06 febbraio 2008

ABORTO. Guerra tra maschi. E Veronesi batte gli stalinisti clericali

Meno male che il 20 settembre c’è già stato, e per fortuna siamo già entrati a Roma, perché con questi chiari di luna reazionari, oggi col cavolo che si troverebbe una maggioranza disposta ad approvare la presa di Porta Pia.
E così per il diritto delle donne all’aborto, la legge 194 che ha trent’anni (fu approvata nel 78) ed è al centro di un dossier del sito Dire, Fare, Pensare particolarmente dedicato alle donne e all’ambiente. Dopo la legge sul divorzio, la legge sull’aborto ha sanato molte ingiustizie e evitato molte sofferenze. Ma ha segnato anche le lotte libertarie e il progresso dell’Italia nel dopoguerra. Anche per noi maschi, sia chiaro, anche perché i figli fino a prova contraria si fanno in due. E perché i clericali che ora se la prendono con l’aborto con la scusa pelosa dell’etica (come se loro ne avessero il monopolio, in ambiente di pedofilia, simonia e ipocrisia croniche), domani se la prenderanno con tutti gli altri diritti di libertà, uno ad uno. E infine perché la libertà di tutti è messa in forse quando viene negata la libertà ai soggetti più deboli, che finiscono per essere la cartina di tornasole delle libertà di un Paese.
Eccoli, gli atei-devoti, che sempre fingendo hanno fatto carriere giornalistiche e politiche, e soldi a palate. Con la tipica furbizia della disinformacja gesuitico-stalinista (anche Stalin studiò in seminario dai gesuiti) mistificano le parole: "laico" sì, "laicista" no, "moratoria" degli aborti, "obiezione di coscienza" dei ginecologi. Tutti trucchi di bassa lega, tutte falsità. Del resto la loro faccia tosta è proverbiale.
Anche se pieni di sé e primedonne, per lo più si tratta di politicanti e giornalisti di serie B. La prova? Quando li leggi o li ascolti, ti accorgi che non sono bravissimi come la loro fama fa credere. Entro i primi 20 secondi ci scappa sempre lo sfondone, la mattana, l’esagerazione grottesca e provocatoria da osteria di paese. La sparata che fa dire boom! In altre parole, dilettanti che ci provano. Fanno la voce grossa, finché qualcuno non reagisce. Alzano il polverone tanto per far chiasso. "Che cosa vogliono, in concreto?" si chiede Umberto Veronesi (v. articolo, più avanti). Ricordano certi caratteristi da film western, coi tratti marcati ("Lo smilzo, il grassone e la santa dell’Ave Maria"), con un passato imbarazzante di cui si vergognano. E come i ceffi pistoleri del West si presentano sullo schermo rotti ad ogni genere di avventura, col pelo sullo stomaco e la pelle fatta di scorza d’albero.
Il loro stesso linguaggio è machiavellico, mistificatorio. Fanno i finti tonti, i falsi ignoranti. Credono come la Chiesa, Stalin e Goebbels che con la propaganda, dai e ridai, una parola falsa finisce per imporsi. Mirano, è evidente, a cambiare il vocabolario, forti del fatto che lo Zingarelli, che infatti è il meno valido, si limita a registrare l’uso passivamente.
Abbiamo dimostrato in un saggio che in italiano colui che si batte per lo Stato laico e per la scuola laica, cioè per il laicismo, si chiama laicista. Come dal socialismo viene socialista, dal fascismo fascista. Laico, riferito ad una persona, può essere solo il chierichetto, il sacrestano o il campanaro. Ma loro insistono.
Ora denunciamo anche la doppiezza dell’uso del termine moratoria, cinicamente rubato alla battaglia radicale contro la pena di morte, perché insieme provocatorio e mediaticamente credibile. Ma la stessa obiezione di coscienza che fanno medici, infermieri e perfino cuochi degli ospedali, per boicottare la libertà di aborto, è solo una caricatura, perché chi obietta non paga in prima persona nessun prezzo. E dunque è solo un attentato anticostituzionale alla libertà dei cittadini, e perciò da reprimere penalmente.
Del resto, uno Stato liberale non si rimangia le sue libertà a seconda delle volubili maggioranze, o delle banderuole della classe politica e del giornalismo. E il diritto d’aborto, che viene incontro alle donne in difficoltà, è ormai un diritto incontestabile. O dobbiamo fare una seconda breccia di Porta Pia? (NV)
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Visto che stranamente noi maschi abbiamo buttato l'aborto in politica, strumentalizzando le donne, allora tanto vale dare la parola a Veronesi. Che almeno, a differenza dei clerico-stalinisti, è intelligente, pacato e razionale. Bello il suo intervento del 4 gennaio 2008 su La Repubblica:
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"La proposta di una moratoria per l’aborto andrebbe spiegata alla gente, prima che dibattuta in politica. Non tutti infatti hanno capito cosa vorrebbe dire in sostanza. Se è un appello a non praticare l’interruzione volontaria di gravidanza, allora va contro la legge; se istiga a far nascere un neonato, anche con malformazioni gravi, destinato a non sopravvivere, allora è un invito alla crudeltà. Se invece rappresenta un’apertura alla riflessione sull’aborto, perché si crei più conoscenza e più responsabilità (soprattutto da parte dei maschi), con l’obiettivo di incrementare il livello di educazione sessuale e diffondere i principi della prevenzione, allora può essere un’occasione per un dibattito profondo.
Non ci son più dubbi: se si vuole evitare l’aborto bisogna mettere in atto delle misure preventive, che stanno nell’uso corretto delle pratiche anticoncezionali. Infatti una parte significativa delle interruzioni avviene per gravidanze non volute. Ora, obbligare una donna ad avere un figlio non desiderato significa da un lato infrangere il diritto all’autodeterminazione e alla libertà di scelta individuale, dall’altro far nascere un bambino non amato dai genitori, che non potrà che crescere infelice ed emarginato quando non finirà in un cassonetto. Quindi l’interruzione di gravidanza, che oggi può essere ottenuta con la semplice assunzione di una pillola (la RU 486), è una scelta del male minore, come ha accennato ieri Massimo Cacciari, e come direbbe Paul Ricoeur.
L’aborto è un evento drammatico e traumatico che tutti – indipendentemente da idee, convinzioni e principi – vorrebbero evitare: la legge 194 nasce per tutelare chi invece si trova costretto ad affrontarlo. Si tratta di una legge civilmente avanzata che si basa sul fondamento che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e promuove la cultura della prevenzione. Il valore aggiunto di questa legge è allora proprio quello di introdurre nell’ordinamento giuridico delle finalità sociali e sanitarie, che invitano all’informazione e alla presa di coscienza dei cittadini, nel pieno rispetto del loro diritto all’autodeterminazione e alla libertà di scelta.
Non è un caso che i tempi della sua approvazione, nel ’78, furono tempi di dibattito acceso, politico ma soprattutto popolare, di manifestazioni nelle piazze e di cortei, che si conclusero con un referendum che raccolse una maggioranza a favore così schiacciante da soffocare qualsiasi voce contraria. I risultati hanno dato ragione alla popolazione perché – in numero di aborti dagli anni ’80 ad oggi è diminuito drasticamente. Il problema è piuttosto che la componente principale della legge, vale a dire la prevenzione e l’educazione sessuale per l’uso cosciente e sistematico dei metodi anticoncezionali, e la conseguente attivazione dei servizi socio-sanitari, non è stata applicata come previsto.
Vi sono anche casi legati alla povertà, che riguardano cioè coppie che desidererebbero un altro figlio, ma non hanno nessun mezzo economico per allargare la famiglia e dunque, se capita una gravidanza, si trovano costretti ad interromperla. È palese che occorrerebbero nuove misure sociali che tengano conto anche di quella parte di popolazione che oggi nel nostro Paese ancora "non può permettersi" di avere un altro bambino.
Ridurre l’interruzione di gravidanza è un obiettivo che va perseguito in ogni campo e con ogni mezzo. Nella mia professione di medico ho combattuto anch’io la mia battaglia. Mi sono battuto per non interrompere la gravidanza quando si manifesta un tumore al seno e neppure quando la gravidanza occorre in una donna già operata. Fino a pochi anni fa, l’aborto era un dogma intoccabile nel caso di tumore mammario, e io mi sono impegnato per dimostrare scientificamente che una gravidanza a termine non fa male né durante né dopo la malattia; anzi, in qualche caso, potrebbe avere valore protettivo. Questa conoscenza ha fatto nascere centinaia di bambini e reso felici altrettante donne, che inutilmente avrebbero sofferto un doppio dramma, quello della malattia e quello della mancata maternità.
Una prova in più, dunque, che è con l’informazione e l’educazione, e non con il proibizionismo, che si combattono i mali. La lotta a un grande male, come l’aborto, se viene combattuta con una misura repressiva, come la proibizione, conduce ad un male ancora più grande, che è la clandestinità delle pratiche abortive, a svantaggio dei più poveri e dei più deboli. Invece l’intervento sulle cause che sono all’origine di ogni male, conduce alla via giusta: impedire che accada.
UMBERTO VERONESI
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JAZZ. Un bell'assolo del tronbettista Lee Morgan di appena 1:46, con Wayne Shorter al sax tenore e Art Blakey alla batteria, in Goldie

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2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Forte!

7 febbraio 2008 alle ore 00:02  
Anonymous Anonimo said...

Sono una sua ammiratrice. Ora, dopo la nomina a capolista a Milano del PD, Veronesi torna in politica. Che dite lo voto turandomi il naso (per via degli olezzi PD)? Ma se ci sono i radicali...:-)

22 febbraio 2008 alle ore 23:54  

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