27 settembre 2006

WELBY, grande uomo, non un mostro bionico: fugge i sadici "cristiani"

L'appello drammatico di Piergiorgio Welby, immobilizzato da una distrofia muscolare all'ultimo stadio che gli impedisce di parlare, di mangiare, perfino di respirare, senza macchine complesse e computer, perché gli si conceda almeno una morte dignitosa, ha colpito l'opinione pubblica ed ha posto all'attenzione dei politici finalmente il tema del "testamento biologico" e della buona morte, l'eutanasia.
Eppure, per nulla scossi dalla lucidità di Welby, che dichiara di amare la vita, ma di essere costretto a scegliere la morte solo perché quella che gli riserva il male incurabile e progressivo non è più vita umana, certi intellettuali cattolici hanno dato il peggio di sé. Come ha accusato senza mezzi termini lo scienziato Boncinelli, siamo ormai alla "cattiveria" aperta, alla crudeltà inutile, al sadismo di chi attento solo alla propria "coerenza" di cristiano integralista e fanatico condanna il povero Welby alla "vita", sì, ma ad una vita biologica mostruosa e disperata che non ha nulla della vita umana.
Nel sito Salon Voltaire http://salon-voltaire.blogspot.com/ ospito volentieri le dichiarazioni politiche del "radicale moderato" Benedetto Della Vedova sull'eutanasia, e subito dopo il post dell'amico Della Ragione, medico e libero pensatore napoletano. Le sue sono righe molto umane e sensate, laiche proprio perché non dogmatiche.
Altro che la sbandierata "verità" degli stolti: più la pronunciano, più mostrano di esserne lontani. E la nota fa capire anche ai non esperti che in biologia umana non si riscontrano quelle certezze assolute e "di principio" che piacciono tanto a filosofi e teologi.
Insomma, può sembrare poetico, ma discende dalla scienza: la vita viene "a poco a poco", in un processo tutto sommato "lento". Altro che il "fiat lux" della leggenda della Creazione dell'Universo. E, allo stesso modo, "a poco a poco" la vita se ne va.
Tant'è vero - aggiunge Della Ragione - che perfino al cadavere nella bara, magari già sotterrato, continuano a crescere i peli della barba. La Natura non ama le separazioni nette. E i manichei ultra-cattolici devono rendersi conto che un po' di morte c'è già nella vita, e un po' di vita aleggia ancora nella morte.
Con questi confini labili e discutibili, perde un po' di drammaticità e del significato "di principio" anche il problema della "buona morte". E torna pragmaticamente nell'alveo del diritto e dell'etica sociale, la morale comune del momento (il "comune sentire" di volta in volta testimoniato dai sondaggi). Mannheimer trova che oltre il 60 per cento dei cattolici (per non parlare dei non cattolici) è favorevole alla buona morte, con garanzie e condizioni s'intende.
E' giusto che il Papa dica di no, ci mancherebbe. Sta lì per dire queste cose. Ma noi laici, dopo averlo omaggiato, dobbiamo fregarcene altamente del suo parere, come di quello di tutte le religioni.
Lo scopo della vita umana è il dolore o la felicità? In una società in cui le malattie terminali, le grandi e insopportabili sofferenze, gli umilianti impedimenti fisici e psichici, sono vissuti come torture e scandalose ingiustizie, compito di una società liberale è quello di attenuarli o farli cessare. E se la vita è peggio della morte, per pietà si venga in soccorso dei disperati.
Welby oggi è solo cervello, e che cervello! E' un grande uomo. Un uomo di grande intelligenza e di alta moralità. Da solo vale cinque Pere, sei Buttiglioni, dieci Giovanardi. Merita una medaglia, a lui si intitoleranno associazioni, vie, ospedali. Forse è già oggi un esempio per molti. Un tipo così dovrebbe vivere, altro che morire. Ma se vuole morire perché lui stesso, con quel cervello che ha, ritiene troppo poco il poter soltanto pensare, be', a malincuore il suicidio programmato dobbiamo concederglielo come parte delle sue inalienabili libertà.
E la libertà di vivere comprende anche la libertà di morire. Con buona pace di quei mediocri e cinici "cristiani" che, come ha detto lo scienziato Boncinelli, oggi danno scandalo con l'esercizio della loro "cattiveria", cioè il gusto egoistico della coerenza, non dirò intellettuale (visti i personaggi), ma dei principi ideologici, e vorrebbero condannare un uomo come Welby - loro, i "caritatevoli" - alla vita artificiale e disumana dell'automa, dell'uomo-macchina, insomma all'atroce sofferenza d'un mostruoso e incompiuto essere bionico.

7 Comments:

Blogger Nico Valerio said...

E gli Italiani dovrebbero essere grati ai Radicali che sono stati i primi e gli unici a sollevare il problema dell'eutanasia.
E così, oggi, senza strafare, con dignità e senza strumentalizzazioni ciniche,
stanno facendo di questo caso drammatico un caso politico.
Come fecero ai tempi del divorzio o dell'aborto.
Anche allora furono i "casi umani", le situazioni insostenibili, le testimonianze commoventi, a sollevare l'opinione pubblica.
Grazie Pannella, Capezzone e Cappato, per tutto quello che state facendo per la libertà in Italia.

27 settembre 2006 alle ore 13:03  
Anonymous Anonimo said...

Io penso che la vita sia un dono del Signore( anche se talvolta può capitare che avremmo preferito non averlo ricevuto) e solo Lui può disporre di essa. Non è però un dono del Signore il voler mantenere in vita artificiale un cor- po che con la Vita non ha più nulla da spartire, ma solo una esercitazione di accademia medica di cui ogni Uomo deve poter disporre di farne a meno. Il fatto che poi di questo diritto debba essere Mastella o Marini a dover disporre rende ancor più penosa la sfortuna d'esser cittadini italiani. saluti. donato rana

27 settembre 2006 alle ore 14:37  
Blogger RENATO BARNEY said...

Assolutamente condivisibile la tua analisi, caro Nico: trovo giustissimo che da liberale vero, e non acquisito, tu rivendichi il principio universale della Tolleranza (= non quella ... delle case!!!) :)
Ciao da Renato Tubére

27 settembre 2006 alle ore 16:41  
Blogger pierluigibaglioni said...

Sono un cristiano ateo dall'oratorio, quando il prete mi diceva che il sesso è peccato e lui si trombava le parrocchiane. Capii che le religioni si fondano sulla ipocrisia. Difatti i sepolcri imbiancati della fede fanno quel che loro piace e conviene, anche se è male, ma parlare bene, e si professano di nobili intendimenti rompendo i coglioni agli altri.

Come a Welby. Nel cui caso neppure di eutanasia si tratta che per seguire le sue volontà basterebbe staccare la spina non più salvezza ma ossessione.

Come fece Claudio Villa mandando a fare in culo i paraculi, medici volevo dire, che si accanivano terapeuticamente su di lui.

Cosa che Welby farebbe di buon grado ma non può potendo muovere soltanto gli occhi.

27 settembre 2006 alle ore 18:02  
Blogger pierluigibaglioni said...

Claudio Villa in diverse condizioni staccò da se i tubi mandando a fare in culo i medici che si accanivano terapeuticamente su di lui.

Welby questo neppure può fare che muove soltanto gli occhi. Tra la sciagura che lo ha colpito questa -per me- è la peggiore.

27 settembre 2006 alle ore 18:08  
Blogger Nico Valerio said...

Ciao, caro Baglioni, ben ritrovato. Sempre complimenti per il tuo sito (e per la tua storia. e la tua personalità, lasciamelo dire)

27 settembre 2006 alle ore 18:11  
Anonymous Anonimo said...

Secondo me sarebbe un gesto umanamente comprensibile permettere, visto che si tratta di individuo nel pieno delle sue facoltà mentali, a qualsiasi malato terminale all'ultimo stadio e soprattutto in condizioni 'inumane' di decidere se, quando e come morire.

O lui o i suoi parenti più stretti. Testamento biologico? Si grazie!

27 settembre 2006 alle ore 21:30  

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