NATURA E SPIRITO. Contro gli abusi della Chiesa, spiritualità naturista, laica.
Premetto che non sono spiritualista né religioso, ma avendo un bellissimo e significativo anagramma perfetto (Nico Valerio = Invero Laico) non posso essere contrario all’uso che l’amico Paolo d’Arpini, descrivendo in una sua pagina scritta a Calcata un curioso evento da lui promosso, ha fatto del termine “laico”, abbinandolo sia a Natura che a Spirito. Per lui esisterebbe immanente alla Natura una sorta si spiritualità diffusa di carattere laico-pagano. Non ci trovo nulla di scandaloso. Un uso che è ben diverso da quello machiavellico e truffaldino dei clericali, papa Giovanni Paolo II in testa e qualche politologo finto-laicista a fargli da contorno (”ed è subito Pera”, parodiando Quasimodo), per cui i “laici” sarebbero loro, cioè preti e clericali nientemeno.
Non so che cosa sia esattamente nell’intuizione di D’Arpini, ma posso benissimo intuire e ammettere che esista una “spiritualità laica”. L’espressione suona bene ed è analoga alla famosa “religiosità laica” di cui erano animati i grandi liberali del passato, soprattutto i pensatori, come il grande Benedetto Croce, che proprio sullo spirito, lui laicissimo, fondò una sua teoria (“filosofia dello spirito”) che ebbe grande influenza sulla cultura italiana ed europea.
E che cosa era lo “spirito” per il non-credente Croce? Se ho capito bene, era l’unica, vera, realtà che unifica l’Uomo e la Natura, cioè la Storia. E gli accadimenti – aggiungo io – si riferiscono anche alle piante e agli animali, infatti un tempo si parlava (oggi un po’ meno) di “storia naturale” come somma di botanica e zoologia ed ecologia. Comunque, la realtà, per il laico Croce, è manifestazione dello Spirito. E’ lo Spirito che si realizza nella storia. Ogni sapere ha perciò natura storica. La filosofia stessa non è altro che metodologia della storiografia. Così, al contrario, si può dire che la realtà ha natura spirituale, come avevano detto anche Giambattista Vico e Francesco De Sanctis. Insomma, la spiritualità non è la deteriore inazione dei monaci o il compiere riti strani e ripetitivi sotto una statua o ascoltare passivamente preghiere o recitare rosari-mantra o essere superstiziosi e credere ai fantasmi o al gatto nero, ma è il massimo dell’attività libera e creatrice, perché lo spirito in noi è forte e libero. Tanto da determinare nel suo divenire gli eventi, la Storia appunto, che è la somma di tutte le attività dello Spirito. E l’attivismo dello spirito si può dividere in quattro campi: conoscenza del vero (filosofia) e del bello (arte), volontà dell’utile (economia) e del bene (morale). Pensa un po’, d’Arpini, che importanza aveva e forse ha tuttora lo spirito per i laici (o laicisti?).
Non mi è difficile, perciò, accettare che dalla osservazione-narrazione d’un filo d’erba o d’un falco il nostro spirito ci porti a quell’universale che si esprime anche nelle “leggi di Natura”, e che da tutte le piante e da tutti gli animali possibili emerga una spiritualità naturalistica e quindi laica che ha al centro l’uomo in quanto pensante e narrante questa meravigliosa “storia naturale” e il suo ambiente.
Ma parlarono di spiritualità laica anche tanti uomini laici, di pensiero ma più spesso pratici, che si espressero nella politica e nella cultura (alcuni sfiorarono la filosofia, ma sempre filosofia della storia), da Parri a Omodeo, da Nathan a tutti quelli di “Giustizia e Libertà” e del Partito d’Azione, e poi al settimanale Il Mondo, da Ernesto Rossi ad Aldo Capitini (quest’ultimo, coincidenza, grande vegetariano e teorico della non-violenza gandhiana).
Grande generazione, l’ultima ad aver dato dignità e onore all’Italia. Che era una forte esigenza morale, una intransigenza ideale che aveva del religioso, e che accomunava anche quelli che tra loro erano atei ai grandi Riformatori, ai Calvinisti e comunque ai protestanti del passato. Che, non dimentichiamo, ripulirono la Chiesa di Roma delle sue corruzioni, dalle vendita delle indulgenze, dalla simonia, dall’ipocrisia, dal “perdonismo” ambiguo e complice. Ma così, certo, apparvero molto più severi, e quindi impopolari nel corrotto mondo cattolico italiano. Ma da naturista mi chiedo, essendo anche tu immerso totalmente nella Natura come me, se non sia forse il caso di definire questo genere di trascendenza morale, questa urgenza etico-naturalistica, questo immanentismo etico, appunto, come “spiritualità naturalistica”. Sarebbe un bel nome.
Attenti, però, se facciamo una ricerca scopriamo che qualche matto emarginato tedesco lo ha già usato per collegare, nientemeno, la cultura ecologica alla presunta e aberrante “spiritualità” del Superuomo nazista. Fatti loro, dirai: se qualcuno, come la Chiesa o i nazisti si appropria di termini elevati e seducenti per nascondere il proprio vero messaggio, noi che c’entriamo? Eh, no… Le parole sono semantemi – o dovrebbero esserlo – da cui si dovrebbe in teoria poter risalire alla vera idea sottostante e alla personalità di chi le usa.
Se scegliamo questa espressione, perciò, stiamo bene attenti a mettere le mani avanti e a distinguerci da coloro che approfittando dell’altrui ignoranza, senza avere nessuna spiritualità (proprio loro, figuriamoci), si definiscono ”spiritualisti naturalisti”. Però, l’espressione è talmente bella che potreste riappropriarvene. Anzi, il termine esatto dovrebbe essere “spiritualità naturista”. Deriva da Naturismo o filosofia della Natura.
Com’è noto agli antropologi e storici, le religioni antiche, tutte immanentistiche e naturalistiche, perché dalla osservazione della pianta, dell’animale o della Luna i nostri Progenitori arrivavano a ipotizzare un Ente superiore, quando non adoravano direttamente la pianta, l’animale o la Luna in quanto tali. Era questa una forma di Naturismo primitivo. Nei dizionari migliori il termine “Naturismo” ha anche questo antico significato religioso. Il grande Gabrielli in due volumi, secondo me il migliore vocabolario italiano, alla voce “Naturismo”, come terzo significato scrive: “Nella storia delle religioni, la dottrina che considera certe particolari forme di religioni primitive come la divinizzazione degli elementi e delle forze naturali, personificati spesso in figure di dèi”.
Ma sì, chiamatela pure, caro d’Arpini, spiritualità diffusa, spiritualità laica, spiritualità naturista. E così non avrete imitatori o concorrenti.
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