20 giugno 2013

LINGUA. L’italiano migliore degli Italiani. Salviamo la più bella lingua.

Giovanni_Boccaccio L'antichissima, gloriosa, musicalissima lingua italiana, così bella da piacere anche agli stranieri, pure abituati alle cacofonie consonantiche, è a rischio ormai non più soltanto d’imbarbarimento, ma perfino di scomparsa, per colpa di Italiani senza qualità e personalità, sia popolo che politici, sia accademici che imprenditori, sia professori che studenti.

E’ dell’altro ieri la decisione di alcune Università di introdurre non più solo il bilinguismo scientifico, ma addirittura, come nei Paesi del Terzo Mondo senza storia e dignità, il bilinguismo coloniale, anzi addirittura la preminenza della lingua inglese. Che fu programmata a tavolino già prima della 2.a Guerra Mondiale (Churchill e altri, v. nel link sottostante), e oggi è più colpa della passività stupida della gente prona alla pubblicità e allo snobismo delle “mezze calzette” (basta leggere le insegne di certi negozi e gli articoli di certi giornalisti di serie B) che della vittoria degli anglosassoni in quel conflitto. Infatti, come mai il russo, lingua di un altro Paese vincitore, non ha conquistato il Mondo?

La lingua italiana, pochi lo sanno o lo ricordano, è stata l’elemento unificatore del Risorgimento, insieme, anzi, prima ancora della libertà e del desiderio di indipendenza. Malgrado differenze e tradizioni secolari, l’Unità d’Italia avvenne soprattutto perché già esistevano da molti secoli Grandi Italiani che avevano scritto grandi opere in Italiano, lingua che tutti quelli che erano in grado di leggere conoscevano e leggevano, da Venezia a Palermo. E questa è la prova che la lingua è stata determinante nel processo culturale e politico di riunificazione. E anche nella vita e nei traffici di ogni giorno, gli Italiani già si capivano tra loro da sempre. E anzi, c’è chi sostiene che in fondo l’italiano era una sorta di koinè tra decine di dialetti. Ma, ecco il punto, tutti sapevano, anche parlando il dialetto locale, che quello era solo una lingua di secondo ordine, incompleta e insufficiente, e talvolta anche poco dignitosa, “di classe” in quanto non universale ma tipica del ceto infimo, o “di protesta”, come il cosiddetto “romanesco”, che infatti non è un dialetto (a cui è dedicato un altro mio blog: “Il mondo del Belli”), non la vera lingua italiana.

Dunque, dobbiamo mobilitarci tutti per salvare e rivificare la lingua italiana. E' una lingua che ha insegnato a tutti e in tutti i campi, dalla musica alla marineria, dalla scienza al teatro (già Shakespeare usava parecchie parole italiane, comprese espressioni popolari e volgari), la più ricca di vocaboli e lemmi, perché a differenza dell'inglese e di altre lingue nell'italiano sono ancora formalmente in vigore anche i termini del Trecento (e un italiano colto, a differenza di un inglese colto che può non capire l'inglese arcaico, deve poter capire anche il Boccaccio, il vero "padre della lingua italiana").

Perciò facciamo pressione ogni giorno sui nostro rozzi (ma se sono rozzi, obietterete voi...) politici, burocrati di Regioni e Comuni, più attenti magari a rozzi e primitivi dialetti locali (se non hanno avuto successo, come dimostra l’assenza di grandi opere letterarie, ci sarà un motivo!), sulle autorità Universitarie, sui giornali, sulla televisione e sulla radio, sulla Unione Europea.

Basta con l'ottuso particolarismo regionale, del resto mai esistito in passato (e lo dice un cultore dei sonetti "romaneschi" di G.G.Belli).

E diamo l'esempio, esercitiamoci. Usiamo ogni giorno vocaboli usuali e anche insoliti o antichi (qui p.es. è stato riusato l’antico "rivificare", già presente nell’antica Crusca). Evitiamo le cretine, e oltretutto sgrammaticate, scritte inglesi sulle insegne e nel linguaggio popolare italiano. Vi ricordate l’equivoco Kitsch e piccolo-borghese dello “smoking”, per noi giacca da sera ma per gli Inglese semplicemente… l’atto del fumare? Insomma, visto che neanche lo conosciamo bene, questo squallido inglese, ridiamo vita alla lingua italiana con l'uso delle tante sconosciute o equivocate parole italiane che rischiano il disuso e l’oblio.

Dopodiché, certo, impariamo pure e bene il rozzo ed essenziale inglese, ma come seconda o terza lingua, e per dire cose importanti o scientifiche o indispensabili ai commerci e all’industria. Non ce ne deve importare minimamente di colloquiare in inglese perfetto, che neanche lei stessa sa, con la casalinga di Liverpool.

Ma le cure maggiori devono essere riservate alla nostra prima lingua. Specialmente quando è così ricca, antica e bella. E i mal pensati e mal condotti programmi radiofonici “per la lingua italiana”, come la famigerata “La lingua batte”, non aiutano, ma semmai aiutano il pubblico a confondersi nelle idee, attente come sono più che altro all’italiano “basso” e mercificato, pubblicitario e sottoculturale, così come lo vede lo studente dalle pessime letture o l’impiegato: soprattutto giochi di parole, il viziaccio italico che genera a sua volta confusione, a cominciare dal titolo, canzonette, insegne di negozi, errori marchiani di scuola. E a nulla servono gli interventi vistosamente accademici e privi di buonsenso di qualche “esperto” che la lingua, è evidente, l’ha studiata come qualsiasi altra cosa, ma non ce l’ha nel sangue come i linguisti toscani antichi. Insomma, dalle stalle alle stelle. Con un lassismo e un permissivismo tali che da soli basterebbero ad affossare la lingua italiana. Eppoi una trasmissione sulla lingua italiana dovrebbe essere pensata e condotta a Siena o a Firenze, non certo a Napoli o a Milano…

E le stupide accuse di “nazionalismo” linguistico si ritorcono facilmente contro chi le lancia, quasi sempre provinciali complessati, mai persone colte e intelligenti. Se fossero vere, allora questi accusatori “cittadini del Mondo” dovrebbero per coerenza rinunciare anche ad altre cose tipicamente italiane, e tralascio Dante e Beccaria che sono al di sopra della loro portata, ma almeno  gorgonzola e torte ripiene, ravioli di ricotta e pizze di Pasqua, tagliatelle fatte a mano e pizze napoletane, testaroli e pizzoccheri. E dovrebbero abbattere le torri dei Capitani del Popolo e i più grandiosi monumenti, tutti testimonianze evidenti di una storia nazionale.

Suvvia, anche un bambino capisce che l’inglese quando non serve è tipico degli stupidi senza dignità, e che la lingua è la prima espressione d’un popolo dignitoso. E quando ci sono dignità e moralità, cioè consapevolezza della Storia e dell’ethos italiano, si sono sia la nazione sia la Cultura.

Sul tema, benemerita della difesa attiva dell’italiano è l’associazione creata da Giorgio Pagano, che partita dalla discutibile battaglia in favore di una lingua finta creata a tavolino, l’esperanto (come se si potesse pretendere che anche la lingua sia democratica ed egualitaria), ha capito che è molto più sensato e nobile difendere una lingua vera, anzi la migliore delle lingue vere.

IMMAGINE. Giovanni Boccaccio, padre della lingua italiana. Più di Dante, che essendo poeta, per la libertà e fantasia concesse da sempre ai poeti, poteva anche “inventare” parole, anziché limitarsi a registrare quelle d’uso sia colto che popolare.

JAZZ. Il sassofonista Stan Getz è stato considerato sempre uno dei simboli del modo “cool”. Eppure da giovane, negli anni in cui la personalità si forma, anche lui fu un be-bopper, insomma un parkeriano. Come appare chiaro da questi brani in sequenza (1949-53).

AGGIORNATO IL 28 SETTEMBRE 2013

02 giugno 2013

2 GIUGNO. Festa della Repubblica, anzi, dell’Italia. Ma, attenti, Italiani si diventa.

Siracusana200_Originale Era nata come celebrazione della scelta della forma repubblicana al Referendum del 2 giugno 1946. Ma è diventata negli ultimi anni la vera, unica, “festa” dell’Italia unita e degli Italiani. Compresi quelli che Italiani vogliono diventarlo.

Con tanti cretini nostrani che "si vergognano di essere italiani", senza neanche sapere che cosa essere Italiani vuol dire, dobbiamo piuttosto ringraziare gli stranieri perbene che fanno tanto per acquistare la cittadinanza.

Civis Romanus sum. Come ha insegnato la grande Cultura civica degli antichi Romani, ben superiore a quella dei Greci, che trattavano male gli stranieri (e anche le donne e gli schiavi, ma questo è un altro discorso), cittadini si diventa.

Noi siamo stati il popolo più aperto, prima di diventare, dopo il Patto Gentiloni che aprì il voto alle masse cattoliche, il suffragio universale, il Fascismo e il Concordato, il popolo più chiuso e bigotto. E questa apertura fu uno dei tanti segreti della nostra grandezza passata.

Allo stesso modo, Italiani si deve poter diventare. Nascendo in Italia, o dopo essere arrivati dall’Estero, se ricorrono particolari condizioni. Ma sempre rispettando e conoscendo, se non la Storia patria che non conoscono nemmeno gli Italiani “per sangue”, almeno lingua, leggi e usanze.

Ma Italiani devono diventarlo anche coloro che hanno già la nazionalità. Coltivandosi ed educandosi “a essere Italiani” giorno dopo giorno, per sopperire a un’ignoranza e a un’ineducazione diffuse e radicate, come non lo sono in nessun Paese avanzato dell'Occidente.

Fatto sta che, ignoranti della nostra Storia, delle nostre Bellezze, della nostra Natura e della nostra Arte, e per questo lontani anche dalla nostra dignità antica, molti, troppi Italiani oggi sono una vergogna per l'Italia e per gli altri Italiani. Sono presenti in tutti gli strati sociali, spesso in maggioranza.

Dediti solo all'arte della furbizia e della corruzione, piccola o grande, capaci solo di piangersi addosso, tanto più con la scusa della crisi economica, anziché "fare", oggi che neanche più la furbizia basta per sopravvivere. Come se qualche zingara gli avesse insegnato che lamentarsi "porta bene". Questi connazionali vanno considerati e trattati come i Greci trattavano i metechi. Cioè con disprezzo o commiserazione.

A vedere i telegiornali, a leggere la stampa, a sentire la gente in giro, è tutto un grande piagnisteo, come se la colpa della situazione attuale fosse di imprecisati e misteriosi "altri", i soliti perfidi che da secoli schiavizzano il popolo, notoriamente incapace di discernere, pensare, agire.

E' così? No di certo. Tutte le virtù e tutte le colpe stanno in noi, solo in noi, e anche la classe dirigente (classe politica e classe economica) è parte di noi. Anche perché - si è visto - chiunque, ma proprio cani e porci, può diventare imprenditore o politico.
E quindi? Sta a noi riprenderci, senza lamentarci come prèfiche greche, e riacquistare quella dignità e quell'orgoglio che erano nostri e tipici. Auguri a tutti noi.

JAZZ. Nel 1947-1948 furono registrati dalla etichetta Dial una serie di brani della “nuova musica” be-bop (col geniale sassofonista Charlie Parker) che fecero epoca. Ecco una lunga bellissima sequenza registrata su YouTube.

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