perdona con grande facilità: uno ammazza qualcuno, poi si “pente”, va dal confessore e torna pulito. Troppo comodo, addirittura ingiusto nei confronti degli onesti, scandaloso e vergognoso per noi laici e atei. Insomma, la Chiesa cattolica è così: prendere o lasciare. Quindi non ha fatto un trattamento di favore al Casamonica.

E poi, vogliamo forse istituire pene moralistiche accessorie non previste dal Codice e in contrasto con la Costituzione, come la condanna preventiva a una vita low profile, all'understatement, alla damnatio memoriae? In democrazia liberale, nello Stato di diritto, non è possibile, ed è ridicolo solo pensarlo. Che facciamo, andiamo a indagare nella vita quotidiana di tutti i cittadini, anche incensurati, per individuare i "mascalzoni", e vietiamo loro sfarzo, esibizionismo, feste e champagne? Ma allora dovremmo indagare e punire alla sobrietà anche commercianti disonesti, professionisti che non pagano le tasse, avvocati collusi con la controparte, ingegneri e architetti che fanno costruzioni squallide, insegnanti ignoranti, giornalisti raccomandati, perfino le signore che posteggiano l'auto in seconda fila!

Restano, perciò, solo le quisquilie in questa vicenda, doppiamente squallida e sottoculturale: per chi l'ha creata e soprattutto per chi l'ha criticata. La banda aveva il permesso? No. Era tollerata, trattandosi d’un funerale? Male. Avete mai provato a eseguire musiche o spettacoli in piazza senza autorizzazioni? E le tante auto avevano il permesso? Forse sì, essendo scortate da vigili. L’elicottero aveva i permessi? No, il pilota non aveva consegnato il piano di volo né poteva volare così basso in città. E infatti è stato penalizzato. Insomma, piccolezze da far sbrigare a un sonnacchioso vigile urbano e a un impiegato dell'aeroporto dell'Urbe, niente a che fare con un nuovo Al Capone.

E ora per favore, basta con questa montatura (tre pagine del Corriere della Sera: a che punto è decaduto!) che oltretutto ha danneggiato l’Italia all’estero. E’ ora di finirla coi finti scandali, quando a quelli veri nessuno pensa. Forse è per questo che sono stati fatti scoppiare?

E già che ci siamo, basta anche con i professionisti dell’anti-mafia. Sappiamo che, dai tempi dello scrittore Leonardo Sciascia questo è un argomento spinoso. Certo, la stessa parola “Mafia”, lo sappiamo, “paga”, fa audience, dà notorietà, aumenta i lettori e gli spettatori, legittima commissioni inutili e di potere, gratifica politici mediocri, giustifica promozioni e tutele tra investigatori. Ma un fenomeno tipico della Sicilia, dove la Mafia vera uccideva, altroché, e si guardava bene dal trafficare con la droga – cosa che invece la presunta “Mafia”, cioè la criminalità comune oggi fa abbondantemente, senza quasi uccidere nessuno – non può essere “esportato” da magistrati e “mafiologi” ovunque, addirittura fino in Russia. E’ sbagliato, perciò, considerare qualsiasi criminalità organizzata come “Mafia”, parola grandiosa che pare incutere rispetto e considerazione, ormai, solo tra politici e magistrati, guarda caso, meridionali. Sono loro che di fatto fanno a questo nome la massima pubblicità e importanza, più dei loro presunti capi. E’ un errore gravissimo, anche storico e sociologico, visto che la Mafia era indissolubilmente legata al territorio siciliano e alle sue regole arcaiche, e che "esportata" al Nord, come sostengono i mafiologi ha annacquato o perso tutte le sue caratteristiche per regedire a comune criminalità, organizzata o no. Così, ci tocca di vedere da una parte che politici, giornalisti, commentatori e magistrati finiscono paradossalmente per magnificare omuncoli che andrebbero invece trattati con la sbrigatività e il disprezzo che si hanno per banali delinquenti (senza regalargli addirittura le prime pagine dei giornali); dall’altra assistiamo con sgomento e rabbia ad una continuata azione di discredito all’estero dell’Italia, ovvero degli Italiani, compresi i "mafiomani" stessi e i tanti a cui conviene riempirsi di continuo la bocca della parola Mafia, e purtroppo anche di tutti noi.

AGGIORNATO IL 24 AGOSTO 2015

1 Comments:

Anonymous Farmacista di Bomarzo said...

Bravo, sono d'accordo, è ora di finirla con quelli per cui tutto è mafia. Mafia non è sinonimo di delinquenza. Hai ragione agiscono da propagandisti.

23 agosto 2015 alle ore 15:00  

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